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8 dicembre, 30 anni senza John Lennon

Ci sono modi e modi per andare contromano rispetto alla tua generazione. Il pericolo era uno solo e non era da poco, anche alla fine degli anni ‘80: rischiavi di isolarti, perché mentre gli altri ascoltavano Vasco e cazzeggiavano col Sì della Piaggio, le tue frequentazioni musicali si aggiravano dalle parti di John Lennon (1940-1980) e in sella alla tua Vespa rossa sognavi di fuggire a Liverpool, nella sua città natale. Eppure per molti Lennon è stato il capriccio di una stagione, un fuoco di paglia nel passaggio dall’adolescenza alla gioventù. Per me la musica di Lennon è stato il portone che mi ha fatto rompere le barriere e i pregiudizi di chi pensa che una canzone non possa essere contemporaneamente arte, letteratura e visione.
L’8 dicembre il mondo ricorda i 30 anni dalla scomparsa dell’ex Beatles nella lapidaria esclamazione del fan assassino “Bang, bang! Sei morto!”. Io rivivo invece gli ultimi vent’anni della mia vita tra le notti indigeste a riascoltare le sue canzoni; in viaggio tra Londra, Liverpool e New York; le scorpacciate di libri ed articoli per scoprire quale mistero o pozione magica ci fosse nell’anima contraddittoria di questo artista; quella vigilia di Natale di dieci anni fa in cui il postino suonò due volte al campanello di casa mia per recapitarmi una lettera speciale. Il mittente era la signora Yoko Ono Lennon che, colpita da un mio breve messaggio, mi aveva spedito gli auguri di Natale con una breve poesia, a firma anche del marito.
Tutto questo lungo tempo, in cui mi sono divertito a fare il trasformista da studente ribelle ad universitario per passione, da nomade lontano dalla terra natale a scrivano per mestiere, mi ha lasciato una filosofia inconfutabile: “Immagina che…”, testamento sospeso di John Lennon che non pone “l’immaginazione” su un altarino infantile, ma le restituisce la vitalità nella conquista dell’utopia.
“Imagine all the people living life in peace” non è l’ostinata presa di posizione del Lennon sognatore, ma la riflessione di chi aveva capito che lo scivolone tra “immaginazione” e “utopia” ci avrebbe allungato la vita. Perciò tra la mia capigliatura brizzolata è ancora superstite l’ultima ciocca di quei capelli lunghi che portavo a vent’anni, segno della ciclicità delle stagioni dell’esistenza; perciò nella notte dell’8 dicembre del ’90  mi misi fuori al balcone con una radiolina accesa sulle note di Imagine; perciò ancora oggi vado contromano rispetto alla mia generazione, che spesso ritrovo ammutolita nel suo torpore, qualche volta sconfitta, certe volte afflitta. A John Lennon devo qualcosa di quel che sono: il coraggio di essere rimasto sognatore. Il rischio? Camminare da solo, crescendo come una voce fuori dal coro.

8 dicembre 1980: la musica senza John Lennon

lennon150E’ raro che la data della scomparsa di un musicista lasci tracce così profonde nell’immaginario collettivo. John Lennon fu ucciso a colpi di pistola da un suo fan, Mark David Chapman, l’8 dicembre di ventotto anni fa. A New York, dinanzi al Dakota Building, la memoria resta viva come un rito: ogni anno uno sciame di persone si riunisce e gli dedica una fiaccolata. L’artista assassinato lascia residui profondi tra le indefinite distrazioni della nostra memoria. John Lennon ci manca perché la musica è cambiata, ma senza di lui è come se non ci fosse stato un ulteriore slancio. Chiamiamolo fremito creativo come le composizioni scritte assieme a McCartney, rendendo i Beatles “più famosi di Gesù Cristo”; chiamiamolo diluvio pacifista, racimalato nei versi del manifesto lennoniano “Imagine”; chiamiamolo spudorata irrequietezza artistica nella storia indefinita con Yoko Ono. Il Lennon degli anni settanta ha mutuato la musica beat degli imbattibili sixties in rabbioso rock, capace di adattarsi ai tempi e alle modalità di fruizione delle nuove generazioni. Ascolto ininterrottamente le sue canzoni da oltre venti anni e ogni volta scopro sempre qualcosa di nuovo. I musicisti emergenti avrebbero molto da imparare da lui. Desideravo ricevere i suoi auguri natalizi, ma era impossibile. La signora Yoko Ono Lennon mi ha stupito, inviandomi un biglietto di auguri datato 16 dicembre 2000. Quella piccola dedica con la doppia firma è stato uno specchio in cui mi sono ritrovato adolescente, con i capelli lunghi e un folgarante desiderio di ribellione e libertà.