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Alluvione, i social media tolgono fango a Genova e Parma. I bonus dei manager no!

Rosario PipoloIl Nord Italia è stato travolto dal fango tra Genova e Parma piegate in due dall’alluvione. All’inizio del 2014 scrivevo su questo blog: “L’Italia non è un paese di prevenzione, non lo è mai stato e non riesce ad esserlo al tempo in cui le casse degli enti locali si svuotano per i rimborsi truccati di qualche scellarato che collezione scontrini di carta igienica e albi a fumetti”.

Non è cambiato nulla e, per dimostrarlo,  bastarebbe fare un copia e incolla di vecchie conversazioni disperse tra Facebook e Twitter. Riscriveremo pari pari lo stesso copione. Amarezza e rabbia, basta. Le istituzioni, incapaci di prevedere e tutelarci da catastrofi ambientali di questa portata, dovrebbero prendere lezioni dai social media. In stato di emergenza sanno come far ritrovare uomini e donne di tutte le età, mettendoli di fronte al fatto compiuto.

Mentre a Genova “i manager dei disastri passati”, elencati da Corriere.it, si godono i premi ricevuti tra i 6 mila e i 17 mila euro, i genovesi tolgono il fango con la cantilena della voce da megafono in stile arrotino ambulante: “Non vi lasceremo soli”.
Piuttosto a non lasciare sola la città ligure sono i presidi social efficaci, dalla pagina Facebook Angeli col fango sulle magliette all’account twitter @farmaciaserrage, eccellenza digitale e caso unico in Italia di Farmacia social che fornisce continui aggiornamenti utili alla community in ambito salute.

In questo momento Genova e Parma sono travolte dall’insolito destino, quello di far parte di un Paese come l’Italia in cui il business del cemento prevale sulla politica della sicurezza del territorio e sulle bonifiche che non saranno mai compiute.

Il Seveso e Milano allagata: solo colpa del meteo!

Rosario PipoloIn Italia siamo abili a giocare a nascondino. Se il Tevere a Roma o il Seveso a Milano straripano, vuoi vedere che è solo colpa del meteo? Se poi aggiungiamo l’allerta della Protezione Civile, la maniera galante per scampare una figuraccia è dentro la ridicola filastrocca: “Non eravamo pronti, non immaginavamo arrivassimo a questo”.

I milanesi incazzati, che stamattina ho visto azzuffarsi sulla banchina della linea gialla della metropolitana, mi hanno ricordato che, di fronte alle emergenze, ogni mondo è paese. Ne avevano tutte le ragioni per esserlo, per amor del cielo. Se questo tiro mancino estivo fosse accaduto nella mia Napoli, avrebbero urlato che i napoletani campano alla giornata e non sanno essere previdenti.

Ci restano dieci dita per contare i mesi che ci separano dall‘Expo 2015. Siamo ancora in alto mare, nonostante uno stinco di ottimismo  vorrebbe far passare Milano in forma per il grande evento. Sarà pure una banalità: se il Seveso sbraitasse in un’altra bella inondazione, per giunta nei giorni dell’Expo 2015, chi si preoccuperebbe di reclutare prestanti gondolieri?
Atm Informa, l’account di twitter dell’azienda di trasporti imlanesi, non mi ha avvisato che, per prendere la metro, sarei dovuto uscire di casa equipaggiato, con remi e canotto.

Signori cari, Milano non è la laguna di Venezia. In queste ore il maltempo sembra averci dato tregua e, all’ombra della Madonnina, qualche timido raggio di sole ci fa ricadere nel fanfarone lassismo del Belpaese. Tutto è bene quel che finisce bene. Domani si vedrà.

Diario da Parigi, in tilt per una spruzzata di neve

Parigi è Parigi, anche sotto la neve. E così una toccata mordi e fuggi per lavoro è stata un’opportunità per godermi dal taxi la Ville lumière in piena atmosfera natalizia. Ho visto meno addobbi e illuminazioni del solito. Sarà mai una campagna di risparmio energico per evitare che i nostri cugini d’oltralpe si facciano le festività a lume di candela? I quotidiani francesi annunciano un possibile black out. Se giovedì scorso pochi centimetri di neve hanno mandato in tilt l’aeroporto Charles De Gaulle, figuriamoci la mancanza totale di elettricità! Chi viaggia mette in agenda i ritardi a causa del maltempo, ma non 6 ore di attesa per l’indecente gestione areoportuale. Poco prima di partire per Milano, non c’erano i bus per portarci all’aereo. Insomma, ho scoperto che, dopo una certa ora, non ci sono più autisti a sufficienza. E le emergenze? Ad un tratto la situazione è diventata surreale con gruppi di passeggeri, sballottati da un gate e all’altro. Mentre mi divertivo a guardare i più furiosi, raccoglievo qualche testimonianza. “Lo so che il mio nome in italiano è davvero buffo”, mi ha sussurrato Salma. Figlia di algerini emigrati trenta anni fa a Rouen (la città di Flaubert e Corneille!), io e questa simpatica studentessa universitaria abbiamo condiviso alcune sequenze della Battaglia di Algeri, il film del compianto Gillo Pontecorvo che osò per primo raccontare questa sanguinosa indipendenza. Abbiamo parlato di immigrazione nei giorni in cui il governo di Sarkozy si interroga sull’identità nazionale! Poi Salma si è dissolta in aereo col suo minuscolo bagaglio, dietro il desiderio di raggiungere al più presto l’Italia per un fine settimana con le amiche bolognesi. Su quell’aereo , in piena notte, eravamo tutti stravolti. Alla mia destra c’era il mio capo che dormiva, con quella stessa serenità che aveva trasmesso a telefono al figlio qualche ora prima. Il desiderio di riabbracciare il suo cucciolo mi ha dato la sensazione di trovarmi in una pallina di neve, il tipico souvenir con cui puoi sempre agitare un ricordo: mi sono rivisto tredici anni fa in un treno notturno che mi portava da Parigi nel Sud della Francia e mia zia Santina sull’uscio della porta lì a rimproverarmi: “Sembri uno zingaro, buttati subito nella vasca da bagno e restaci fino a domani”. I ritardi servono per smuovere i ricordi e farli scivolare su uno spruzzo d’inchiostro: “Cara zia Santina, mi manchi. Parigi è cambiata, ma io sono sempre lo stesso, un vagabondo in giacca e cravatta”.

Roma allagata, si salvi chi può!

La settimana scorsa il maltempo si è abbattuto su Roma, provocando morti e feriti. In Italia, il “Paese dei Balocchi”, succede così. Non preveniamo mai, lasciamo che le catastrofe atmosferiche accadano e poi ci concediamo il lusso di fare a scaricabarile. Mi ha innervosito l’aggressività da scena di Lucia Annunziata nei confronti del Sindaco di Roma Gianni Alemanno nella trasmissione In mezz’ora.

Un atteggiamento da professionista della tv pubblica che mi ha riportato ai tempi del regime della lottizzazione Rai con le zuffe di democristiani, socialisti e comunisti. Ognuno si assuma le proprie responsabilità e quindi non voglio prendere le difese del neo sindaco della capitale. Mi scappa una riflessione dopo questa catastrofe. Nell’era da vertrina veltroniana, dove era l’amministrazione? Sotti i riflettori del Festival del Cinema o sulle passerelle delle Notti bianche (non quelle di Dostoevskij)?

Ho sentito alcuni romani e sono con il sangue agli occhi, consapevoli della caduta di stile anche della seconda époque rutelliana. Che si fa mentre lo stato d’emergenza è ancora alto? Abbiamo mandato in esilio le maggiori menti italiane che hanno ridisegnato e ristrutturato le grandi capitali europee. Da noi il rendiconto è politico e così persino architetti dallo spessore di Renzo Piano li troviamo a Berlino e non a Roma. Acqua alta sul Tevere. Si salvi chi può!