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Marrazzo, tutta colpa di un trans?

Piero Marrazzo

Rosario PipoloMi hanno detto che a Brescia città un muro imbrattato recita: “Le escort alla destra, i culi alla sinistra”. La seconda parte dello slogan fa riferimento al gossip che ha inquietato il Belpaese lo scorso weekend: le dimissioni di Piero Marrazzo da Presidente della Regione Lazio a causa di un video che lo ritrae in mutande con un transessuale. Nella vita privata ognuno può fare quello che vuole a patto che non metta a repentaglio la libertà degli altri. Nei miei ricordi il nome di Marazzo non è legato all’emisfero politico, ma a quello del giornalismo, nella figura di un bravo professionista anche al servizio del sociale. Pardon, non per essere bacchettone, ma inorridisco all’idea di finire sotto le lenzuola con un trans. Mai dire mai direbbero i più audaci: la moda di essere cocainomani cronici o puttanieri d’assalto è carta straccia. “Le fesserie” o “le debolezze” si sono incamminate in altri sentieri, oltre certi confini che spesso ci spiazzano. Sì, la vicenda Marrazzo mi ha spiazzato davvero. Non voglio né puntare il dito nè fare il falso moralista e preferisco fare un passo indietro fermandomi all’uomo. A quell’uomo che si è sentito crollare il mondo addosso e, rincasando, ha dovuto delle spiegazioni alla moglie e alla sua bambina. Dal punto di vista umano mi sono pentito di averlo giudicato come ha fatto la maggior parte degli italiani.  Ci vuole più coraggio ad ammettere le proprie debolezze che a nascondersi dietro alla maschera esibizionista del Don Giovanni di turno. Preoccupiamoci piuttosto dei ricattatori che hanno mortificato il valore della “divisa” e dei colleghi che ogni giorno rischiano la vita nelle guerriglie metropolitane.  E se questo fosse un complotto a ripetizione, chi sarà il prossimo?

E poi dice che non si può mangiare fuori spendendo poco!

carbonara0704_468x454150Sono in molti a sostenere che i giornalisti siano “scrocconi”. Per quelli che lavorano come me nel settore dell’intrattenimento, le malelingue si moltiplicano: ti invitano qui, ti invitano lì! Anche a noi succede di pagare e, vista la miseria degli stipendi, la scelta di andare a pranzo fuori di questi tempi è davvero un dilemma. Un pranzo low cost? Qualcuno lo snobba perché poi nel menu c’è  lo scarto. Smettiamola di generalizzare. Sabato scorso ero seduto all’Osteria dell’Operetta, in corso di Porta Ticinese a Milano. Un posto delizioso: nonostante la dieta, mi sono gustato la mia carbonara e del pesce spada alla griglia con un contorno di verdue, accompagnato da una mezza bottiglia di acqua San Pellegrino. Mi sono visto arrivare il conto: 12 euro. Non vedevo un prezzo così da chissà quanto tempo. Credevo avessero sbagliato, invece era giusto perché rientravo nella formula del menu fisso. I gestori dell’Osteria dell’Operetta sono giovani ed hanno un grande pregio: tenersi distanti dal solito “disfattismo lagnoso da effetto crisi” e impegnarsi a mantenere – per la gioia del palato e delle tasche – un buon rapporto qualità-prezzo. Mangiar fuori ci svuota i portafogli? Quasi quasi mi abbono e così pranzo fuori ogni sabato, alla faccia della “mia dieta” e della “crisi”!