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Ancora tagli di posti di lavoro. Alitalia insegue la Fiat?

Continuiamo pure a far finta di niente, nascondendo la testa sotto il cuscino. Dopo esserci caricati di altre tasse per evitare il collasso di Alitalia, adesso veniamo a sapere per via traverse che la compagnia di bandiera mette a rischio altri 2 mila posti di lavoro. Se facciamo un rapido calcolo su come il mercato del lavoro sia finito sul precipizio nel Belpaese “spaccone”, i conti non tornano. E cioè quelli di chi urla che la recessione si passeggera, mentre, tra licenziamenti e casse integrazioni, potremmo fondare una vera e propria “disoccu-poli”. E di lavoro ce ne sarebbe a bizzeffe per i sindacati se facessero serie riflessioni, mentre i nostri politici sono impegnati a reclutare gli ultimi soldatini per far andare avanti l’armata Brancaleone.
Confindustria si tappa il naso e chi sente odore d bruciato è Sergio Marchionne, che ormai con la sua “sottoveste” politica detta le linee guida agli industriali italiani. Che in ballo ci siano le sorti di migliaia di famiglie dietro il tira e molla degli stabilimenti Fiat di Melfi e Pomigliano d’Arco, poco importa a chi un lavoro ce l’ha e si dondola sull’amaca tutta tricolore del “tirare a campare”.
Marchionne sa pure che il bello o il cattivo tempo – dipende dai punti di vista – dell’assistenzialismo statale a favore della Fabbrica Italiana Auto Torino fa parte dei capricci meteo del Belpaese di ieri. Così nelle giornate uggiose della globalizzazione, scrivere il nuovo Vangelo del Lavoratore non spetta più né ai sindacati né ai lavoratori stessi, bensì al numero uno di un brand (o di una macchina arruginita para-statale?) che con il suo diktat vuole stabilire quale sia il confine tra antichità e modernità. L’errore più grande è quello di accettare in silenzio una “Fiatizzazione” di tutte le industrie italiane, così come due secoli fa il processo di “Piemontizzazione” ci illuse di poter fare un’Italia, giovane e pure bella. Mentre Alitalia pensa che le soluzioni di un malessere sociale siano a Torino,  non sarebbe surreale se i migliaia di disoccupati in Italia si mettessero in coda ai precari della scuola e decidessero di cambiare mestiere. Tra otto anni il ministro Gelmini un posto in cattedra ce lo ha assicurato. Basta solo capire come impiegare il tempo fino ad allora!

Piange Daniela Martani, dal Grande Fratello al TG4

martani150Mi perdonerà Claudio Baglioni se prendo in prestito a sproposito il titolo  di una delle sue primissime canzoni: Le lacrime di Marzo. Piagnucolare in Italia può essere utile e così Daniela Martani, l’ex hostess Alitalia cacciata dal Grande Fratello, ha intenerito il cuore di Emilio Fede. Il direttore del TG4 l’ha invitata alla sua corte e lei non ha esitato neanche un secondo. Nuova hostess della tv? Macchè, dal 6 aprile la vedremo alla conduzione di Sipario, il rotocalco del TG4.  Un bel salto di qualità passare da un reality show direttamente su un trampolino dell’informazione. Nel Belpaese accade di tutto e di più. Persino i mestieri sono stati messi da parte e ognuno fa quello che gli riesce meglio. Non sempre, perché la bella Daniela dovrebbe stare altrove. Dove? Certamente non al posto di una giornalista. Soltanto in Lombardia ci sono più di 500 giornalisti disoccupati al momento. Le donne si difendono bene nella conoscenza della professione. La vogliamo smettere una volta per tutte con queste “veline dell’informazione”? Reclutiamo “ragazze piacenti”, ma che sappiano fare il loro mestiere. Scelte più sagge eviterebbero di far fare al “gentil sesso” l’ennesima figuraccia da “oca”!

C’era una volta Alitalia, Cai e Malpensa…

alitalia150Il battesimo della Cai, la nuova compagnia aerea nata dalla fusione di Alitalia e Air France, non è stato un felicissimo giorno. Le naturali proteste hanno preso il sopravvento, nonostante pare che si possa tirare un sospiro di sollievo per l’aeroporto milanese di Malpensa. L’odissea legata ad una compagnia “sprecona” come Alitalia è gravata moltissimo sulle tasche degli italiani. Ce ne siamo accorti, sì o no? Adesso abbiamo in ballo pure la preoccupazione sul destino dell’aeroporto internazionale milanese. Solo in Italia accadono certe barzellette. Malpensa aeroporto ha compiuto dieci anni l’anno scorso ed è già finito nella bufera, senza contare il budget di milioni di euro investiti. L’Alitalia lo ha utilizzato come hub fino a marzo del 2008 e adesso con i cambi di gestione restano aperti alcuni punti interrogativi. Fa bene donna Letizia Moratti ad essere “incacchiata” nera, ed in vista dell’Expo poi. Nonostante le rassicurazioni governative, il timore c’è sempre in un Paese barzellettiere come la nostra penisola. Al di là delle previsioni, ci auguriamo che la nuova Cai agevoli i passeggeri con un rapporto qualità-prezzo diverso dalla sua antenata. Ahimè, se il futuro è grigio date pure in pasto l’aeroporto di Malpensa alle compagnie low-cost! Se Ryanair continua a darci ancora l’impressione della corriera da gita scolastica, compagnie come Easyjet possono contribuire a migliorare i nostri viaggi tra le nuvole, con poca spesa, una buona qualità del servizio e un record di passeggeri nei mesi della recessione!

Alitalia, finalmente la fine di una casta?

Il crollo di Alitalia, la compagnia di bandiera italiana, è l’ultimo atto dei residui della Prima Repubblica dell’Italia corrotta e sprecona. Questo tira e molla che va avanti da tempo continua a farci essere lo zimbello di mezza Europa. E il peso sulle tasche degli italiani? La situazione grottesca ha stuzzicato persino lo humor british della Ryan Air, che su alcuni aerei ha scritto a carattere cubitali: “Bye Bye, Alitalia”. Le low cost hanno messo fine al monopolio, rendendo i cieli europei alla portata di tutti. Nel 1998, per la mia tesi di laurea, sono stato costretto ad andare a Londra in autobus perché quella tratta aveva davvero prezzi da capogiro. Lo stato comoso di Alitalia mette fine alla casta dei piloti e degli assistenti di volo, abituati ad essere super pagati e a ricevere continui benefit, facendo rizzare i capelli ai colleghi europei. Li vedi arrivare in rogorosa divisa la mattina in aereoporto, a Fiumicino come a Malpensa, belli e lindi come Ken e Barbie. Hanno quella puzza sotto il naso e quello sguardo superbo tipico di pensa: “Chi cazzo se ne frega, chi mi toglie più dal trono”. Girovagando in rete si trovano una marea di dati allarmanti: tutto sommato un pilota vola per una media di “93 minuti al giorno” e pretende da Alitalia più di 108.000 euro all’anno. Per non parlare degli assistenti di volo che, con un buon grado di anzianità, possono azzuffare in busta paga fino a 87.000 euro. Mio padre ha lavorato con diginità all’Enel per 35 anni come caponucleo, rischiando ogni volta di scapezzarsi. Non metteva a repentaglio pure lui la vita quando si arrampicava con la squadra sui pali della luce? O il pericolo è solo di chi vola? Da ragazzino sognavo di essere figlio di un pilota per potermene andare a zonzo gratis in tutto il mondo. Oggi sono fiero che il mio papà abbia indossato “una tuta blu” , e non quella “divisa verde da casta” che nasconde sotto “merda e feccia”.