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Don Raffaè 2012: Ciccirinella, ex compagno di cella, sta fuori, amministra palazzi, consensi e lacché

Io mi chiamo come mia madre mi ha fatto e sono finito nel carcere senza sape’. Avevo un nome straniero e sto a Poggio-Reale dal 2012. Alla centesima parola che non capisco, ho chiesto se c’era un uomo speciale che parlava con me. L’ho trovato al braccio speciale. Tutto il giorno vedo in tv quattro infamoni briganti, papponi, cornuti e lacchè. Che fetenzia quella faccia che sputa minaccia e se la prende con me, figlio dall’Africa nera. Perché lui là e io qui?
Ma alla fine mi sento meno solo, mi sbottono, leggo il giornale e chiedo spiegazioni al vecchio Don Raffaè. Mi spiega che penso e bevimm’ò cafè.

A comme è amaro ò cafè, neanche in carcere ‘o sanno fa, perché Ciccirinella, ex compagno di cella, sta fuori, amministra palazzi, consensi, puttane e lacché.

Prima pagina, venti notizie inutili, cento ingiustizie nascoste e lo Stato che fa? Facebook si costerna, Twitter s’indigna, lo Stato s’impegna e poi finge di alzare la testa con gran dignità.
Mi scervello, capisco meglio il napoletano, per fortuna c’è chi mi risponde, a quell’uomo immenso io chiedo consenso al vecchio don Raffaè: Un falso galantuomo, eletto dal popolo, dovrebbe stare in carcere al posto mio, mentre guappi di cartone, che Dio li perdoni, spargono sangue tra infamie e miseria. A voi una volta bastava una mossa, una voce. Con rispetto s’è fatto le otto per guardare il tiggì, volite ‘a spremuta con la pillola per la pressione o volite ‘o cafè?

A comme è amaro ò cafè, neanche in carcere ‘o sanno fa, perché Ciccirinella, ex compagno di cella, sta fuori, amministra palazzi, consensi, puttane e lacché.

Qui ci sta l’inflazione, la svalutazione, forse torniamo alla lira e la borsa ce l’ha chi ce l’ha. Io non tengo compendio che chillo stipendio non mi basta per le cure di mamma e papà. Aggiungete mia figlia zitella che serva-badante non vuole essere più. Non chiedo la grazia pe’ me, vi faccio la barba o la fate da sé. Voi tenevate un cappotto cammello che al maxi processo eravate ‘o chiù bello, un vestito gessato marrone così ci è sembrato su YouTube. Vi prego Eccellenza, ditemi se i disonesti stanno qui dentro o stanno fuori, perché altrimenti sapete cosa vi dico? Io resto qui.

A comme è amaro ò cafè, neanche in carcere ‘o sanno fa, perché Ciccirinella, ex compagno di cella, sta fuori, amministra palazzi, consensi, puttane e lacché.

Qui non c’è più decoro vacanze da lusso su isole lontane, ma chi l’ha mi viste chissà. Chiste so’ fatiscienti pe’ chisto i fetienti, se tengono l’immunità. Don Raffaè un dì voi politicamente, ma chi caspita sono questi falsi santi, ma ‘ca dinto io sto a pagà senza permesso di soggiorno e fora chiss’a. A proposito ho visto bravi laureati che da quindici anni stanno disoccupati, hanno fatto quaranta concorsi, novanta domande e duecento ricorsi. E adesso chi glielo darà il conforto e il lavoro?

Don Raffaè, che zoza ch’è chisto cafè.*

*Ispirato liberamente alla canzone “Don Raffaè” di Fabrizio De Andrè

 Fabrizio De André, Don Raffaè

  Testo originale

 Via del Campo

Ustica e lo Stato che non vuol pagare: I panni sporchi si sciacquano

Non basta rivedere il film “Il muro di gomma” di Marco Risi o cazzeggiare in rete per capire quanto pesino le frottole ambulanti intorno al mistero di Ustica. Bisognerebbe farsi fare un abito su misura con tutti i ritagli di giornale di una trentina d’anni fa, quando quell’aereo in volo da Bologna a Palermo scomparve in cielo come in un film di fantascienza. Avremmo dovuto chiedere in prestito agli americani i Fantastici 4 per andare giù a fondo a quest’altro mistero italiano che, assieme alle stragi di piazza Fontana, di piazza della Loggia, della stazione di Bologna e il rapimento di Aldo Moro, chiude il girotondo intorno alle “incompiutezze” della Prima Repubblica.
Il Tribunale di Palermo fa tornare a parlare della strage di Ustica e di 81 vittime innocenti: punisce i Ministeri della Difesa e dei Trasporti per “negligenza e omissioni della verità” con una multa da 100 milioni di euro. Una cifra sciocca e di scarso valore morale visto che in questo lungo tempo la verità non è mai saltata fuori. No, anzi si è solo sciolta come un ghiacciolo al sole, mentre la roulette gira tra Libia, Francia e Stati Uniti.
E lo Stato che fa? Lo aveva predetto Faber tra i versi della sua Don Raffaè: “Prima pagina venti notizie ventuno ingiustizie e lo Stato che fa si costerna, s’indigna, s’impegna, poi getta la spugna con gran dignità”. Nessuno vorrebbe essere nei panni dei parenti delle vittime, costernate da un dolore straziante. Peggio ancora è vestire i panni di chi rappresenta lo Stato italiano e si prepara a “far ricorso contro la sentenza” perché la ritiene “inaccettabile”.
Pur di non indossare i panni sporchi, è più dignitoso andarsene in giro “in mutande” e finire sulla prima pagina di un giornaletto parrocchiale per “oltraggio al comune senso del pudore”.

  Ustica, sentenza choc: nessuna bomba sul DC9…

  Associazione parenti delle vittime

  Quella maledetta estate di Giovanni Minoli