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Blog e Sito di Rosario Pipolo online dal 2001

Antonello Venditti

Antonello Venditti
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Il primo concerto di Venditti è stato nel settembre del ’92. L’ho conosciuto in un paio di occasioni, ma è una persona abbastanza burbera. “Notte prima degli esami” è stata la colonna sonora della mia maturità, ma anche della mia laurea. Mi entusiasma il Venditti degli anni ’70 e ’80, meno quello degli anni ’90. Quello recente? Non mi appartiene…

Lucio Dalla

L’Anno Che Verrà
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Questa canzone mi riporta alla fine degli anni settanta e Discoring era la mia trasmissione tv preferita. Mi piace Lucio Dalla perché ha saputo cogliere diversi registri senza fatica. L’ho incontrato in diverse occasioni. E lui ha iniziato a firmarmi qualche album… al terzo ha detto: “Li hai tutti?”. Ed io con orgoglio: “Sì”. E lui ha modificato la dedica: “Al mio grande amico”. Che burlone Lucio!

Paolo Conte

Via
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Ho riscoperto la musica di Paolo Conte grazie a mio cugino Max. Da allora ho preso una cotta musicale per l’Avvocato astigiano e mi sono procurato tutti gli album. Credo che l’album Aguaplano sia davvero un’opera letteraria e musicale allo stesso tempo. Quando l’ho incontrato alcuni fa, mi sono fatto autografare il disco di “Concerti”. E lui timidamente mi ha detto: “Che bello! Un vecchio disco…”

Claudio Baglioni

Strada Facendo
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Tirando dal mio archivio tutti i dischi di Baglioni, mi sento più affezzionato a “Strada Facendo”. Ognuno di noi ritrova in quella canzone qualcosa di personale. La prima volta che l’ho intervistato mi ha fatto una buona impressione: persona gentile e cordiale.

Ivan Graziani

Lugano Addio
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Quando ho sentito questa canzone la prima volta ero davvero un cuccuiolo: mia madre era in cucina a concludere le faccende domestiche, ed io a giocare con mia sorella in cameretta. Ho ritrovato la musica di Graziani dopo tanti anni… ho comprato tutti i suoi dischi (qualcuno mi ha definito un pazzo!), ma Ivan era un poeta: nessuno è riuscito a raccontare come lui le donne e l’Italia di provincia!

Munnezza e pregiudizio

I pregiudizi ci danno alla testa qualche volta. Sono appena tornato da Zagabria e mi sono trovato di fronte una città meravigliosa (il racconto mediatico è rimasto fermo alle ultime bombe del ’95): pulita e piena di verde, con certe aiuole fiorite da far morire di invidia le nostre città. Poi arrivo a Venezia, raccontata dai media come perla del nostro Stivale, e scovo sporcizia ovunque, per non parlare di sacchetti di immondizia sparsi qui e lì. Scusate, ma questa non è “munnezza” o quella di Napoli era qualcosa di diverso? E’ vero che il capoluogo partenopeo è stato sepolto da montagne di spazzatura (mea culpa, mea culpa, mia grandissima culpa?), ma la tv è stata capace di ingigantire il dramma, distruggendo l’immagine di una città. Persino la munnezza è più fetente quando finisce tra le grinfie dei pregiudizi!

La banda di Eran Kolirin

La banda musicale mi riporta nei piccoli paesi di provincia, specialmente quelli del Sud Italia. Un tempo far parte della banda cittadina era prestigioso e un onore da difendere con gli artigli. Il bel film di Eran Kolirin mi ha fatto ritrovare quelle atmosfere. La banda, produzione franco-israelita, è un film che merita di essere visto, sorseggiato col contagocce inquadratura dopo inquadratura: una banda delle polizia egiziana è invitata in Israele per suonare, ma sbagliano destinazione e si ritrovano in un paese sperduto e desolato. Sono ospitati da una coppia del posto e così una giornata iniziata male diventa un pretesto per riportare sullo schermo un succo di poesia. Popolazioni separate da un confine possono superare una montagna di diversità e sentirsi uniti al di là della politica, religione, cultura e lingua.  

E tu che Puffo sei?

I Puffi compiono 50 anni, ma continuano a contagiare persino le nuove generazioni, di qualsiasi età e di tutti i paesi del mondo. Chi di noi non ha immaginato, almeno per un giorno, di fare il turista nel loro villaggio a cartoni animati e sentirsi un omino blu? Persino Sergio Rubini, nel suo ultimo film in sala “Colpo d’occhio”, sostiene di essersi ispirato ai “puffi e al Grande Puffo”.

Io? Sono stato da sempre identificato come “puffo quattrocchi” per essere occhialuto dalla tenera età di quattro anni. Tuttavia, oggi mi vedo più “brontolone” di quanto non lo sia stato in passato. Nel villaggio dei Puffi ne succedevano di tutti i colori e c’erano una marea di significati in controluce. E tu che puffo sei? Puffa un commento sul nostro puffblog…

Serge Gainsbourg

Je T’aime… Moi Non Plus
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Nel 1999 ero in vacanza nel sud della Francia. Nel pieno di una notte d’agosto, fui svegliato da mia zia Lina che mi invitava ad alzarmi perché in televisione stavano trasmettendo un documentario su un famoso cantautore d’oltralpe: Serge Gainsbourg (1928-1991). Conoscevo qualche canzone di Gainsbourg, ma alzarsi in piena notte mi sembrava eccessivo. Alla fine, mia zia la ebbe vinta. I miei occhi sonnolenti si spalancarono dinanzi alle immagini che raccontavano la vita di questo geniale “chanteur”. Dopo quella notte, la musica di Gainsbourg è entrata a capofitto nella mia vita. Mia zia, che si sentiva un po’ responsabile, mi ha regalato un volume con tutti i testi delle canzoni. Durante il viaggio di ritorno, li ho tradotti tutti.

8 Marzo, il Giorno della Mimosa

L’8 marzo 1982 mi fu assegnato un tema libero, da sviluppare avendo come interlocutori un cane e un bambino. Mi balenò un’idea: il bambino avrebbe raccontato al cane il significato storico della Festa della Donna. Fu un successo strepitoso. Frequentavo la III elementare e la maestra mi premiò, facendomi girare col tema per tutto il II° Circolo Didattico di via Dei Mille di Acerra (Na). A distanza di anni mi rendo conto di aver colto con spontaneità il vero significato del Giorno della Mimosa.

E’ straziante ogni 8 marzo vedere una ciurma di donne che si danna per ricevere un mazzolino di mimose, magari per sfilare in passarella e dimenticare il significato di quel giorno. Mi deprime vedere eserciti di donne che vanno a festeggiare nei locali e liquidano tutto come spettatrici di uno squallido strip maschile. Sarà pure vero che il mio sguardo maschile mi rende miope, ma se fossi una donna consegnerei l’8 marzo alla riflessione. Donne o uomini, se ci siete battete un colpo. Cosa resta veramente del Giorno della Mimosa?