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‘E figlie so’ figlie, ma io mi sono innamorato di tua mamma!

“’E figlie so’ figlie e so’ tutt’eguale!” è una sacrosanta verità così lapidaria che poteva uscire soltanto dalla bocca di una madre coraggio del secolo scorso. Parlo di Filumena Marturano, la prostituta nata nei vicoli di Napoli prima che sul palcoscenico di Eduardo De Filippo. Dopo aver nascosto per una vita i suoi tre figli al compagno Domenico Soriano, Filumena gli rivela che uno è suo. La scena di quest’uomo che cerca a tutti i costi di capire chi fosse, mi fa riflettere nei tempi in cui vanno di moda le famiglie allargate: coppie separate, figli sbattuti un po’ qui e un po’ lì, uomini e donne che si rifanno una vita assieme, mettendo in conto il figlio avuto da una storia precedente.
E qui vengo al punto: si può accettare senza remore un bambino che la tua compagna ha avuto da un altro? C’è chi vive con serenità questo status, ma c’è anche chi si crogiola sulla calma apparente, opponendo una latente resistenza pericolosa e dolorosa. Il personaggio edoardiano Domenico Soriano non li accetta “quelli non suoi” finché si sente chiamare spontaneamente in coro “Papà”. E come se all’improvviso il figlio della tua compagna, che fino al giorno prima ti chiamava per nome e ti trattava con distacco, usasse questa parola magica, pur con la consapevolezza che tu non sei e non potrai mai sostituirti al padre vero. In giro sento raramente: “Mi sono innamorato di una mamma”. Non di una separata, divorziata o peggio ancora di una donna sposata. Di una donna che per professione fa la mamma a tempo pieno.
I bambini ci guardano non è solo il titolo di un bel film in bianco e nero di Vittorio De Sica, ma la consapevolezza che da un bimbo puoi aspettarti la disarmante saggezza che non appartiene più all’età adulta: “Mamma, ho capito perché piangevi ieri sera quando mi hai messo a letto. Ti sei innamorata di un altro”. Chi vuole intraprendere questa strada complicata dovrebbe prima di tutto andare da quel bimbo e spiegargli con la dolcezza come stanno le cose:”Io e te non ci conosciamo, ma siamo legati perchè condividiamo l’amore per la stessa donna. Tu, da monello che sei, le chiedi tutti i santi giorni di sistemare i giocattoli che hai lasciato sparsi per casa; io, da disordinato che sono, mi sono innamorato di tua mamma  perchè lei con un bacio mi ha trasformato in un principe azzurro, quello protagonista delle fiabe che ti racconta”.

19 marzo, di papà ce n’è uno!

Non mi ricordo più di chi sono figlio, nel marasma delle famiglie allargate, dei papà che vanno e vengono, nel boom di divorzi e separazioni. Oggi potrebbe essere il legittimo dubbio di un figlio, sì o no? La Festa del Papà se l’è inventata una ragazza americana più di un secolo fa per omaggiare il proprio genitore e così anche l’Italia ha pensato bene di importarla con qualche adattamento in “cattolico style”. La data? il 19 marzo, scomodando dal calendario dei santi il falegname Giuseppe! Penso quanto sia dolorosa questa ricorrenza per chi non ne abbia mai avuto uno. All’asilo avevo un compagno orfano e ricordo il suo viso quando preparavamo il lavoretto da portare al nostro papà il 19 marzo. Lui sorrideva appena la maestra Rosilde gli ribadiva che l’impegno non era inutile, perchè il suo papà lo avrebbe visto dal cielo assieme agli altri angeli. Affittare o noleggiare un papà, anche solo per la festa del papà, è un atteggiamento da evitare. Ho visto mariti e fidanzati che il 19 marzo si sono trasformati in damerini ossequiosi, aderendo al sacrilegio più grande: pronunciare questo nome sacro per il padre della propria compagna. Al Sud Italia accade spesso ed è quasi un obbligo sottinteso. Fa parte delle regole buone per sopravvivere schiavizzato nel clan della famiglia. C’è una minoranza di noi che si sottrae a questo rito, anche perchè un papà può essere associato a ideali, rivoluzioni,utopie e spesso ti ritrovi dinanzi a miserabili muri di gomma. Di papà ce n’è uno – il mio si chiama Antonio – ed io ho iniziato a chiamarlo papà quel dì che l’ho visto difendere i più deboli e i propri ideali e non di certo da posizioni comode. E’ stato un caso che in radio passavano Father and Son di Cat Stevens?