Stalking, se lo conosci lo eviti!
Da ragazzino sono rimasto colpito da una notizia di cronaca locale: un uomo ha iniziato a martellare di telefonate e a pedinare l’ex compagna perché voleva ritornare con lei. Quella volta di mezzo c’era una figlia. Nei primi anni ’80 il termine stalking assomigliava più a un residuo di un film di fantascienza che al reale significato: perseguitare in inglese. In questi giorni se ne torna a parlare perché il Ministero delle Pari Opportunità ha lanciato la campagna di comunicazione per promuovere il numero gratuito antiviolenza e antistalking 1522 (attivo 24 ore su 24) con lo slogan “quando le attenzioni diventano persecuzioni”. Una volta c’erano le lettere anonime, le telefonate sul fisso o i pedinamenti sotto casa. Adesso lo stalking si adegua ai tempi del villaggio golbale tra squilli dal cellulare, fastidiosi sms e email, nonché raggiri sui social network. Lo stalker, che oggi rischia da sei mesi a quattro anni di reclusione, monitora la tua pagina di Facebook o chiede agli amici virtuali in comune di diventare suoi complici. Credo che l’allarme non debba scattare quando si arrivi ai casi estremi (l’uomo che ha accoltellato l’ex moglie davanti a un asilo nido di Milano), ma è necessario un intervento preventivo. Ci sono diversi livelli di stalking, di cui alcuni anche inconsapevoli, ma insopportabili per la vittima. La campagna di comunicazione voluta dalla Carfagna mi lascia perplesso su un punto: perché porre l’accento sulla donna preda proprio adesso che crescono le segnalazioni di uomini tra le vittime dello stalking? E’ difficile ammetterlo, ma anche il gentil sesso può essere rapace!
Anonimo
Sì, finalmente se ne riconosce il reato. Con tutta la tecnologia che si ha a disposizione, certe persone ossessionate (nel senso più clinico del termine) non fanno altro che trascorrere la loro giornata a tormentare ex o presunti rivali. Sono soggetti che hanno bisogno di cure terapeutiche e se proprio necessario, anche di una denuncia alle autorità.