Alitalia, finalmente la fine di una casta?

Il crollo di Alitalia, la compagnia di bandiera italiana, è l’ultimo atto dei residui della Prima Repubblica dell’Italia corrotta e sprecona. Questo tira e molla che va avanti da tempo continua a farci essere lo zimbello di mezza Europa. E il peso sulle tasche degli italiani? La situazione grottesca ha stuzzicato persino lo humor british della Ryan Air, che su alcuni aerei ha scritto a carattere cubitali: “Bye Bye, Alitalia”. Le low cost hanno messo fine al monopolio, rendendo i cieli europei alla portata di tutti. Nel 1998, per la mia tesi di laurea, sono stato costretto ad andare a Londra in autobus perché quella tratta aveva davvero prezzi da capogiro. Lo stato comoso di Alitalia mette fine alla casta dei piloti e degli assistenti di volo, abituati ad essere super pagati e a ricevere continui benefit, facendo rizzare i capelli ai colleghi europei. Li vedi arrivare in rogorosa divisa la mattina in aereoporto, a Fiumicino come a Malpensa, belli e lindi come Ken e Barbie. Hanno quella puzza sotto il naso e quello sguardo superbo tipico di pensa: “Chi cazzo se ne frega, chi mi toglie più dal trono”. Girovagando in rete si trovano una marea di dati allarmanti: tutto sommato un pilota vola per una media di “93 minuti al giorno” e pretende da Alitalia più di 108.000 euro all’anno. Per non parlare degli assistenti di volo che, con un buon grado di anzianità, possono azzuffare in busta paga fino a 87.000 euro. Mio padre ha lavorato con diginità all’Enel per 35 anni come caponucleo, rischiando ogni volta di scapezzarsi. Non metteva a repentaglio pure lui la vita quando si arrampicava con la squadra sui pali della luce? O il pericolo è solo di chi vola? Da ragazzino sognavo di essere figlio di un pilota per potermene andare a zonzo gratis in tutto il mondo. Oggi sono fiero che il mio papà abbia indossato “una tuta blu” , e non quella “divisa verde da casta” che nasconde sotto “merda e feccia”.

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