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Al cinema con Mine vaganti

Il titolo mi piace forse perchè mi ci ritrovo: mi sento una mina vangante. E mi piace pensare allo scompiglio che questo vagare comporta,  assalendo certi ambienti ingessati, piccolo borghesi di provincia, dove pensano di farla franca i predicatori che razzolano male. Lo ammetto: Mine vaganti, l’ultimo film di Ferzan Ozpetek, non mi ha entusiasmato. Quando vedi l’ennesima pellicola dello stesso regista finisci col fare i confronti con i titoli  precedenti. Saturno contro era un’altra cosa, Le fate ignoranti meglio ancora. E’ inutile fare i “paraculi sapientoni”, ma il gay-oriented funziona oggi, in letteratura come al cinema o in tv. Ci fa sentire guariti da quei fottuti pregiudizi che consegnano alla nostra superbia il diritto usurpato di dire se sia giusto o no.  In Mine vaganti lo humor ci sta ed è pure incalzante; il cast ci sta e Ilaria Occhini, nei panni della vecchia nonna, è raggiante, Riccardo Scamarcio e Alessandro Preziosi pure ci stanno e si sono rifilati nella nuova tendenza hollywoodiana che ha trasformato sciupafemmine come Sean Penn e Colin Firth in sex simbol gay. Si fa quel che si può. Ozpetek mette troppa carne a cuocere e i soliti girotondi della macchima da presa si sono già usurati. Il film è un ottimo biglietto da visita per la città di Lecce, che fa da sfondo alla storia e non ha bisogno di “raccomandazioni” per essere scelta come meta delle nostre prossime vacanze estive.

E poi dice che non si può mangiare fuori spendendo poco!

carbonara0704_468x454150Sono in molti a sostenere che i giornalisti siano “scrocconi”. Per quelli che lavorano come me nel settore dell’intrattenimento, le malelingue si moltiplicano: ti invitano qui, ti invitano lì! Anche a noi succede di pagare e, vista la miseria degli stipendi, la scelta di andare a pranzo fuori di questi tempi è davvero un dilemma. Un pranzo low cost? Qualcuno lo snobba perché poi nel menu c’è  lo scarto. Smettiamola di generalizzare. Sabato scorso ero seduto all’Osteria dell’Operetta, in corso di Porta Ticinese a Milano. Un posto delizioso: nonostante la dieta, mi sono gustato la mia carbonara e del pesce spada alla griglia con un contorno di verdue, accompagnato da una mezza bottiglia di acqua San Pellegrino. Mi sono visto arrivare il conto: 12 euro. Non vedevo un prezzo così da chissà quanto tempo. Credevo avessero sbagliato, invece era giusto perché rientravo nella formula del menu fisso. I gestori dell’Osteria dell’Operetta sono giovani ed hanno un grande pregio: tenersi distanti dal solito “disfattismo lagnoso da effetto crisi” e impegnarsi a mantenere – per la gioia del palato e delle tasche – un buon rapporto qualità-prezzo. Mangiar fuori ci svuota i portafogli? Quasi quasi mi abbono e così pranzo fuori ogni sabato, alla faccia della “mia dieta” e della “crisi”!