San Valentino: “Per essere felici ci vuole coraggio”

Bighellonando nel centro di Cremona, mi ritrovo accanto due ragazze. La più giovane, avrà avuto a malapena vent’anni, chiede all’altra: “Quest’anno ti hanno fatto il regalo più bello per San Valentino. La casa nuova è stata imbiancata e finalmente andate a vivere insieme”.
L’interlocutrice, poco più di trent’anni, replica: “Sono due anni che siamo sposati in comune e, per un motivo o un altro, non abbiamo vissuto mai sotto lo stesso tetto. San Valentino mi ha illuminata. Non è lui l’uomo che vorrei accanto nella vita. Chi glielo dice ai miei?”.
Senza dare nell’occhio origlio la conversazione e faccio qualche riflessione. L’abito commerciale, con cui è stato vestito il 14 febbraio, si sgualcisce di fronte ai ventenni e i trentenni di oggi, arbitrati dalla mia generazione.
Capita così che una ricorrenza, per tanti ridotta al tiro a sorte dell’aforisma pescato da un Bacio di cioccolato, diventi il momento complicato della resa dei conti, di una scelta.
Da che parte sto io? A fianco della ventenne che, senza peli sulla lingua, chiude così la conversazione: “Il tuo non è un matrimonio, è una firma. Il vero amore è altro”.
Appena va via l’amica, la ragazza non riesce a trattenere le lacrime e dirotta gli occhi bagnati nella vetrina di una pasticceria cremonese, allestita con tante golosità per il 14 febbraio. Un sottile sorriso sboccia dagli occhi lucidi, dopo aver avvistato in vetrina un buffo orologio con la scritta tra le lancette “Più passa il tempo, più ti voglio bene”.
Provando a mettermi nei suoi panni, mi torna in mente una sacrosanta verità. L’aveva messa nero su bianco la scrittrice danese Karen Blixen: “Per essere felici ci vuole coraggio”. E non è questione d’età, aggiungerei.





C’era una volta un rito pagano a cui partecipavano i romani, rendendo omaggio al dio Lupercus. La ricorrenza prevedeva che uomini e donne fossero messi in un’urna e mescolati, vivendo in intimità affinché si realizzasse la fertilità. Nel V sec. d.C. la Chiesa tolse dal calendario questa usanza blasfema e piazzò il 14 febbraio la festività dedicata a San Valentino, il vescovo martire morto nel 273 d.C. Secondo il gossip di allora si era innamorato di una giovane fanciulla in carcere prima di morire. La città di Terni custodisce le spoglie di Valentino ed ogni anni centinaia di coppie si recano lì per una paticolare benedizione. Tante leggende ruotano attorno alla festa degli Innamorati, peccato però che quasi nessuno sappia le origini di questo giorno. Una trentina di anni fa ho visto mio padre tornare a casa con un tubo di baci Perugina e da quel momento ho conosciuto la festa di S. Valentino. Il giorno dopo ho rubato un cioccolatino a mia madre e l’ho portato alla mia amichetta del cuore! Un gesto tenero che oggi si perderebbe tra le onda del business. Il 14 febbraio è diventato negli ultimi dieci anni una spericolata ricorrenza commerciale e tutti vi finiscono per esserne vittima. Io mi accontento di un cioccolatino a forma di bacio accompagnato da un bel libro o un cd musicale, alla faccia di chi pensa che anche un batticuore sia al servizio degli affari.