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La Gelmini e la Scuola che discrimina i disabili

Tagliare si può, anzi si deve. Non occorre avere la faccia tosta, ma quella punta di maldestro coraggio che giorno dopo giorno sta facendo sprofondare la nostra Scuola. Diciamo pure la Scuola, perché di “nostro” non è rimasto più niente, visto che le braccia aperte sono per “i pochi”, i privilegiati, quelli che sono confinati nel bunker delle private. Tra i malcapitati ci sono pure i disabili perché anche lì bisogna risparmiare. Il caso triste era accaduto a La Spezia, dove uno studente disabile di una scuola superiore si era visto tagliare le ore di insegnamento del sostegno. Insomma di mezzo c’è il Ministro Gelmini che è stata condannata per “condotta discriminatoria” ed ora ci sono da pagare le spese processuali e per giunta ripristinare le ore.
Questa sembra una barzelletta brutale, invece è un pietoso fatto di cronaca che mi solletica una riflessione. Nel mio percorso scolastico ho avuto in classe compagni disabili i quali, senza il supporto di un insegnante di sostegno, non avrebbero potuto condividere con noi diverse attività. Ricordo all’asilo, in una giornata di primavera come oggi, lui che non poteva tirare due calci ad un pallone perché era su una sedia a rotelle. Mi avvicinai per smorzare la tonalità della diversità e facemmo un patto che ci fece diventare compagni di merenda. Io tiravo il pallone, ma lui mi indicava la direzione precisa. All’epoca portavo il bendaggio all’occhio destro e certe volte mi sentivo “un pirata” rispetto agli altri bambini. La mia era una deficienza oculistica che avrei risolto col tempo, il suo un problema congenito che lo avrebbe segnato per tutta la vita.
I “disabili” non sono loro, ma lo diventiamo noi quando ci passano sotto il naso queste “orrende discriminazioni” e facciamo finta di niente. Gli studenti di quella scuola ligure hanno una grande ricchezza in classe e non devono rinunciarvi. Oggi ringrazio pubblicamente il mio primo compagno di merenda, per avermi fatto sentire  “un campione” al suo fianco, dandomi una grande lezione di vita:  non dare mai nulla per scontato.

Gelmini, via i baroni dall’Università!

universita150Il decreto Gelmini è passato alla Camera e non c’è via di scampo neanche più per l’Università. La legge è legge e va si rispettata… Sbirciando il nuovo decreto sull’Università ci sono tutte le buone intenzioni per dare una svolta nel nostro Paese. Tuttavia, non per mettere le mani avanti, bisognerà vedere se i buoni propositi saranno mantenuti. Cosa non facile nel Belpaese pantofolaio che non ne vuole proprio sapere di bandire “i privilegi e le caste” ed allinearsi alla nuova Europa. E’ questa la volta buona per mandare a quel paese i baroni dell’Università? E sia la volta giusta per tornare a ragionare in termini di meritocrazia, per bloccare dottorandi e ricercatori super raccomandati, “leccaculo” o protetti dalla casta, avvolti dai manti ideologici fittizi. Peggio ancora “i figli dei Professoroni” che non hanno mai smesso di campar di rendita. Ho dedicato tre anni della mia vita alla ricerca universitaria ed è stata una palestra perché ho avuto la fortuna di incrociare colleghi e docenti professionisti. Sono andato via perchè certi atteggiamenti non mi andavano giù. Ogni volta che ritorno, constato con amarezza che non è cambiato niente. E sia la volta buona per il rilancio dell’università pubblica, quella che dovrebbe tutelare ogni piano sociale. E sia la volta buona per dirottare il sostegno economico agli atenei più meritevoli. Mi sono laureato con orgoglio alla Federico II di Napoli ed ho difeso con gli artigli la mia università dalle altre minori della zona. Non ne possiamo più di questi piccoli atenei di provincia, dove la laurea arriva con programmi dimezzati, fatti su misura per un branco di “ciucci” che ha contribuito alla svalutatione del titolo di studio.  Questo è un problema che non riguarda Napoli e dintorni, ma tutta l’Italia. L’uragano Gelmini spalerà davvero tutto questo letame?

Scuola, caro o maledetto maestro unico?

Non vuole essere uno sdolcinato incipit da libro “Cuore”, ma io sono figlio della generazione che alle Elementari si è formato con la maestra unica. Il mio primo giorno di scuola? Settembre 1979, in cattedra la dolcissima maestra Iole e al mio fianco il compagno di banco Giuseppe. Quei cinque anni al II Circolo Didattico di via dei Mille ad Acerra, ad una manciata di chilometri da Napoli, sono stati davvero idilliaci. Quando “il maestro unico” è stato abolito, io avevo lasciato quei banchi da qualche anno, ma dal punto di vista sentimentale non l’avevo mandata giù! Lungo il percorso mi sono convinto che “il maestro multiplo” avrebbe colmato alcune mie lacune e avrebbe indicizzato la mia conoscenza su diversi fronti. Adesso, per tagliare i costi della “scuola sprecona italiana”, il Ministro Gelmini vuole fare un passo indietro e tornare al maestro unico. Mentre il mondo della scuola protesta (i sindacati hanno appena proclamato uno sciopero generale in data da definire), la Camera dice sì al nuovo decreto legge. Non devono essere né gli alunni né le famiglie a pagare questo scotto, ma i fannulloni. Per ridurre le spese inutili, Mariastella Gelmini dovrebbe puntare il dito contro gli sfaticati della scuola pubblica italiana: gli invalidi fasulli che sono balzati in vetta alle graduatorie; i supplenti che fanno tre giorni di annualità e poi si mettono in maternità; gli assenteisti che usano i certificati medici per fare “i cazzi loro”; o alcuni delle segreterie che si scaccolano il naso per metà giornata. Per fortuna, il corpo docenti come il resto del personale non è tutto così. Giù le mani dalla mia maestra Iole, ma per mio figlio non voglio inciampare nella nostalgia: un solo insegnante è roba da libro Cuore!