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Il delirio Expo 2015 tra i visitatori delusi e incazzati neri

Rosario PipoloDa una parte si mettono gli italiani con il brutto vizio di ridursi sempre all’ultimo; dall’altra si mette il fallo di una macchina organizzativa come quella dell’Esposizione Unviersale. Avete visto già con i vostri occhi quello che sta accadendo in questi giorni ad Expo Milano 2015?

Dopo la prima visita  nelle prime settimane di maggio, eccomi di ritorno nel luna park di Rho Fiera. Persino un bimbo nel passeggino  – loro sì che sono fortunati saltando le code asfissianti – si accorgerebbe che se in settimana si rischia il bollino rosso, figuriamoci nel weekend. Io ho vissuto il primo sabato e domenica di ottobre da bollino nero.

Mettetevi l’anima in pace: code chilometriche ovunque, dall’entrata all’accesso ai padiglioni (avete vinto la lotteria se l’attesa si riduce a due ore), per mangiare un boccone o per andare alla toilette. Anzi, se vi scappa la pipì farete meglio ad usare il “vasino” del vostro bimbo. Meno male che ci sono quelli di Cascina Triulza ad omaggiare noi disperati con vassoi di insalata da condire. Per non parlare del bus navetta che porta da una parte all’altra del perimetro, dove si fa a zuffa per salirci. L’albero della vita è inavvicinabile perchè l’accesso è bloccato dalle lunghe code per Palazzo Italia.

Il decumano di Expo sembra piazza San Giovanni a Roma in attesa del concertone del 1 maggio. Un gruppo arrivato da Arezzo, scambiandomi per uno dello staff, si lamenta: “Abbiamo fatto tanti sacrifici per arrivare qui. Dove siamo finiti? In quale baraonda?”. Per non parlare delle maestre inviperite, trasformate all’occorrenza in vere e proprie guerriere affinchè le classi della Primaria vedessero qualcosa.
Nel tardo pomeriggio di sabato c’è chi posta su Facebook il selfie da Expo, ironizzando: “Siamo entranti nel Guiness dei primati, da stamattina non siamo riusciti a vedere neanche un padiglione”.

Faccio una premessa: detesto i disfattisti di Expo e tutta la ciurma che, accecata dal pregiudizio, ha perso l’occasione di vivere questa esperienza. Nonostante sia stato trasformato in un luna park folcloristico per “fare cassa”, Expo Milano 2015 ospita tanti padiglioni che, durante il semestre, ci hanno aiutato ad esplorare l’emisfero della nutrizione e il valore aggiunto che essa ha per la vita.

Nonostante ciò, l’organizzazione è stata incapace di gestire criticità ed emergenze. Ribadiamolo: il successo di un evento di questa portata non si basa sul numero di biglietti venduti, bensì sulla qualità del servizio offerto al pubblico. Tutti, dal bambino all’anziano, devono essere messi in condizione di poter godere l’evento senza stress infernali. Non ci vuole Einstein per fare due conti e capire che gli accessi dei biglietti “open” dovevano essere controllati e limitati ogni giorno.

In tanti hanno deciso di mollare e svendere i biglietti di ingresso di questo rush finale. Cosa ci resterà di Expo Milano 2015? Il visitatore incazzato? No, l’amara cartolina che mi ha lasciato un anziano signore sabato scorso ai varchi: “Sono ammalato. Mi è costato un grande sforzo fisico essere qui. Questa forse è la mia ultima uscita stagionale”.

Quando la donna non va in vacanza e difende altre donne

Rosario PipoloMentre i social network sono affollati di foto al mare di donne in bikini, soddisfatte a pieno per la prova costume, io sono distratto dalle donne che non vanno in vacanza per difendere altre donne. Sarò pure un maschio atipico ma mi piace pensare che ci sia un’altra cartolina da affrancare e spedire sotto questo cielo d’estate.

In una Milano che si spopola per le attese vacanze è più facile accorgersi di giovani donne ccome Vanda che si danno da fare in organizzazioni umanitarie. Quante ce ne sono che, anzichè saccheggiare le passarelle balneari, restano ad investire fino all’ultimo filo di energia, per portare avanti la loro mission di ambassador di organizzazioni a scopo umanitario.

Come fa una donna a difendere un’altra donna? Quando sa urlare a denti stretti che la povertà è sessista perchè le bambine e le donne devono essere al centro della lotta contro la povertà. Queste campagne di sensibilizzazione ci mettono la pulce nell’orecchio: nei Paesi in via di sviluppo la condizione delle donne è davvero disumana.

Così accede che firmare una petizione può corrispondere ad osservare la tenacia di donne testarde fino al midollo. Un’opportunità per riconoscere che il gentil sesso non guadagna consistenza sotto l’ombrellone tra le veline da spiaggia.
Quando la donna non va in vacanza e difende altre donne offre incosciamente un’altra traiettoria alla nostra mascolinità: ricercare la bellezza femminile nell’altrove custode di impegno sociale è l’immagine più radiosa da appiccicare su una cartolina d’estate.