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Napoli, Totò e l’oltraggio al cimitero cittadino

tomba150Ha destato scalpore la notizia di alcuni giorni fa del furto dello stemma nobiliare sulla tomba di Totò. Nessuno si sarebbe mai aspettato che i napoletani oltraggiassero il luogo dove riposa il Principe del sorriso. Per fortuna l’oggeto è stato ritrovato, ma Liliana De Curtis picchia duro e minaccia di chiudere il sepolcro. Comprendo l’indignazione e la rabbia, ma privarci di porgere il nostro omaggio a questo grande artista sarebbe un grave errore. Piuttosto bisognerebbe mettere in discussione la pessima gestione del cimitero da parte del comune di Napoli.  E non mi riferisco soltanto all’area del monumentale, ma anche a quella del “cimitero vecchio” tra Poggioreale e la Doganella. Ci sono passato alcuni giorni fa a visitare i miei nonni e ho ritrovato alcune zone totalmente abbandonate. A questo punto mi chiedo: non è forse più “oltraggioso” il totale disinteresse da parte delle istituzioni locali e la strafottenza di alcuni dipendenti a tutelare lo storico cimitero cittadino? Eduardo De Filippo aveva ragione a sostenere che “i vivi fanno più paura dei morti”. In questo caso, aggiungerei infangando la memoria dei nostri cari defunti!

‘A livella e gli eccessi del 2 novembre

“Ogn’anno, il due novembre, c’é l’usanza per i defunti andare al Cimitero. Ognuno ll’adda fà chesta crianza; ognuno adda tené chistu penziero.” Per chi non li avesse riconosciuti, questi sono i primi versi di ‘A livella, meravigliosa poesia scritta da Antonio De Curtis, in arte Totò. Il Principe del sorriso ci ha donato una suprema riflessione in versi: volendo o non, dinanzi alla morte torniamo ad essere tutti uguali. Per me il 1 e il 2 novembre sono giorni particolari. Nella mia famiglia li dedicavamo ai nostri defunti, non tanto per fare “lo struscio” al cimitero, ma per pensare ai nostri cari che non c’erano più. Nei cimiteri del Sud vivevo quasi un’aria di festa, vedendo fin da piccolo migliaia di persone assiepate ovunque. Peccato però che poi durante l’anno c’era il deserto. Non sono qui per discutere sulla scelta di visitare un defunto al cimitero, piuttosto sulle lotte inutili per acquistare la cappella di famiglia, per avere la lapide più bella o svuotarsi il portafogli a tutti i costi per il sovraccarico di fiori. Questo atteggiamento tra folclore e mania di protagonismo – per non parlare dei titoli ed appellativi che notavo sulle lapidi- mi ha sempre stizzito, anche oggi che vivo lontano da Napoli. De Curtis concludeva così: “Sti ppagliacciate ‘e ffanno sulo ‘e vive: nuje simmo serie… appartenimmo â morte!”. Nel piccolo cimitero della provincia di Napoli, dove sono sepolti i miei nonni paterni, ho osservato anno dopo anno gente che voleva affermare il suo ruolo sociale anche al di là di quel cancello. Alla faccia di quella mentalità feudale e delle famiglie borghesotte e provinciali, io preferisco ancora un petalo di rosa e un crisantemo per ricordare che la morte è una cosa troppo seria. Smettiamola di trasformare il 2 novembre in una farsa carnevalesca!