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Vita offline: un giornata senza Facebook come 10 anni fa

Rosario PipoloDicono di smetterla di parlare di vita online e offline. Dopo aver visto l’osceno video Look Back di Facebook, che stritola la nostra social life in una clip “pastiche” per celebrare i 10 anni del social network più famoso del pianeta, è legittimo chiederselo: meglio “mancino” di mano e di fatto? Nel senso che nella mano sinistra stringiamo la vita lontana dalla rete. Presi dal tam tam digitale, la trascuriamo. No, forse non va bene sbraitare come degli adulteri anti-social, perché si può sempre fare il gioco delle tre carte, mischiando tutto. Come sarebbe stata una giornata qualunque di febbraio di dieci anni fa senza Facebook?

Ci svegliamo senza l’ossessione del post di buongiorno sulla bacheca di Facebook, aggiungendo anche la solita tazzina di caffè. Facciamo un colpo di telefono alla fidanzata, vincendo quella pigrizia che ci fa ripetere ogni mattina “tanto la becco dopo in chat e le invio un un cuoricino”. Sconfiggiamo la sindrome del “pendolare incazzato” con la lettura di un buon libro, senza finire tra i feed di Facebook e l’imposizione del privato di amici, parenti e nemici.
Sul posto di lavoro, per dare il bentornato alla collega dopo una lunga convalescenza, ci barcameniamo tra lunghi corridoi e rampe di scale pur di abbracciarla, senza lasciarle un messaggino in privato con “passo dopo”.

Nel primo pomeriggio, guardiamo in vetrina un vestitino che piacerebbe a nostra sorella e ci ricordiamo del suo compleanno. Ops, senza l’allarme del calendario di Facebook, preserviamo l’autenticità dello smemorato che non vuole ficcarsi in testa la ricorrenza.
Ci priviamo dell’oscenità di sapere della nascita del primo nipote attraverso l’ecografia postata in bacheca; facciamo visita al vicino defunto al camposanto senza la passerella dei “cimiteri 2.0” in versione social; sfogliamo assieme a nostro figlio un bell’album fotografico senza la smania di fare l’upload di centinaia di gallery; torniamo a guardare negli occhi nostra moglie invece di occuparci di contabilità social, accumulando i commenti e mi piace che rendono la nostra pagina facebook migliore nell’ottica che “l’erba del vicino è sempre più verde”.

Il video Look Back di Facebook, editato con gli algoritmi, propone come momenti significativi quelli che mai e poi mai avremmo salvato. C’è una vita che non si lega all’anniversario del nostro vivere digitale a tutti i costi. E’ un’altra e nessuno ce la porterà via, neanche chi reputa vita online e offline un concetto superato, perché dovrebbero essere come “destra” e “sinistra”. Disconnessi e felici? Si può.

Dov’eri quel maledetto 11 settembre di dieci anni fa?

Caspita, sto pensando a dov’ero quel maledetto 11 settembre di dieci anni fa. E tu? Dalla parrucchiera; col culo incollato alla scrivania dell’ufficio; per strada illudendoti che fosse un giorno qualunque; a telefono afflitto dalle solite cazzate; a sbuffare sul divano perché ti toccava fare in fretta, se volevi recuperare l’interrogazione di latino del giorno dopo; in coda all’ufficio postale per inviare un pacco posta-celere ai cugini italo-americani; a litigare col tuo ragazzo; a dare la poppata a tuo figlio.
Dove c**** eri quel maledetto 11 settembre di dieci anni fa? Me lo vuoi dire sì o no?
Io a Firenze, rinchiuso in una sala cinematografica, a recuperare una vecchia pellicola in occasione di un convegno a cui avevo relazionato. Sono uscito tra il primo e il secondo tempo. Pensavo al discorso anti-americano del Nobel Harold Pinter pronunciato il giorno prima. Aveva imbarazzato tutti gli accademici. Mi sono girato, ho buttato l’occhio alla tv e ho visto un aereo schiantarsi nelle Torri Gemelle. Il solito film di fantascienza! Sono rientrato in sala e ho continuato come nulla fosse successo.
Al termine della proiezione, mi sono detto: che c**** ho fatto? Questo non è uno scherzo. E dopo dieci anni mi interrogo: chissà se ci fosse stato Twitter, come sarebbe andata. Chissà se l’uragano social avrebbe raddrizzato il marasma confusionario mediatico, svoltando oltre il cine-documentario alla Micheal Moore.
Gli dei hanno giocato sporco e nessuno ci ha fatto caso. A casa di mio zio Mimmo – che dopo dieci anni non c’è più – ho trovato un vecchio libro sul Cile di Allende. E mi sono ricordato dell’11 settembre, quello del ’73, in cui ero lì beato nella culla, mentre a Santiago del Cile prendeva il potere Augusto Pinochet. I cileni vissero un dolore e un dramma che ci hanno costretto a dimenticare. Forse è ora che ce ne ricordiamo in occasione di quest’altro anniversario.
Dove c**** sarai il prossimo 11 settembre? Io voglio starmene da solo, da qualche parte, a vagabondare come un eremita che si ostina a non credere che “tutto cambia per rimanere come prima”.

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