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Blog e Sito di Rosario Pipolo online dal 2001

Cartolina dalla Milano Design Week: quello che le (fashion) blogger non dicono…

Dovrei raccontare il primo appuntamento con la (fashion) blogger alla Milano Design Week con le mie scarpe lucide senza lacci per paura che si accorga di quanto sono trasandato e cammino con i lacci sciolti. Dovrei raccontare il suo passo spedito, l’entusiasmo che ci mette prima di aggiornare la sua community di Facebook.

Dovrei raccontare quando ti piazza in mano lo smartphone, sussurrando “Ti spiace? Mi fai una foto?” e tutte le raccomandazioni necessarie. Dovrei raccontare quando all’improvviso ti molla la borsetta, mette in carica il cellulare e si sposta a destra e sinistra: scruta, osserva, prende un foglio di carta e appunta come quelle studentesse certosine che mi passavano gli appunti all’università.

Dovrei raccontare quando ci incamminiamo, incontra persone e ti presenta agli altri come se ti conoscesse da sempre.  Quando meno te lo aspetti la ritrovi con gli occhi sul touchscreen che parla e senza preavviso ti tira dentro, presentandoti alla community. “Sì, salve, in verità stiamo improvvisando, tutta colpa sua…”, faccio io imbarazzatissimo (non è da me) mentre mi rendo conto di essere finito in una delle sue Instagram Stories.

Invece no, voglio scrivere su altro, oltre lo steccato delle persone che abitano il mondo dei social. Voglio scrivere sul comandante della nave da crociera che, al ritorno da mesi di navigazione, abbracciò la sua sposa ed ebbe la notizia che presto sarebbe diventato papà. Il nome della bimba era inciso su una conchiglia trovata sulla spiaggia di Torre del Greco così come quello della sorellina arrivata una manciata d’anni dopo.

Voglio scrivere sul  nonno che, tenendo sulle ginocchia la nipotina, le raccontò della casa costruita sulla lava del Vesuvio del ’45. Voglio scrivere su una valigia piena di sogni in viaggio da Napoli lungo tutto lo stivale italiano, per anni, con testardaggine, determinazione, perché la lotta per rimanere sé stessi vale quanto quella contro i disfattisti benpensanti convinti che con i sogni non si voli.

Queste non sono Instagram Stories digitalizzate, queste sono storie punto e basta, le storie di inchiostro e carta che danno l’anima alle nostre radici. Questa scia di napoletanità briosa che mi ha accompagnato tra Brera, Tortona e piazza Duomo, mi ha fatto ritrovare la Milano persa di vista.

Dovrei raccontare come ha rincorso il tram, come è scomparsa nel buio alla sua maniera di mischiare chiacchiere e riservatezza, mentre io ridevo immaginandola alla prese per ordinare la collezione di scarpe o pronta con la valigia fucsia, grande come una casa. Invece no, voglio scrivere su quello che le blogger non dicono mentre mi ronzano in mente i versi di Pino Daniele: “Anna verrà col suo modo di sorridere per questa libertà.”

Lettera aperta a un bambino dei Nati Per Leggere

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rosario_pipolo_blog_2Sono tornato per guardarti diritto negli occhi nello stesso fazzoletto di terra in cui germogliò la mia infanzia. Sono tornato perché se i piedi non affondano nella terra della memoria, si sbiadiscono i dettagli, scemano i particolari.

Tu sei prima di tutto uno dei Nati Per Leggere perché per fare il mondo ci vuole un libro, per fare un libro ci vuole la vita di chi lo ha scritto, per fare la vita ci vogliono pagine di carta stese al sole come il bucato che profuma d’inchiostro.

Tu sei prima di tutto una storia, una storia di carta, fin dal tempo in cui eri nel grembo di tua mamma, fin dai tempi in cui la mano di Dio ne scrisse una fatta su misura per te, attraverso quel rintocco riconoscibile soltanto sotto le sembianze di un atto d’amore.

Tu sei prima di tutto il coraggio di liberarti dalle ossessioni tecnologiche di noi adulti che abbiamo spodestato l’immaginazione per rinchiuderci nelle celle di schermi piatti. Tu sei prima di tutto la generosità di questi volontari, oggi cantastorie per accompagnarti in un viaggio che ci rende tutti sostanza della nostra comune esistenza.

Tu sei prima di tutto ciò che non sono stati i bambini della mia generazione a cui non raccontarono che il mondo dell’infanzia senza gli educatori è come una fiaba senza incantesimi e fate dorate.
L’ho capito da grande quando mi sono innamorato di un’educatrice che, in una notte di Natale, mi fece papà per un giorno portando tra noi due un fratellino e una sorellina di una casa famiglia, specchio riflesso sui passi del nostro amore e dei genitori che saremmo diventati.

Io e te abbiamo in comune lo stesso fazzoletto della terra allevatrice ed ora che vedo tua mamma, testarda volontaria, strizzare lo straccio per pulire questo spazio-lettura che nessuno mai ti scipperà, sono convinto che tu non indosserai nessuna maschera a Carnevale.
Punta verso il cielo il tuo libro-scudo che ti ha fatto crescere nell’alveare di Nati Per Leggere senza fare come noi bimbi di allora, costretti a travestirci da Zorro per affrontare i bulli con le pistole giocattolo, figli dei lacchè della malavita.

Troverai questa lettera all’alba e io sarò di nuovo in viaggio, perché la mia condanna è avere sempre la valigia pronta. Tornerò, sì tornerò per riprendermi ciò che mi è stato rubato e ad indicarmi la strada sarai tu, sarete voi Nati Per Leggere, germogli del futuro dell’infanzia in soccorso a noi adulti per scontornare e ridisegnare sogni di carta taciuti.

Cartolina da Sabbioneta: Vespasiano Gonzaga è vivo ed io l’ho visto!

Ciano sognava di fare il disc jokey e perse l’aereo per lo Studio 54 di New York. Restò al suo paese tra un mucchio di dischi impolverati e i ricordi delle villeggiature tra Cesenatico e Rimini. Daniela lo incontrò e se ne innamorò. Gli disse: “Resta qui. Saremo felici, perchè basta poco per esserlo. E così sia. So fare lo Spritz, mettiamo su un baretto”.
Giuseppe era un bimbo quando gli finì tra le mani Il vecchio e il mare di Hemingway: voleva pescare da sportivo e poi lasciare liberi i pesci. Mary adorava la schiuma e riusciva a fare un gioco di prestigio, trasformando il caffè in una bevenda cioccolatosa dalle piccole vibrazioni gustative. Silvia, Giada e gli altri ragazzi della combriccola al bar Ducale spulciavano sogni e spensieratezza. Cecilia uscì viva da sotto le macerie, cominciò a collezionare bambole e guardò il mondo attraverso la loro vista. Sandro mutò le sorti di una vecchia locanda, dove sostarono gli austriaci, in una piccola pensione. Guerrino si imbarcò su una nave, ma lui non sapeva che lo avrebbero mandato a fare quella cosa zozza che si chiama guerra. A 90 anni è diventato un collezionista di profumi, ogni sera ne annusa uno perchè da quell’essenza torna la moglie amata, volata in cielo. Orianna aveva smesso di far gelati per imparare ad accarezzare il pancione, in attesa che Daniele venisse fuori. Marcella aveva la passione per la storia dell’arte, diventò guida, mi prese per mano e mi portò lungo un corridoio di 97 metri tra memorie di un palazzo e i fremiti del palcoscenico di un teatro. Infine, il conte si era illuso che, con l’acquisto di un titolo nobiliare e giocando a nascondino tra vecchie cianfrusaglie, avrebbe scoperto il segreto della vita, calpestato dal Re vigliacco e dal Duce orco.
Povero sciocco, il segreto lo avevano capito i Peritoperaria che facevano musica folk per acquistare un pulmino ai disabili, cantando a squarciagola “chi non piscia con noi è un ladro o una spia”. Io ho “pisciato” assieme a loro e mi sono liberato di quelle ipocrisie e falso perbenismo che lapidano la provincia.
Uscendo da quelle mure, si è avvicinato un tizio per dirmi: “Tutti pensano che io Vespasiano Gonzaga me ne stia buono buono all’Incoronata. Invece faccio l’equilibrista sulle mura della mia città e mi soffermo sulla semplicitá delle persone di cui vado fiero, perchè sono loro a rendere grandi i particolari della vita”. Poi è scomparso. Io volevo fare marcia indietro, ma la città era diventata un puntino sul filo di terra tra il reggiano, il cremonese e il mantovano. Anche se mi fossi scolato tutta una bottiglia di Lambrusco, non avrei colmato il vuoto per aver lasciato Ciano e quella gente. Il fantasma di Vespasiano Gonzaga mi ha svelato il rebus: “il patrimonio” da tutelare non è soltanto fatto di tesori artistici, ma della bella gente rimasta prigioniera di quelle mura, figlia dell’Italia in bianco e nero che sapeva raggomitolare le emozioni sul filo della nostra storia. Benvenuti a Sabbioneta!