La rabbia di Scampia per Ciro Esposito, il tifoso ucciso dalla coppa della vergogna
La lettera di Blatter, il numero uno della Fifa che si è scomodato per scrivere alla famiglia di Ciro Esposito, mi lascia indifferente. Provocano in me tanta rabbia i sermoni degli uomini delle istituzioni: si lavano la coscienza salutando come eroe dei nostri tempi il povero tifoso napoletano, ferito a morte prima dell’incontro della finale di Coppa Italia Fiorentina-Napoli.
Fa bene il Presidente del Napoli De Laurentiis a presentarsi ai funerali a “mani vuote”, senza quella “coppa della verogna”, che la società non ha avuto il coraggio di restituire alla fine della partita. Lacrime, rabbia, dolore, Nino D’Angelo che canta “Il ragazzo della Curva B”, striscioni, icone, fotografie giganti. E adesso cosa succederà? Quanto tempo passerà prima che dimenticheremo tutto?
Questa è l’Italia, il Paese in cui vivo. Tutti eravamo preoccupati a lanciare pietre ai Balotelli, ai Prandelli e agli Azzurri schiaffeggiati ai Mondiali in Brasile, dimenticando che questa “Seconda Repubblica” sul viale del tramonto non ha una legge che regolamenta gli stadi. Dopo lo scempio a Roma, in un Paese civile e democratico, sarebbero saltate teste ovunque. Facciamo a scarica barile perché nel DNA del Belpaese vige “l’immunità taciuta” per i vertici di qualsiasi piramide.
Ciro Esposito era andato a Roma per godersi una partita di calcio e non è tornato più. Noi ci siamo ancora per farci sentire dentro e fuori gli stadi con il megafono. Di tutta questa porcheria non ne possiamo più, perché il tifo è tutt’altro. Ciro ci ha rimesso la pelle, noi ci abbiamo rimesso la dignità, il calcio ha avuto la sua meritata sconfitta. Su uno striscione dovremmo appendere un pensiero saggio di Trapattoni: “Il pallone è una bella cosa, ma non va dimenticata una cosa: che è gonfio d’aria”.