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La Russia dei complotti di potere, da Anna Politkovskaja a Boris Nemtsov

Rosario PipoloIeri anche Milano, laggiù nel piccolo angolo dei giardini Politkovskaja, era unita spiritualmente alla Russia indignata per l’uccisione di Boris Nemtsov, vicepremier del governo di Eltsin e instancabile oppositore del governo di Vladimir Putin.
Le fiammelle, i fiori, i canti e i messaggi lasciati dall’Associazione AnnaViva ci hanno aiutati a non essere distratti, a non permettere al vortice della nostra banale routine di schiacciare la riflessione.

Sì, perchè dopo il misterioso assassinio della giornalista Anna Stepanovna Politkovskaja, penna scomoda al Cremlino, il complotto del potere si rianima in quello che in tanti proclamano un omicidio politico.

Nei giorni complicati della crisi ucraina, che ha riportato i venti della Guerra Fredda al centro dell’Europa, l’assassinio di Nemtsov ha convinto migliaia e migliaia di moscoviti ad uscire dal torpore, marciando a viso aperto e sbandierando voglia di libertà e verità, grande illusione al di là degli Urali.

Cosa ci fanno a pochi passi, in un cimitero alle porte di Mosca, Anna e Boris? A quest’ora dovrebbero essere ancora tra noi: la Politkovskaja armata di inchieste giornalistiche affilate alla ricerca della verità; Nemtsov portatore di entusiasmo civile e infaticabile spirito riformatore, cardini della sua politica il fronte di una vita spesa a favore della comunità.

Je suis Nemtsov è stato più di uno slogan per la marcia nel cuore di Mosca, perché quei passi lenti avevano lo stesso rumore delle rivolte del secolo scorso contro il regime zarista. Dallo scettro del sovrano al potere di un ex Kgb ne è passata di acqua sotto i ponti della storia sovietica.

Tuttavia, è arrivato il momento che i russi legalizzino la necessità di pretendere la verità, perché nessuno sia più complice di un destino infame. Gli errori e fallimenti politici non hanno più bisogno di claque. Oggi, dopo la martire Politkovskaja, Boris Nemtsov è un’altra scintilla immensa nell’oscurità che nessun complotto di potere spegnerà.  

I giardini Politkovskaja a Milano: Da oggi Corso Como non è più l’oasi dell’happy hour stantio

Rosario PipoloOggi 12 giugno è tornata l’estate a Milano. Da stasera corso Como non sarà più l’oasi dei bagordi, della nightlife meneghina e della solita pappa degli happy hour. C’è un pezzo di verde che cambia la fisionomia della zona Garibaldi. Sono i giardini dedicati ad Anna Stepanovna Politkovskaja, la giornalista russa assassinata il 7 ottobre del 2006. L’impegno dell’associazione AnnaViva e dei suoi militanti, capeggiati da Andrea Riscassi, ha fatto sì che Milano avesse una zolla di terra su cui riflettere.

Riflettere e onorare la memoria di uomini e donne che hanno difeso la libertà di pensiero pagandola a caro prezzo: perdere la vita. Gli articoli della Politkovskaja, pubblicati sulle pagine del quotidiano russo Novaja Gazeta, sono stati un atto d’amore verso il suo Paese, quella Russia tornata in ostaggio dello zarismo tra delitti, pene, misteri irrisolti. Come la questione in Cecenia, di cui si occupò proprio la giornalista ammazzata nello stesso giorno del compleanno del Presidente Putin.

Stringere la mano al figlio Ilya e alla sorella Elena ha rappresentato per chi fa il mio mestiere un grande significato. In un’Italia incappucciata dall’omertà e dalla volontà di dare spazio al giornalismo al femminile “da velina”, il ricordo di Anna Politkovskaja smaschera tali oscenità. Anna è stata una donna contro il regime, nella terra di frontiera del vecchio maschilismo alle falde del Cremlino che la liquidò in questa maniera: “Se l’è cercata. Non le sarebbe accaduto niente se avesse svolto le faccende domestiche come ogni donna”.

Da oggi Milano non sarà più la stessa. E non perché sotto i riflettori ci sono passerelle, paninari e yuppies nostalgici, aperitivi stantii o la frenesia da movida. Oltre i riflettori del divismo della metropoli, ci sono i giardini Politkovskaja che colorano di verde la memoria grigia di questa città, fatta di tante ingiustizie irrisolte come piazza Fontana.
Ogni sera che passerò alla stazione Garibaldi a rincorrere il treno per rincasare, mi fermerò in questi giardini. Da scalzo calpesterò l’erba e sentirò sotto i talloni dei piedi il peso della libertà.