Villeggiatura o vacanza da catalogo?

E’ arrivata l’estate. Il caldo afoso anticipato ci fa presagire che anche le stagioni non ne possono più dei nostri scempi ecologici ai danni di madre natura. Nell’epoca della globalizzazione, dove vige il culto della “vacanza breve di alta qualità”, si fa a gara a chi va immergersi nei mari più lontani. Adesso con Internet è ancora più semplice. Pochi clic, acquistiamo un pacchetto turistico su misura e siamo tutti felici e contenti. Atmosfera vacanziera o stress da vacanza?
Eppure c’è un termine, gettato nel dimenticatoio, che caratterizzava le nostre estati di tanti anni fa: la villeggiatura, ovvero “la permanenza a scopo di riposo e svago in località adatta”. Sfogliando il dizionario della lingua italiana, il significato di questa parola è molto chiaro. C’era una ritualità nelle partenze e negli arrivi che andava dall’affitto della casa a quello dell’equipaggiamento per l’auto con accortezza e meticolosità. Dove sono finite quelle piccole spiagge di provincia, affollate e rumorose, i nostri castelli di sabbia, le lunghe corse in riva al mare, gli sguardi sdolcinati pomeridiani degli innamorati, quelle brevi escursioni in canotto, le schizzate d’acqua salata, quei tuffi ridicoli a pochi metri da riva, i ghiaccioli sciolti al sole o i canti notturni delle cicale che accompagnavano i nostri sogni beati? Dove sono finite le voci campanulate delle nostre mamme e delle nostre nonne che ci invitavano a rincasare perché il pranzo era pronto? Tavole imbandite, profumi indimenticabili e una folla di amici e parenti. Niente albergo, niente pensione o mezza pensione, ma soltanto villeggiatura. E se fosse soltanto un capriccio nostalgico? Tuttavia, con la consapevolezza che la nostalgia di un trentacinquenne è più patetica di quella di un sessantenne, una riflessione trova sempre la sua buona giustificazione nel passato o nel presente. Buona villeggiatura, anzi pardon, buone vacanze con la speranza che le vostre non siano “da catalogo”.

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