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Cartolina da Pesaro: Tutto merito di una piadina?

Il giorno del diploma Daniela cominciò ad aiutare la mamma nella storica piadineria in un angolo del mercato delle erbe di Pesaro. L’Antica Piada è stata per 35 lunghi anni un punto di ritrovo per tanti marchigiani, ma anche per chi come noi ci passava soltanto.
Nel 2000 ero nella giuria giovane di CinemAvvenire al Festival del Cinema di Pesaro e in questo posto ci capitavo tutti i giorni con gli amici e colleghi di gioventù. Tra le proiezioni mattutine e quelle pomeridiane avevamo il tempo serrato, ma Daniela e la mamma erano capaci di farci sentire a casa nostra con la semplicità di quei sapori.

Esserci tornato dopo diciassette anni non è stato per me un flashback inzuppato di nostalgia – i sapori trainano sempre ricordi oltre il palato – ma l’occasione per riappropriarmi di una lucida consapevolezza: chi si mette sulle orme della propria memoria non resterà mai solo perché vi troverà qualcuno con cui spartire questa ricerca.
Oggi c’è stato chi come me è tornato testardamente in questa piadineria marchigiana. luogo che fagocitò onesti legami d’amicizia. Appartengo alla generazione in cui le relazioni umane si misuravano con il vissuto, senza engagement o mi piace. Nel lungo periodo di vita a Milano mi sono portato dietro l’abbraccio e gli incoraggiamenti di Enrico alla stazione di Padova, alla vigilia del mio trasloco definitivo.

Oggo ho ritrovato Enrico in questa piadineria non per una fortuita coincidenza. Entrambi ci siamo messi in sordina alla ricerca di un angolo della nostra vita con la consapevolezza che la memoria semina lucidità del vissuto, la riconoscenza verso la vita ci protegge dal tempo tiranno che ci vorrebbe alieni al magma delle nostre origini.
Enrico e io ci siamo ritrovati in questo luogo, perchè abbiamo fatto dei nostri quarant’anni l’osservatorio per raccogliere ciò che ci ha fatto uomini veri: rimanere noi stessi.

A fine mese Daniela e sua madre abbasseranno la saracinesca dell’Antica Piada di Pesaro. Finisce un’epoca per chi ha vissuto questo luogo magico del marchigiano. Nella farina, acqua, olio e sale, gli ingredienti che hanno fatto di questo impasto il nutrimento di tanti di noi, ho ritrovato una notte sulla laguna di Venezia: io e il mio amico Luca, oggi autore televisivo, ad impastare il testo e la scaletta per un collegamento tv fino a tardi.

Luca mi fece notare che quando si facevano sostituzioni nel testo, bisognava sempre lasciare traccia del passaggio precedente, senza cancellare niente, sarebbe potuto tornare utile. Enrico ci raggiunse e ci ritrovammo come al solito a goderci il plenilunio in laguna.
Quella notte io, Enrico e Luca, poco più che ventenni, diventammo improvvisamente grandi: non si cancella nulla per ritrovarsi.

Il futuro ci avrebbe dato ragione e non per merito solo di una piadina.

 

La memoria di ciascun uomo è la sua letteratura privata. (Aldous Huxley)

Diario on the road: Girotondo intorno al Lago Maggiore

Ogni lago ha il suo carattere: quello di Garda è esibizionista e nottambulo; quello di Como è chic e fricchettone e il Maggiore, com’è? Sì, proprio il lago che abbraccia Piemonte, Lombardia e Svizzera, usato dalle nostre maestre come tranello alle interrogazioni di geografia. Noi ci cascavamo puntualmente, perché pensavamo che fosse il più esteso d’Italia.
Il Lago Maggiore è discreto e riservato fino a Verbania, proprio come i piemontesi, ma poi tira fuori tutto il suo carattere e una bellezza inaspettata che lascia senza fiato. Ho fatto un girotondo in auto di 186 chilometri , costeggiandolo tutto. Una fermata ogni manciata di passi per dialogare con lui, svelare il segreto della sua anima, raccogliere storie. Una passeggiata ad Arona e poi ritagli da cartolina come i due vecchietti di Meina mano nella mano, lo splash dei bimbi a Solcio o il vocio degli stranieri nel centro di Stresa.
Dalla finestra di un edificio in stile liberty mi godo le ultime briciole di un tramonto. Sono su una collina, all’ostello della gioventù di Verbania-Pallanza. Vanessa, piemontese doc, mi accoglie con un sorriso e l’accento partenopeo di Pasquale mi riporta tra le braccia della mia Napoli: “E’ più forte di me. Io non riesco a tuffarmi nell’acqua del lago. Il mare è il mare”, ci tiene a precisare. In camera faccio quattro chiacchiere con PierAlfonso, veronese figlio di siciliani, che ha scelto questo rifugio lacustre per staccare la spina dalle ossessioni della quotidianità. Sul lungolago di Pallanza sgranocchio noccioline a mezzanotte, ascolto jazz con le mie cuffie giganti e un tizio seduto al bar dice al suo vicino: “Il solito matto austriaco in vacanza”. Più che austriaco, direi marocchino, vista la mia abbronzatura in stile “terruncello”! Poi mi perdo in piena notte e ci pensa Andrea a riportarmi indietro in auto: lo chiamano il ventenne dalle “gambe lunghe”. Mi racconta di essere appena tornato da Santiago De Compostela dove si è fatto 800 chilometri a piedi in un mese. Finalmente ho trovato un pazzo come me, con cui magari condividere in futuro una lunga passeggiata, sì ma non proprio così estrema.
L’indomani riparto: mi intrufolo tra le bancarelle del mercato di Intra, tra le salite e discese di Cannero Riviera. A Cannobio mi godo i surfisti tra le onde del lago e mi sembra di essere tornato nella baia di San Francisco. La frontiera è ad un passo: Puff ed eccomi in Svizzera. L’euro ormai è cartastraccia e da Mc Donald’s mi chiedono più di 12 euro per un menu base. A Locarno cazzeggio tra i vicoli della città vecchia e poi a piedi diritto sul lungolago al tramonto. All’ostello Palagiovani incontro Alfio, uno svizzero vero che mi racconta di quei posti, dei suoi avi, di questo Canton Ticino che parla in italiano. Spalmate a volontà di Ovomaltina (la Nutella swiss!) e poi ancora on the road tra i sussurri lacustri a ridosso di Magadino e San Nazzaro. Cosa c’è di meglio se non spaparanzarsi al sole?
Passo la frontiera italiana e nel gabbiotto non c’è nessuno. Ho un dubbio: non è che gli svizzeri si sono comprati all’asta per quattro soldi lo stivale italiano?  Il Lago Maggiore torna lombardo e a Luino mi sembra di essere finito sulla riviera Romagnola, dando a morsi piadina e crescione. Anna e Massimo si sono trasferiti qui dalla Romagna una vita fa, hanno messo su la deliziosa piadineria Divina, che come per magia si trasforma anche in un’allettante gelateria. Li adoro perché hanno una grande qualità: farti sentire a casa in un posto che non ti appartiene! Non restano tanti chilometri al traguardo, ma c’è ancora Porto Valtravaglio, un doppio panino con salamella in riva a lago a Laveno-Mombello, Ispra e Angera, dove un gruppo di anziani mi fa il battimano e mi dice: “Mai un visto un napoletano che gira il lago con tanta passione”. Alle 21.42 sono a Sesto Calende, fermo l’auto sul ponte e mi metto in piedi sul cofano con lo sguardo verso il Maggiore. I passanti pensano che voglia buttarmi di sotto. Ma io di sotto lancio una bottiglietta con questo pensiero scritto a penna: “Ci sono viaggi e viaggi. Caro lago, grazie per essermi stato accanto perchè sai sussurrare la spiritualità tipica dell’acqua salata”.

Veicolo: Fiat Punto 1200 a metano
Carburante: 11 kg di metano (costo: 9€)
Chilometri: 186
Velocità media: 60km/h
Soste: 42
Tempo di percorrenza (incluso pernottamenti): 53 ore
Dettagli: No navigatore; no strade a pedaggio.