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Greta e Vanessa, oggi ostaggi dell’Italia cinica divisa a metà

Rosario PipoloChe i social network siano la piscina in cui galleggiano le frustrazioni di più della metà degli italiani non è il tender del 2015. E’ qualcosa che ci trasciniamo dietro da diversi anni ed ora, dopo il polverone sulla liberazione di Greta e Vanessa, ne abbiamo la prova.

Per una ristretta minoranza le due giovani lombarde sono cooperanti partite per la Siria insanguinata dalla guerra civile.
Per la maggior parte Greta e Vanessa sono “le due puttanelle padane” che gliel’hanno fatta vedere pure “ai guerriglieri”; che hanno strizzato l’occhio al Jihadismo terroristico; che potevano farlo a casa loro questo “maledetto volontariato”, perché potrebbe esser costato un riscatto di 12 milioni di euro.

E chi tira le pietre a Greta e Vanessa è per lo più il popolo dei social network, che si arroga il diritto di commentare qualsiasi notizia come fosse il più autorevole cronista.
Chi è senza peccato, scagli la prima pietra, anche se vittima di fancazzismo e odioso qualunquismo. Sarebbe da dire che, con tutta la disoccupazione straripante in Italia, ritrovarci più “volontari” risulterebbe più dignitoso anziché proteggere una ciurma di parassiti, che tira le cuoia all’assistenzialismo statale o pratica assenteismo dal posto di lavoro, senza sapere neanche dove sia localizzata Damasco.

E chi tira le pietre a Greta e Vanessa è anche il politico che strumentalizza la “misteriosa faccenda” per la prossima campagna elettorale. E qualche volta – quasi fosse una beffa alla cialtroneria del Belpaese – capita pure che il J’accuse parta dalla stessa classe politica, che tempi addietro, fu trovata con le mani nella marmellata ad inserire tra i rimborsi di lavoro vacanze esotiche, carta igienica e fumetti.

Dopo aver stretto la cinghia per pagare Tarsi e Tasi, vuoi vedere che ogni abitante della Lombardia non sia così generoso da aggiungere 1,20 euro in un anno, il costo di un cappuccino, e contribuire così a saldare l’eventuale riscatto pagato per liberare Greta Ramelli e Vanessa Marzullo?

L’angelo caduto in volo: Yara non è un cadavere!

Un lunedì qualunque, ma a Napoli. Piove in continuazione, senza sosta e la storia è la solita: non si vede un autobus neanche a pagarlo, perché questa città ha perso il pelo, ma non il vizio mentre gli ex governatori se la godono ai tropici. Va in tilt per pochi schizzi d’acqua. Le prime pagine dei giornali, esposti all’edicola all’angolo di piazza Garibaldi, lacrimano inzuppati d’acqua. Sul quotidiano il Mattino campeggia il titolo che elegge le barbarie umane e ci ricorda che Yara Gambirasio, la tredicenne scomparsa il 26 novembre scorso, adesso è un cadavere. Questo non è un lunedì qualunque, perché fino a sabato scorso, abbiamo sperato che fosse da qualche parte, chissà dove a sognare, a progettare per il futuro che una ragazzina della sua età dovrebbe avere sempre a portata di mano. E l’Italia tutta è stata freddata dalla notizia, nell’ultimo sabato di febbraio che scivola via, egoista e avaro di buone notizie.
No, questa volta non ci stiamo. Non la vogliamo l’ennesima telenovela dell’orrore; non vogliamo sapere il numero di coltellate e giocarceli a lotto come se fosse un numero portafortuna; non vogliamo invadere la privacy della famiglia, rinchiusa nel bunker del dolore. Piuttosto vogliamo sapere perché non abbia fine la mostruosità dell’uomo, perché gli orchi e gli assassini, che sono tornati ad abitare la nostra quotidianità, siano ancora  divi della cronaca nell’uragano mediatico. Per favore, che la giustizia continui ad indagare per scoprire i colpevoli, ma noi vogliamo restarne fuori.
Vorremmo provare a capire cosa sia il dolore per la perdita di un figlio, la caduta che ti compromette tutto il resto della vita, come il travaglio interiore del protagonista del film “La stanza del figlio” di Nanni Moretti; vorremmo provare a capire se una canzone possa farci sperare che Yara abbia messo già le ali per diventare l’angelo della porta accanto; vogliamo capire se la storiella dell’inferno, che le suorine davano in pasto ai bambini monelli, fosse una crudele invenzione di altri tempi, perché i diavoli e gli inferi sono qui, sotto i nostri piedi.
No, non ci stiamo. Se dobbiamo coabitare con l’orrore, allora è legittimo vergognarci di appartenere alla razza umana e invidiare i nostri amici a quattro zampe che erroneamente vengono chiamati bestie. A Napoli continua a piovere, senza sosta, e chissà quante ragazzine come Yara in questo preciso istante stanno subendo un oltraggio, una violenza, mentre la comunità fa finta di niente nel guscio dell’omertà.
Allora stasera rincasando, soprattutto se siamo genitori, porgiamo l’orecchio ad un invito di Giovanni XXIII: “Cari figlioli, tornando a casa, troverete i bambini: date una carezza ai vostri bambini”. Facciamolo, e non perché resti soltanto un gesto d’amore, ma perché dobbiamo proteggerli a qualsiasi costo, senza compromessi. Sono loro a restituire dignità al miserabile mondo degli adulti.