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Benvenuti nel Sanremo 2015 di Carlo Conti, karaoke dei “Migliori anni”

Rosario PipoloOgni anno ci portiamo avanti con una vena polemica che ci fa rimpiangere i Festival di Sanremo precedenti nonostante, da alcuni anni a questa parte, puntualmente non ricordiamo il titolo della canzone vincitrice dell’edizione precedente.

Questo Sanremo 2015 ha tutte la carte in regole per riproporre sul palco dell’Ariston il karaoke dei Migliori anni, la fortunata trasmissione di Carlo Conti che ricompone il Belpaese ammalato di nostalgia canaglia. Prima del siparietto buzzurro di Albano e Romina, ci pensa la famiglia più numerosa d’Italia a riproporre in prima serata la famiglia Mulino Bianco catto-democristiana.

Se non fosse per la delicata e vaporosa Io sono una finestra di Grazia Di Michele, che ci ha tolto di dosso l’odioso travestimento di Platinette per restituirci il sincero Mauro Coruzzi, staremmo ancora a cantare banalmente Felicità.
Quel fottuto “panino e bicchiere di vino” non appartengono più all’illusione del benessere economico del Pentapartito degli anni del riflusso ma ai litigi ridicoli di Albano e Romina, che giocano a fare la coppia appassita dell’Horror Picture Show sanremese, nella nuova vallettopoli delle Emma e Arisa, caricature degne del prossimo film di Quentin Tarantino.

E le canzoni? Non ci sono. Basta ascoltare la Chiara o l’Annalisa di turno per convincerci che siamo tornati alle canzonette che ammazzarono i rivoluzionari alla Luigi Tenco. Grignani ci aveva illusi che, con la sua Sogni infranti, saremmo tornati alla bella époque dei cantautori; i Dear Jack riciclano la lagna dei Modà; Lara Fabian sembra la Oxa del Belgio; Nesli ci fa rimpiangere amaramente Grazie dei Fiori (roba di sessant’anni e passa); Alex Britti e Malika Ayane si sono già sentiti; Nek pensa al look e non  alla canzone, tanto da sembrare venuto fuori dalla pellicola Il pianeta delle scimmie.

Non ci resta che piangere – per citare il saggio Troisi nel Festival incapace di ricordare “i due Pino” (Mango e Daniele) – a meno che le canzoni dei giovani in gara non ci stupiranno a tal punto da rinnegare tutto.
Preferisco tenermi stretti i lettori che mi seguono nel mio live tweet e, in particolare modo, la mia Melina S. che, con garbo e aria domestica, sa ricordarmi: nonostante tutto, il festival di Sanremo riesce a riportarci col cuore ai ricordi di famiglia.

Tutto il resto è noia: via in fretta da Sanremo 2014 senza né vinti né vincitori

Rosario PipoloAbbiamo smaltito già il colpo basso del televoto del Festival di Sanremo. Neanche più ci ricordiamo chi è arrivato in cima all’Ariston. Non ricordiamo né vinti né vincitori di questo Sanremo 2014, riflesso del Belpaese in una pozzanghera che vorrebbe sotterrare “contro vento” la musica sotto la melma.

Dimenticheremo in fretta le canzoni dei Big – che poi BIG non sono stati – nonostante Spotify e Deezer si facciamo la guerra ai tempi della “musica liquefatta” e isolino la singola canzone dalle compilation sanremesi a cui eravamo abituati ai tempi di cd e vinile.
Dimenticheremo in fretta le canzoni di questo Sanremo che si è ostinato a cercare la bellezza tra la puzza dei vagoni della cronaca, della storia televisiva del Servizio Pubblico, negli sketch noiosi che scimmiottavano i bei tempi del varietà.

“Grazie dei fior” che non abbiamo ricevuto perché anche le rose e le margherite sanremesi sono state epurate dal Festival così come le canzoni che non hanno avuto tempi e spazi giusti. Siamo un paese governato dal giovanilismo di cartone politico e poi all’Ariston i giovani vedono un microfono dopo mezzanotte. Per fortuna le Nuove Proposte hanno energia e spaccano lo schermo.
Dimenticheremo in fretta le canzoni di questo Festival di Sanremo. A far rimbalzare questa volontaria smemoratezza ci sono un inatteso flashmob musicale, la triste notizia della scomparsa del “Grande Joe” del Banco o la poetica ninna nanna di un songwriter americano convertito all’Islam. Salviamo almeno queste tre polaroid.

Dimenticheremo in fretta il rapper, che ha rivestito “la terra dei fuochi” di “terra del sole”, se nel giro di qualche anno il suo pubblico lo trasformerà da ranocchio nel bel principe dei “neomelodici”.
Dimenticheremo in fretta il buonismo o l’acidità social che gironzola sui tacchi a spillo nei giorni festivalieri. Tanti sono convinti che per giudicare una canzone basta essere ciò che non siamo.

Non ci resta che piangere? No, perché Sanremo è Sanremo. E se tutto il resto è noia? Ci siamo fregati con le nostre stesse mani, perché non c’è Franco Califano a cantarci il refrain.

Sanremo 2010, Tony Maiello scippa la vittoria a Nina Zilli

Castellamare di Stabia – la città che ha dato i natali a Raffaele Viviani ed Annibale Ruccello – sale sul podio del Festival di Sanremo con la vittoria di Tony Maiello nella categoria Giovani. Il timido cantante campano, sotto l’ala protettiva della scuderia di Mara Maionchi e le magie del Televoto,ha strappato con il brano Il linguaggio della resa la vittoria a colei che meritava lo scettro: Nina Zilli. Vince la melodia scontata, la canzonetta in puro stile sanremese che non ha niente a che fare con il “fattore X”. Maiello fa solo tenerezza, soprattutto quando il padre si fionda sul palco ad abbracciarlo e la serata si chiude secondo il copione della sceneggiata napoletana. Un 2010 che dimenticheremo in fretta perché quelle che dovevano essere le nuove promesse, si sono rivelate davvero un tonfo, a parte la Zilli con L’uomo che amava le donne e qualche timido accenno traversale tra gli esclusi Romeus e La Fame di Camilla. Il varesino Luca Marino può consolarsi perché sono convinto che la sua sarà il tormentone radiofonico dei prossimi mesi. Antonella Clerici e il suo Festival hanno maltrattato i giovani: io avrei mantenuto il tabù dell’inedito, mettendo in gioco più canzoni e dando più visibilità alla vera linfa dell’Ariston. Diciamocelo francamente: questo è il Sanremo dei Big, ma anche il Festival che si piega sfacciatamente ai ricatti del Televoto. Passano in finale Pupo ed Emanuele Filiberto tra i fischi della platea (che caduta di stile l’intervento di Marcello Lippi in loro difesa!), mentre tornano a casa Enrico Ruggeri (simpatico il duetto con i vecchi Decibel) e Fabrizio Moro. Quale brutta sorpresa ci aspetta dietro l’angolo? Lo sapremo stasera, ma io vorrei chiederlo al francese Bob Sinclair, il dj principe dello show di ieri sera.

Sanremo 2010 atto I: giù il Principe dall’astronave!

L’edizione numero 60 del Festival di Sanremo meritava un inizio diverso:  siamo nel classico polpettone serale dei palinsesti Rai o sul palco dell’Ariston? Troppo televisivo: nel prolungato siparietto d’apertura di Bonolis e Laurenti (extended version del solito teatrino pubblicitario?), nella goffaggine di Antonella Clerici, che pensa di stare ancora a La Prova del cuoco tra Cassano, che gioca a fare il simpaticone, e il fantasma di Morgan, l’esluso omaggiato con la lettura dei versi del suo pezzo.  La scenografia è salvabile, se non fosse per quell’astronave oscena che ci prepara a “gli incontri ravvicinati del terzo tipo”: chi sono i marziani? Pupo ed Emanuele Filiberto, in coppia per la canzone più brutta di questo primo atto,  la cui squalifica è segno che le coppie fatte a tavolino non funzionano più e i venti nostalgici del Belpaese monarchico soffiano in soffitta. Avrei tenuto Nino D’Angelo e Maria Nazionale per il sound pseudo folk – senza essere filopartneopeo – e mi sarei liberato volentieri dello zucchero filato dei Sonohra e Arisa. Il principe di “Amici”, Valerio Scanu, raggiunge la sufficienza, ma la sua canzone sembra una traduzione in italiano di un mieloso brano napoletano, fatto su misura per un neomelodico. Enrico Ruggeri, Toto Cutugno e Fabrizio Moro si autocitano e fanno autogoal, mentre si inizia a respirare con la satira spigolosa di Simone Cristicchi e l’inno istrionico di Povia, dedicato ad Emanuela Englaro (le polemiche sull’eutanasia lasciamole fuori dall’Ariston, per favore). Funziona Irene Fornaciari con i Nomadi perchè dietro Il mondo piange c’è lo zampino di papà, mentre si avviano in vetta gli energici  Irene Grandi, Marco Mengoni e Noemi. In alto al momento c’è una sola ninfa, la cui voce è sospesa tra cielo e terra con la delicata Ricomincio da qui: Malika Ayane.  E’ ancora troppo presto per parlare, perchè la giuria sanremese ci riserva brutte sorprese. Stiamo a vedere, tanto la vera regina della prima serata è stata Susan Boyle, la migliore invenzione di un talent show!

Sanremo Web, Ania la vincitrice “sfigata”?

ania150Il Festival di Sanremo si è concluso da pochi giorni e non si fa altro che parlare su blog e forum di Marco Carta e Arisa, al di là di ogni polemica.  E’ passata troppo in sordina Sanremo Web, la prima competition online proposta dal festivalone di Bonolis.  E la vincitrice? C’è e si chiama Ania, partenopea di nascita e milanese d’adozione, che ha stravinto in rete con il brano Buongiorno gente. Questa volta non mi soffermo né sull’interprete né sull canzone, bensì sulla poco attenzione che la macchina festivaliera ha datto a Web Sanremo 59. L’esibizione di Ania  è stata lampo e poco valorizzata. Gli altri partecipanti della gara online sono diventati manichini ed hanno occupato un pezzo di scenografia di Castelli. Il Sanremo di Bonolis ha finto  di essere a passo coi tempi, usando la macchina del web come semplice vetrina. L’episodio più sconcertante è relativo al salotto di Baudo all’interno dell’ultima puntata di Domenica in. Ania è uscita fuori come “la sfigata della situazione” perché fa parte della scuderia di un’etichetta indipendente e il suo trofeo è frutto di voti di smanettoni della rete. C’è ancora chi ha il coraggio di demonizzare Internet?  Chi fa il mio mestiere dovrebbe ammettere una volta per tutte che la rete è l’unica via di scampo per fuggire dallo star system dell’industria discografica tradizionale. E meno male che esiste  Myspace e tanta altra roba, da cui  è possibile scovare proposte musicali interessanti e meritevoli di finire all’Ariston. Questa è la ragione – per la fortuna della generazione del web 2.0 – per cui il Festival di Sanremo ha perso da un bel pezzo il monopolio di trampolino di lancio delle nuove promesse della musica italiana.

Sanremo 2009 e la vittoria immeritata di Marco Carta

marco150Il Festival di Sanremo alza o abbassa la pressione. In questa edizione 2009 sia le nuove proposte sia i Big sono usciti fuori pista, facendoci soffrire di ipertensione. Marco Carta, ex divo del talent show Amici, ha vinto il Festival numero 59 della canzone italiana con il brano La forza mia. Sarà stata la presenza all’Ariston della madrina Maria De Filippi o qualche inghippo al famigerato televoto a far vincere una canzone dagli eccessi melodici. Un trionfo immeritato? Ieri con Arisa, oggi con Marco Carta ci vien voglia di vagabondare nel web alla ricerca delle decine di alternative tra innovazione e sperimentazione a cui il Festival di Sanremo ci ha disabituati. Tiziana, una lettrice di questo blog, ha criticato la mia disapprovazione per Arisa replicando: “Quello che conta in un mondo che corre veloce è la comunicazione. Si svegli, siamo a Sanremo 2009!”. La questione non è tanto il trionfo di una canzone da canticchiare domani “sotto la doccia”, bensì il rammarico perché i giovani musicisti non osano più, sperimentando o rischiando. Alcuni vecchi cantautori di oggi sono i giovani di ieri, quelli che all’Ariston vincenti o perdenti lasciavano un segno. In “un mondo che corre veloce” abbiamo bisogno di caricare sul nostro I-Pod soltanto canzoni usa e getta. Vittorie come quella di Marco Carta restano cotte emotive destinate a durare qualche stagione, per la fortuna o la sfortuna di chi fa il mio mestiere. L’unica consolazione resta il successo di Paolo Bonolis, l’assoluto trionfatore di questa contestata edizione sanremese: ha salvato il salvabile, ha dimostrato al Belpaese di avere ancora bisogno del suo Festival (i reading degli inediti di penne prestigiose); ha riacceso un flirt tra passato e futuro (i duetti tra vecchi leoni e nuove proposte); ha restituito al testo la centralità funzionale nel corpo della canzone (i pezzi dei Big valorizzati dalla recita di attori), si è sforzato di fissare un punto di incontro tra show televisivo e show musicale. Il regno di Bonolis può essere un’auspicabile soluzione transitoria ad un nuovo Festival, orgoglioso delle sue radici, ma consapevole dei dovuti cambiamenti. E’ l’unico destino per vivere una nuova e lunga giovinezza. Adesso tocca al pubblico scegliere il vero vincitore, magari tra gli esclusi come gli Afterhours, sbattuti fuori ingiustamente.

Sanremo 2009, Arisa vincitrice indegna delle nuove proposte

arisa1501Nei giorni scorsi più di qualcuno sotto il palco dell’Ariston si è chiesto se Arisa “c’è o ci fa”. Questa formula già collaudata ha funzionato così bene che è proprio Arisa con il brano Sincerità ad essere vincitrice delle nuove proposte della 59a edizione del Festival di Sanremo. Una vittoria che può destare sgomento perché la sezione dei giovani sanremesi aveva alcuni bocconcini prelibati. I vincitori morali restano tre: Simona Molinari, Malika Ayane e Karima perché una di loro avremmo voluto vedere sul podio. Colpo di scena, Arisa è incoronata “reginetta” e Sanremo ci fa cadere di nuovo nello sconforto, nel dubbio e nell’incredulità, nel mistero dei “calci in culo” all’italiana, nel dubbio amletico del televoto giocattolo, nella contraddizione fiseologica che ha permesso a Sanremo Lab di procreare la brava ,”l’egocentrica”, Simona Molinari e il personaggio insignificante, scemotto e vintage da manga chiamato Arisa. Rosalba Pippa (questo è il suo vero nome) è genovese di nascita, ma lucana d’adozione. Ha vissuto una bella favola, da diplomata estetista al sogno di entrare dalla porta principale dell’Ariston di Sanremo con questo look retrò. La vittoria di Arisa è la beffa del Sanremo di Bonolis perché tra qualche anno nessuno se ne ricorderà più e Arisa sarà sepolta negli annali del festival. Se così non fosse, quelli come me saranno costretti a cambiare mestiere perché la musica sarebbe affollata di canzonette. Resti tra noi e “con sincerità”!

Sanremo 2009 atto III, duetti salvafestival

sanremo-20091501I duetti non sono una novità all’Ariston, fanno parte del dna sanremese fin dagli albori. Tuttavia, Paolo Bonolis gioca una carta vincente per la terza serata del Festival di Sanremo, musicalemte la migliore delle tre. Finalmente spazio ai giovani subito, senza dover aspettare fino a tarda notte e meno siparietti comici inutili. Il ritorno di qualche “figliol prodigo” sanremese come Riccardo Cocciante, Massimo Ranieri, Zucchero, Gino Paoli e Lucio Dalla hanno creato una bella atmosfera, costruento un ponte tra vecchia guardia e giovani promesse. La migliore performance resta quella di Karima, accompagnata dal piano raffinato di Burt Bacharach e la voce indecifrabile di Mario Biondi. Delicata l’accoppiata Malika-Paoli, insuperabile Simona Molinari con o senza Vanoni (E se fosse “Egocentrica” la canzone regina della sezione nuove proposte?), mentre Irene se la gioca in famglia, accompagnata da papà Zucchero e la sua combriccola! Fa uno strano effetto vedere il professor Vecchioni leggere sul gobbo il testo della canzone di Chiara Canzian o Pino Daniele strizzare l’occhio alla Napoli bassoliniana. L’unica nota stonata della serata è l’apertura con la musica di  Giovanni Allevi, che magari ha fatto rivoltare nel sofà di casa Uto Ughi (“La sua musica mi offende!”, da Panorama del 19/02/2009). Insomma, la musica è tornata protagonista del festival, senza risparmiare a Bonlis la grana del televoto “truccato”. Il mistero a Sanremo fa parte della genetica della manifestazione. Vecchie leggende ci riportano indietro all’Ariston del Pentapartito, nel Belpaese spartito tra socialisti e democristiani, dove si investivano soldi per comprare schedine Totip e stravolgere all’ultimo minuto la classifica dei vincitori.