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Elezioni 2013: The winner is Beppe Grillo, il comico “censurato” da Socialisti e Democristiani

Rosario PipoloGli italiani hanno memoria corta. Me lo ricordo quel sabato sera del 1986 davanti al nostro televisore a colori Voxon ad otto canali. Erano i tempi del gran varietà, erano i tempi di Fantastico. Beppe Grillo fece lo sgarro e Bettino Craxi non gliela fece passare liscia dopo l’insidiosa battutaccia. Da quando i Socialisti erano passati al timone del Pentapartito avevano ereditato la lezione dei Democristiani: meglio la “censura” da leoni che passare per una ciurma di coglioni.

Il comico genovese fu sbattuto fuori dalla RAI – ai tempi i trilli telefonici di Montecitorio e Palazzo Madama facevano tremare viale Mazzini – e il cane bastonato cominciò ad usare il teatro per abbaiare contro la Prima Repubblica. A quasi trent’anni da quel sabato sera, le vecchie glorie del Pentapartito sono roba da libri di storia, il gran varietà televisivo è morto, le zozzerie di Tangentopoli continuano a tentarci, soffia il vento del populismo, ma Beppe Grillo si è preso il tempo necessario per trasformare la rivolta di un comico in una rivoluzione civile: è lui il vero vincitore di queste Politiche del 2013.

Gli istant poll hanno preso una cantonata a parlare di “Terza Repubblica” e il sentiment dei social network per certi versi è stato come la profezia dei Maya. Il “centrismo” tecnico di Mario Monti ha fatto un buco nell’acqua, il “vendolismo” rincasa in Puglia, Silvio Berlusconi è resuscitato e la partita alla Camera, se non fosse per “il contentino da maggioranza”, sarebbe finita in un pareggio netto con Pierluigi Bersani.
Il Senato è completamente paralizzato e la voglia di rottamazione del guascon fiorentino Matteo Renzi (Su Twitter circola la preghiera “Matteo, torna e salvaci tu!”) ha portato iella a qualche “santino” del Paese per vecchi che ci ritroviamo ad essere. Tra i grandi esclusi ci sono Di Pietro, Fini, Bonino e Storace, mentre Casini è salvo per un pelo.

In tutto questo caos, c’è una sola certezza. Il Movimento 5 stelle di Beppe Grillo è il primo partito in Italia ed ha i numeri necessari per tirare “scappellotti” a destra e sinistra. Gli umori di piazza Affari sono così volubili che mi sembra di essere tornati ai tempi dell’autogestione a scuola. Oggi è così, siamo un paese autogestito, abbiamo mandato a casa i professori, abbiamo le aule tutte per noi, con la verve studentesca di poter mettere nel registro i voti che vogliamo. Tuttavia, l’utopia dell’autogestione scolastica rischia sempre di consumarsi in una bevuta di vino in compagnia o in una partitella a carte. Può succedere anche ad un governo traballante dalle larghe intese, non sempre destinato a fare con coerenza gli interessi degli elettori. Persisterà il tirare a campare del vecchio Belpaese? Oggi è così, domani si vedrà.

  Italy tumbles into ‘chaotic uncertainty

MoVimento 5 stelle: Protesta o proposta?

Non si sa quanto resteranno illuminate le “5 stelle” del MoVimento di Beppe Grillo: i pareri e le previsioni sono discordanti. Il piccolo diavolo della politica italiana può essere accostato ad una Publitalia in miniatura stile revolution o ad un’ammucchiata di scontenti di come vanno le cose in Italia, che, invece di trovarsi al bar sotto casa, si incontrano dove capita.

I grillini se la suonano e se la cantano: si reputano gli alfieri della “proposta”, ma, facendo qualche conticino con l’aiuto del pallottoliere, sono l’urlo rabbioso della “protesta”. E ci sta in un’Italia in cui i buoni propositi della Seconda Repubblica si sono rivelati la più grande illusione data in pasto agli italiani, spazzando via il ceto medio.
I politici e i politicanti di mestiere – da Sinistra a Destra passando per un Centro ballerino – devono farsene una ragione. Hanno perso ogni credibilità. E non lo confermano soltanto sondaggi e i risultati delle ultime amministrative, ma la strafottenza che si legge in giro sulle facce della gente.

Smettiamola di stemperare la precarietà con il languido buonismo. Qui la questione non è né radunare l’Armata Brancaleone né cibarsi del “giornalettismo” sensazionalista che grida al ritorno delle Brigate Rosse in Italia. Ci vorrebbe del buon senso. E senza questo anche gli apostoli di Beppe Grillo finiranno per scannarsi come è accaduto nelle liste civiche dei paesotti, in cui tra gli infiltrati c’erano figli e nipoti dei vecchi orchi della politica locale. Andando di questo passo, siamo ancora lontani dalla Terza Repubblica.

Santoro il Re-Rai per una notte nell’Italia della censura

Meno male che è finita la campagna elettorale e da stasera in tv tutto torna alla normalità. Ahimè, dobbiamo rivedere Bruno Vespa e il suo salottino per commentare i risultati elettorali, ma facciamocene una ragione. Del resto l’Italia è tornata a censurare come negli anni cinquanta del secolo scorso, sotto il regime democristiano, dove se non eri allineato erano davvero “cacchi” amari. Michele Santoro ha alzato il polverone dopo la contestata decisione di oscurare i talk show nel periodo della campagna elettorale. La Rai accetta le regole, ma Santoro e pochi altri non ci stanno. Così è spuntato l’evento mediatico anti-censura. Raiperunanotte, in poche parole Annozero show dal Paladozza di Bologna, ha fatto boom di ascolti, tra web, emittenti locali e Sky Tg 24. Michele Santoro buca lo schermo, mentre i duetti tappabuchi da palinsesto non funzionano – Dalla & De Gregori revival – perchè non è vero che la jeunesse italiana è disinteressata alla politica e al futuro del Paese. L’uragano Santoro-Luttazzi ha avuto il suo effetto, mentre i risultati elettorali potrebbero essere scapigliati da un voto di protesta. Quello che molti giovani e i blogger di frontiera potrebbero dare a Beppe Grillo, un’altra vittima della censura. Esiste o no ancora il diritto di manifestare in Italia? Mi pare di no: la settimana scorsa dinanzi al Vaticano, la polizia ha bloccato la protesta dell’Associazione delle vittime americane dei preti pedofili. Pardon, dimenticavo che quello è “un altro Stato”!

Stefano Cucchi, dov’è la giustizia?

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Rosario PipoloE’ trascorso quasi un mese dall’arresto di Stefano Cucchi, il giovane morto misteriosamente nel carcere di Regina Coeli. Cucchi era stato preso dai carabinieri perchè in possesso di stupefacenti e poi è finito dietro le sbarre in attesa dell’udienza definitiva. La notizia improvvisa della sua scomparsa ha destato scalpore ovunque. Per chi vuole recuperare qualche puzzle del fatto di cronaca può rileggere l’intervista alla sorella e al padre di Stefano, rilasciata al Blog Beppe Grillo. Dopo aver visto in rete video e foto raccapriccianti, c’è ancora chi cerca di convincerci che Cucchi non sia stato riempito di botte. Picchiato dove, in carcere o in tribunale? Fantasticherie o uno sfizio goliardico di una paio di guardie penitenziarie? Il sottosegretario Giovanardi ha dichiarato il 9 novembre: “Stefano Cucchi era in carcere perché era uno spacciatore abituale. Poveretto, è morto, e la verità verrà fuori, soprattutto perchè pesava 42 chili”. A cosa serve liquidare una fine così tragica? Se il caso Cucchi finisse sotto il tappeto, sarebbe l’ennesimo errore dell’Italia e la rivalsa della tendenza a nascondere gli scheletri nell’armadio. Ieri è venuta fuori la testimonianza di chi sostiene che “il pestaggio sia avvenuto in tribunale”. La giustizia non può attendere nel rispetto della famiglia e di chi ha espresso apertamente solidarietà e indignazione.

Ma quale privacy?

Siamo asfissiati dalla salvaguardia della privacy: nella quotidianità ci ricordano che dobbiamo rispettare le norme.E il cittadino chi lo tutela? Eppure continuiamo ad essere spiati da telecamere in strada, mentre sul web succede il finimondo. L’Agenzia delle Entrate si è permessa di spiattellare in rete i redditi degli italiani, mentre gli sciaccalli di Internet ne hanno subito approfittato. Il quotidiano Il Messaggero ci informa che alcuni giorni fa “un dipendente di un comune della Toscana è stato iscritto nella lista degli indagati per aver venduto on line al prezzo di 20 euro una copia della dichiarazione dei redditi del 2005”. E gli italiani? Una parte ha già dimenticato, un’altra si è affidata alle associazioni dei consumatori per chiedere i danni. E i Vip? Qualcuno ha fatto la faccia storta per la delusione innescata. Pensate al popolo dei “grilli parlanti”,dopo aver scoperto che Beppe Grillo guadagna più di quattro milioni di euro all’anno. Niente paura: i fedelissimi hanno trovato l’escamotage per difendere il profeta dei blog!