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Trenord e l’inferno sui binari: passeggeri “in ostaggio” sul treno Milano-Luino per quasi tre ore!

L’inferno sui binari: quello che è accaduto ieri in Lombardia poteva trasformarsi davvero in una tragedia. Un lunedì nero che noi viaggiatori non dimenticheremo e racconteremo ai nostri figli sotto forma di favoletta per dirla tutta: ecco uno dei motivi per cui vergognarsi di vivere in questo Paese, l’Italia, che si è scordata a casa il senso della civiltà. Sono ancora in frigo le bottiglie di spumante per il recente battesimo di Trenord, la società nata dalla fusione di Trenitalia e Ferrovie Nord, che già si brinda al flop più colossale degli ultimi dieci anni su una delle linee ferroviarie più trafficate della Lombardia: passeggeri in ostaggio sul treno Milano-Luino per quasi tre ore.
Ieri alle ore 17.45 il treno Milano – Luino è partito con qualche minuto di ritardo. A pochi chilometri dalla stazione di Rho, ci sono stati i primi rallentamenti e poi uno stop interminabile. Le vetture erano senza aria condizionata, le lancette dell’orologio avanzavano, ma il personale di Trenord non forniva alcuna informazione ai passeggeri sulla lunga e inspiegabile sosta. Intorno alle 18.35 si è saputo che il treno aveva subito un guasto ed erano in arrivo i soccorsi. Intanto, tutti i treni in direzione Varese e Domodossola subivano ritardi imprecisati.
Alle 19.10 tutto taceva e così tra i passeggeri c’è stato qualcuno che ha cominciato ad alzare il tono della voce, mentre una donna si è sentita male. Come gestire una situazione d’emergenza come questa? Affidandosi all’improvvisazione, perché era la soluzione più spicciola per essere degni di questa Italia folcloristica e chiassosa: il locomotore di soccorso non riusciva ad agganciare il treno guasto e, dopo due ore di prigionia nei vagoni puzzolenti di Trenord, era legittimo gridare: “Siamo in ostaggio. Ci avete sequestrati”.
Il treno è ripartito a passo d’uomo. A pochi metri dalla stazione di Vanzago, il personale di Trenord ha perso di mano il controllo della situazione e così sono state aperte le porte del treno. Un centinaio di persone si sono riversate sui binari, percorrendo a piedi gli ultimi metri per raggiungere la stazione, rischiando di finire stirati da un treno. Sono intervenute le forze dell’ordine, ma ormai erano superate le 20 e i passeggeri inviperiti hanno costretto il treno per Domodossola a fermarsi. Peggio ancora: l’altro treno, che viaggiava anch’esso con 140 minuti di ritardo, aveva l’aria condizionata così al minimo che alcuni passeggeri si sono sentiti male all’altezza della stazione di Busto Arsizio, mentre una bimba piccola piangeva disperatamente per il disagio. Se non fosse stato per la solidarietà di tutti i passeggeri, chissà quale brutta sorpresa ci sarebbe stata.
E adesso cosa ne sarà di questo vergognoso accadimento? Passerà inosservato come gli altri o sarà la buona volta che le associazioni a tutela dei consumatori e dei pendolari intervengano con serietà e determinazione?  Questa volta fosse pure un passeggero solo ad esporre denuncia, Trenord non deve far finta di niente.

L’innocenza del male e i versi di Antonio Lillo

pendolari150“Ci siamo cresciuti noi con questo dolore pendolari/ci abbiamo fatto il callo/ci siamo arrangiati sfogliando i giornali”. Leggo questi versi  ad alta voce in treno e i pendolari mi guardano sbigottiti. Significa cominciare la settimana in un modo insolito, decifrando le poesie di Antonio Lillo. Mi incuriosiscono i versi raccolti nel volume L’innocenza del male (LietoColle,2009) perché questo giovane pugliese ha il pregio di racimolare gli istanti della realtà dal vivere di tutti  i giorni. A parte le digressioni in dialetto e le citazioni, ci sono “le parolacce”, ci sono “i Pink Floyd”, c’è “il kebab”, c’è “la bici alla moda dei Cinquanta”,  c’è la smania di prenotare i “bed & breakfast”, ci siamo tutti noi.  Il lunedì mattina voglio prendere la sana abitudine di affidarmi ad una “speranzella” – avrebbe cantato il mio compaesano Renato Carosone – senza le melodrammatiche notiziole di “Leggo” e “Metro”. I pensieri che ti sbatte Lillo sulla lastra del cuore aiutano a ritrovare noi stessi, le nostre radici, senza andare troppo lontano, fermandoci nei paraggi del quotidiano.  Ritornando ai versi iniziali dell’intensa Beltà dei pendolari, penso al “pendolarismo” come condizione dell’essere. Tra coloro che lo hanno scelto a vita ci sono io. Da “pendolare”  mi sento libero di uscire in qualsiasi momento dalle gabbie sociali e culturali che mi circondano. E la poesiola di Lillo me ne ha convinto ancora di più, in un istante fugace, di lunedì mattina.

Treni AltaVelocità, che figuraccia!

FRECCIA ROSSAE’ una vita che facciamo questo benedetto conto alla rovescia per i treni ad alta velocità. Tanta attesa per niente. L’amministratore delegato delle FS Mauro Moretti avrebbe fatto di tutto per convincere gli italiani che adesso è più conveniente viaggiare in treno che in aereo. La Freccia Rossa ha fatto subito ritardo: nella tratta Roma-Napoli l’attesa è stata così estenuante che i passeggeri hanno protestato. E poi alla faccia delle tariffe flessibili. Milano-Napoli in AltaVelocità costa davvero un occhio della testa. Inizia adesso il lungo calvario dei pendolari, che si sono visti tagliare diverse tratte locali per dare spazio ai treni supersonici. Insomma, qui si tratta di sganciare soldi e rassegnarsi a diventare “pendolari di lusso”? Per fortuna c’è Internet, l’ultima spiaggia della democrazia e la rivolta parte proprio da siti come www.pendolari.org o www.ilpendolare.com. In Lombardia stringono i denti e sono pronti a bloccare la Freccia Rossa se non si prendono i dovuti provvedimenti. Nel Belpaese tutto sta diventando un bene di lusso e i nostri vagoni si fanno strapagare per un servizio che non c’è. Una volta ho litigato con un controllore, che mi ha detto di non lamentarmi perché nei Paesi dell’Est la situazione era disastrosa. Le Ferrovie dello Stato dovrebbe dire ai dipendenti di non parlare “a vanvera” perché i collegamenti locali in nazioni come Polonia o Ungheria ci sorpassano di gran lunga!