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Quelli che partono: Il clochard del San Carlo di Napoli che gennaio si portò via

ph. di Camilla Crescini

“Quelli che partono”, foto di Camilla Crescini

Rosario PipoloNelle ultime ore di gennaio, cercai invano di farmi ascoltare. Bussai forte alla porta della ragazza, ma lei non rispose. Mi aveva lasciato un biglietto: era corsa a curare i bambini che erano stati abbandonati. Non so come riuscii a rintracciare la sorella, ma mi invitò a ripassare il lunedì successivo perchè era impegnata con le pagelle a scuola.
Scappai in cima alla salita, convinto che l’amico mi ascoltasse. Invece lui fece orecchie da mercante, stordito dalle inutili faccende che riempivano la sua noia. Da lontano vidi un prete, non mi diede neanche il tempo di accostarmi, che mi lanciò un’occhiata di rimprovero come a voler dire “non vedi che sto pregando”.

Nell’ultimo bistrot intravidi l’amica di sempre. La invitai a bere un caffè. Era una scusa per poterle parlare, ma lei si defilò perché stava finendo di preparare un concorso e mi chiese di pazientare solo una settimana. Nel parco c’era la bambina, che speravo non restasse indifferente. A stento mi riconobbe, era impegnata a pettinare l’ennesima bambola che le avevano regalato. Entrai nel solito supermercato, perché sapevo che lì avrei trovato la mamma. Provai ad urlare, ma non percepì il mio urlo perchè aveva la testa stordita tra gli scaffali delle offerte. Tentai con l’edicolante in piazza, ma stava chiudendo e non poteva dami retta così come il vicino che se la diede a gambe sulla sua Maserati di ultima generazione.

Non mi sentiva nessuno. Mi ricordai allora del clochard* che avevo incrociato qualche anno prima di fronte al teatro San Carlo di Napoli. Salii sul primo treno e mi misi alla sua ricerca. Arrivato sul posto, trovai la sua casetta di cartone, ma il barbone era sparito. Un uomo mi rimpoverò: “E’ arrivato troppo tardi. Il freddo di gennaio se lo è portato via. E pensare che un anno fa quel poveretto cercò di farsi ascoltare disperatamente, ma lei era troppo indaffarato per dargli retta. Il clochard voleva solo abbracciarla e raccontarle una storia, quella dell’indifferenza, la stessa che lei ha vissuto prima di precipitarsi qui”.

*Dedicato a Franco I., il barbone napoletano che adesso finalmente non soffre più il freddo perchè lassù c’è una casa tutta per lui.

Clochard morto davanti al San Carlo di Napoli

  Roberto Bolle e Twitter: Il ballerino che ha offeso clochard e napoletani

Roberto Bolle e Twitter: il ballerino che ha offeso clochard e napoletani

“I senzatetto che s’accampano e dormono sotto i portici del San Carlo, gioiello di Napoli, sono un emblema del degrado di questa città”. L’affermazione di Roberto Bolle, l’osannato ballerino del Teatro alla Scala di Milano, è una doppia e imperdonabile offesa nei confronti dei clochard e degli stessi napoletani. Una riflessione fuori posto destinata ad essere un boomerang verso i VIP saccenti, apostoli delle mode social. Il 2012 è l’anno di Twitter e il cinguettio sta diventando la vetrina prediletta nello star system dello show business italiano.

Peccato che Bolle, come tanti altri suoi colleghi, non abbia percepito la filosofia di una tweettata o il valore di questa piattaforma social, tutto all’infuori del sipario-prigione degli adoni. Le riflessioni necessitano di un pensiero, le offese gratuite di stupidità. Il ballerino del tempio scaligero dovrebbe sapere che, alle porte del Teatro San Carlo di Napoli, proprio dove si erano accampati quei “barboni”, c’è un altro palcoscenico. Quello di oltre tre secoli di storia, consegnata nelle mani di un popolo. In quel punto preciso della città si è giocato il tutto e per tutto, tra sogni e delusioni, in balia di rivolte o rivoluzioni, offrendo un luogo di rifugio anche ai diseredati.

Napoli è da sempre la casa di tutti, senza discriminazioni. Il tweet di Roberto Bolle – rimosso dopo le polemiche a dimostrazione di chi non sa comunicare (mai cancellare un cinguettio!) – potrebbe far da spunto al maestro Roberto De Simone per la creazione di un’opera buffa, che abbia come protagonisti proprio i clochard. I napoletani e i senzatetto dovrebbero chiedere un risarcimento morale al ballerino incauto, barattando di bandirlo dal San Carlo e dall’Unicef.

Viviamo in un paese democratico ed è giusto che ognuno esprima il suo pensiero. I twitterini hanno mostrato il loro dissenso e forse anche quei napoletani, frequentatori assidui di teatri, che una volta avranno visto Roberto Bolle volteggiare sulla scena, convincendosi che una macchina carrozzata di tecnica può essere priva d’anima.

 Bolle e i barboni sotto i portici di Napoli…

 Clochard sotto i portici anche a Londra

 Se Twitter diventa impressionista…