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I Terrasonora e la lezione di umiltà dei “discepoli” nella Napoli musicale degli imperatori

Rosario PipoloNapoli è fatta di ghetti culturali, piccoli o grandi che siano, a teatro come nella musica. I “teatri di guerra” di Mario Martone, a distanza di anni dall’uscita di quel film, ci lasciano tanti spunti di riflessione. Nei primi giorni dell’anno nuovo continuiamo a chiederci se qualcosa cambierà. Poi puntualmente, presi dallo sconforto, lasciamo tutto così.
“I baci e gli abbracci” sul palco del Palapartenope, in occasione della reunion di Pino Daniele con i protagonisti della musica degli anni ’70 all’ombra del Vesuvio, contrastavano solo apparentemente questa polaroid cinica. In fin dei conti abbiamo assistito ad una bella serata musicale, ma eravamo mille miglia distanti dall’atmosfera di una vera Woodstock partenopea.

Gli arrangiamenti musicali possono essere identici a quelli di quaranta anni fa, ma le faide artistiche, le prese di posizione, le guerre fratricide, l’arroganza, le separazioni in casa, i divorzi o il ghigno diabolico del divo non si cancellano. Giocando con le parole di un aforisma di John Kennedy, potremmo metterla giù così: “Perdona i tuoi nemici, ma non dimenticarti mai i loro nomi. Anzi, per l’occasione trasformali in amici”.

Eppure qualche volta accade che le lezioni ce le diano i “discepoli” e non “i maestri”, spesso distratti dalla maschera dell’imperatore. Eravamo troppo presi a disintossicarci dalle grandi abbuffate natalizie per dedicare la meritata attenzione ad un happening musicale dell’hinterland napoletano: i Terrasonora, la band folk emergente esplosa a Musicultura 2010, protagonisti di un imperdibile gemellaggio musicale con la Nuova Compagnia di Canto Popolare.
Un gemellaggio vero, fatto di umiltà e riverenza, con la grinta di chi vuole guardare al futuro rispettando la memoria. Ascoltare l’intreccio di voci e musicisti di generazioni diverse mi fa insistere su un punto. Perché i pochi minuti su un palco non possono trasformarsi in un dialogo o in una collaborazione permanente?

Napoli è fatta di ghetti culturali, piccoli o grandi che siano, a teatro come nella musica. I maestri non sono tali se mostrano incertezza nel condividere la propria arte con i discepoli. E qualche volta si ripete l’illuminazione di Dàvila: “Le incertezze del maestro sono le certezze del discepolo”.

Nel covo dei Terrasonora

terrasonora150Mi sono impigrito in questi giorni perché tra le band emergenti ci sono migliaia di proposte e troppo fumo in giro. Abbandono per un po’ il pop e il rock e naufrago tra la musica folk, quello di matrice partenopea. Il primo pensiero va alla Nuova Compagnia di Canto Popolare, ma quella è acqua passata. Rimane per fortuna un testamento musicale, ricco ancora di proposte e provocazioni. Di recente sono tornato a casa e allo svincolo autostradale di Afragola, alla periferia di Napoli, mi sono trovato in auto con un gruppo di musicisti. Sono i Terrasonora (www.terrasonora.it), che apprezzo molto da quando ho tirato fuori dalla mia sterminata discografia il loro album Core e Tamburo. Mi hanno invitato a visitare il loro “covo”, in un palazzo pittoresco delle vecchia Afragola. Ho assistito alle prove, da cui mi sono portato via una riflessione. A Napoli e dintorni c’è un’innata malattia, tutti pensano di essere musicisti e cantanti, alcuni hanno addirittura la presunzione di atteggiarsi a piccoli divi. Sarà la mia deformazione professionale, ma io ci vado cauto. I Terrasonora hanno avuto il coraggio di incidere un album, producendo la stessa e identica atmosfera che si respira alle prove, fatta di quelle piccoli imperfezioni a cui il mercato discografico ci ha disabituiti nei giorni grigi del “perfezionismo digitale”. Con Gennaro, Raffaele e Antonio Esposito, Fabio Soriano, Antonello Gajulli, Francesco Ferrara e Gaia Fusco la musica ritrova emotività ed umanità, la folgore della tradizione e la sperimentazione del futuro (visitate il loro Myspace). E se fossero loro in qualche modo gli eredi della Nuova Compagnia? Ne hanno di strada fare, ma sono coraggiosi, umili e professionali, tanto che in alcuni paesi europei si parla già di loro. Sarà una maledizione, ma ogni volta che vado ad un concerto dei Terrasonora non riesco mai a raggiungerli. Sarà la volta buona per gettar via il televisore, e trovarmeli un bel mattino nel soggiorno di casa a fare una jam session tutta per me!