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Le fiamme alla Città della Scienza e l’oltraggio al riscatto di Bagnoli

Rosario PipoloIl Belpaese aveva troppi “grilli” per la testa dopo lo stordimento post-elettorale e non ci ha fatto caso a quelle fiamme sul mare di Coroglio. Edoardo Bennato dovrebbe aggiungere una nuova strofa al ritornello della sua “Campi Flegrei”, perché l’incendio alla Città delle Scienza di Napoli è uno degli oltraggi più mostruosi nei confronti del nostro Mezzogiorno. Mettiamo subito le cose in chiaro. Napoli ne ha le scatole piene di essere trattata come la “Cenerentola” d’Italia, vestita con i rattoppi dei suoi cliché.

Dopo quelle fiamme da rosso fuoco Technicolor, che sembravano strappate alla sequenza dell’incendio di “Via col vento”, è cominciato il cantico nostalgico degli imperatori. Tutti a ricordarci che la mega struttura polivalente di Bagnoli è un fiore all’occhiello dell’Europa. Gli stessi, che fino a qualche giorno prima neanche sapevano cosa fosse, si sono improvvisamente ringalluzziti con il sermone all’italiana e il piagnisteo per la grande perdita.
I nostalgici della Sinistra chic hanno evocato l’illuminismo bassoliniano finito “in manette” e il gemellaggio della Città della Scienza partenopea con quella parigina; i misantropi della Destra popolare si sono mangiati le mani per aver snobbato in diverse circostanze il polo scientifico che guardava a Nisida.

Le amministrazioni scialbe che hanno governato Napoli negli ultimi vent’anni , hanno trattato i Campi Flegrei con una strafottenza tale da lasciare alla deriva il territorio che circondava la Città della Scienza. Per chi ha memoria corta, ricordiamo che la mia generazione è cresciuta con lo sguardo rivolto ai fumi tossici dell’Italsider. Era quello che vedevo dal balcone dei miei nonni, che affaccia su quella zolla di terra a partire dal 1956.

La prima pietra della Città della Scienza me la ricordo. Simboleggiò il riscatto di Bagnoli, la salvaguardia della memoria nel cuore del futuro di una generazione pronta a riprendersi ciò che le era stato tolto. Poi venne il tempo delle promesse elettorali e della mancata bonifica del territorio e del recupero di un mare, che non è quello che appare nelle cartoline turistiche di Napoli. E’ il vero mare di Napoli, è quello interno, discreto, che parla ancora della memoria dei vecchi pescatori, ammazzati dalla volubilità del bradisismo di Pozzuoli.

Rivogliamo la Città della Scienza, restituendo al mittente l’imperdonabile cecità delle istituzioni, e chiediamo che a pagare il conto siano gli artefici di questo scempio criminale.

Elezioni 2013: The winner is Beppe Grillo, il comico “censurato” da Socialisti e Democristiani

Rosario PipoloGli italiani hanno memoria corta. Me lo ricordo quel sabato sera del 1986 davanti al nostro televisore a colori Voxon ad otto canali. Erano i tempi del gran varietà, erano i tempi di Fantastico. Beppe Grillo fece lo sgarro e Bettino Craxi non gliela fece passare liscia dopo l’insidiosa battutaccia. Da quando i Socialisti erano passati al timone del Pentapartito avevano ereditato la lezione dei Democristiani: meglio la “censura” da leoni che passare per una ciurma di coglioni.

Il comico genovese fu sbattuto fuori dalla RAI – ai tempi i trilli telefonici di Montecitorio e Palazzo Madama facevano tremare viale Mazzini – e il cane bastonato cominciò ad usare il teatro per abbaiare contro la Prima Repubblica. A quasi trent’anni da quel sabato sera, le vecchie glorie del Pentapartito sono roba da libri di storia, il gran varietà televisivo è morto, le zozzerie di Tangentopoli continuano a tentarci, soffia il vento del populismo, ma Beppe Grillo si è preso il tempo necessario per trasformare la rivolta di un comico in una rivoluzione civile: è lui il vero vincitore di queste Politiche del 2013.

Gli istant poll hanno preso una cantonata a parlare di “Terza Repubblica” e il sentiment dei social network per certi versi è stato come la profezia dei Maya. Il “centrismo” tecnico di Mario Monti ha fatto un buco nell’acqua, il “vendolismo” rincasa in Puglia, Silvio Berlusconi è resuscitato e la partita alla Camera, se non fosse per “il contentino da maggioranza”, sarebbe finita in un pareggio netto con Pierluigi Bersani.
Il Senato è completamente paralizzato e la voglia di rottamazione del guascon fiorentino Matteo Renzi (Su Twitter circola la preghiera “Matteo, torna e salvaci tu!”) ha portato iella a qualche “santino” del Paese per vecchi che ci ritroviamo ad essere. Tra i grandi esclusi ci sono Di Pietro, Fini, Bonino e Storace, mentre Casini è salvo per un pelo.

In tutto questo caos, c’è una sola certezza. Il Movimento 5 stelle di Beppe Grillo è il primo partito in Italia ed ha i numeri necessari per tirare “scappellotti” a destra e sinistra. Gli umori di piazza Affari sono così volubili che mi sembra di essere tornati ai tempi dell’autogestione a scuola. Oggi è così, siamo un paese autogestito, abbiamo mandato a casa i professori, abbiamo le aule tutte per noi, con la verve studentesca di poter mettere nel registro i voti che vogliamo. Tuttavia, l’utopia dell’autogestione scolastica rischia sempre di consumarsi in una bevuta di vino in compagnia o in una partitella a carte. Può succedere anche ad un governo traballante dalle larghe intese, non sempre destinato a fare con coerenza gli interessi degli elettori. Persisterà il tirare a campare del vecchio Belpaese? Oggi è così, domani si vedrà.

  Italy tumbles into ‘chaotic uncertainty