Pipolo.it

Blog e Sito di Rosario Pipolo online dal 2001

Fottuto “cuore” ci porti via Mango, gran bella voce della musica italiana

pino_mango_saremo

Rosario PipoloLa notizia di Mango stroncato da un infarto mi è apparsa come uno scherzo di cattivo gusto. Non volevo crederci. Forse ha ragione Enrico Ruggeri a tuonare dalla sua pagina Facebook: “Ora leggo belle frasi da giornalisti che non andavano da anni a un suo concerto, radio che non passavano le sue nuove canzoni e discografici che non avevano più voglia di investire su di lui”. Parto proprio da questo misto di dolore e rabbia.

Giuseppe Mango, una delle vocalità più interessanti del panorama musicale italiano, è rimasto l’outsider per eccellenza al tempo in cui la musica si è liquefatta e Lei verrà, che fece fare un botto di soldi ai potenti della Fonit Cetra, conserva nel suo isolamento musicale i canoni della ballata pop che si veste di world music.

Ho conosciuto Mango al Festival di Sanremo del 2007. Ci incrociammo per strada e mi restò impressa questa sua dichiarazione: “Devo molto al palco dell’Ariston. Penso che chi faccia il mio mestiere debba tenersi alla larga da ogni forma di snobismo”. In questo Mango aveva proprio la veracità dei lucani che sanno apprezzare le occasioni della vita. Mango si era portato con sé la Basilicata, proprio in quella vocalità capace di smuovere i sassi di Matera per fare della sperimentazione il punto di congiuntura con la voce che si fa strumento.

Detesto i famigerati “coccodrilli”, che fanno a volte di noi giornalisti, allevati nello spettacolo, dei viscidi avvoltoi. Lo tiravi fuori appena giungeva in redazione la triste notizia e ti affidavi a parole surgelate piuttosto che a riflessioni postume. Nel caso di Pino Mango il “coccodrillo” è stato utile a tutta quella ciurma, a cui Ruggeri in parte faceva riferimento, che lo ha dimenticato strada facendo.

Pino Mango non ha bisogno del rimorso post-mortem che scatta tra gli addetti ai lavori. Le dimenticanze si pagano e a caro prezzo. Perciò è giusto che le sue canzoni ora stiano alla larga dalle penne avvelenate dei giornalisti, dai microfoni delle radio distratte o dagli elogi funebri dei discografici che prima o poi ti lasciano crepare nella fossa dei leoni.

Le canzoni passano in eredità al pubblico che lo ha amato, che ha colto la spiritualità dietro la sua maniera di fare il musica, che ha legato gioie e dolori del privato ai versi di Mediterraneo, Oro, La rondine o agli atti di generosità come Io nascerò per la Goggi.

E pensare che Pino Mango il suo testamento lo aveva filato nei versi di questa poesiola musicata: “Nella mia città c’è una casa bianca con un glicine in fiore che sale, sale, sale su. Sulla mia città c’è un cielo grande che ti spalanca il cuore e non ti delude mai”. Ed è proprio in direzione di tale città che ricomincia il suo nuovo viaggio. Ci mancherà.

X Factor, Nevruz e la buffonata del Televoto

Dolcetto o scherzetto? Halloween è passato, ma il televoto ha fatto il suo.Sul palco di X Factor doveva restare “il dolcetto” Ruggero o dovevamo sorbirci uno “scherzetto” di pessimo gusto, quello di dare una spintarella a Nevruz? Il televoto misterioso, che ha messo Valerio Scanu negli annali del Festival di Sanremo, adesso continua ad alzare un polverone di polemiche. E’ vero che il vivace Ruggero aveva bisogno di un biberon e io stesso lo immaginavo come valletto canterino del babysitteraggio della Clerici, ma questa volta non avrei buttato giù dalla torre quel “simpatico mocciosetto”.
Sabato sera Nevruz ha dato il peggio di sè, come interprete e come personaggio, diventanto lo zimbello della piazza del “Sabato del villaggio”. Ha fatto stizzire persino Lorella Cuccarini, severa e precisa nelle sue indicazioni. I film che piacciono a Nevruz “sono quelli che mi piacciono”. E così il burlone Facchinetti junior smaschera il personaggio che ha la presunzione di sapere, ma forse non ha capito che sono guai a lasciare il banco di scuola.
Il coach Elio, malato ossessionato di Nevruzismo,continua a difendere un cantante che non sta più in cielo nè in terra e ci fa rimpiangere la vena polemico-costruttiva del giudice epurato Morgan. Enrico Ruggeri, ha segnato la discografia italiana con alcuni pezzi intensi e memorabili, ma oggi rischia di essere ricordato come “il peggior giudice'”della storia di un talent-show. Si è lavato le mani ed ha lasciato che quella buffonata del Tilt, mascherata dal giudizio popolare del Televoto, avvicini Nevruz sempre più al trono di X Factor. E se così fosse, sull’onda del falsario entusiasmo nazional-popolare, si nasconderebbero le contraddizioni del Belpaese di oggi. Il trucco che si è sciolto sul viso di Nevruz sabato sera è il richiamo sintomatico di questa Italia decadente, dalla politica alla cultura, perchè non abbiamo ancora capito da che parte stare, proprio come il giudice Enrico Ruggeri.

X Factor, Nevruz non mi impressiona

Circolano i primi rumor sul vincitore di X Factor. E se fosse proprio Nevruz? L’eccentrico rocker di Caserta è il regalo che Elio ha fatto al talent show di Raidue e guai a chi glielo tocca. Almeno che io da arteriosclerotico non abbia sbagliato a twittare, il giudice Elio ha dichiarato: “Nevruz vive, non lascia vivere”.
A me non è piaciuta l’ultima esibizione di Nevruz. Voglio essere franco. Mi sembrava di vedere Capossela e ascoltare un’imitazione vocale di Domenico Modugno. Il ricatto  dell’industria discografica dell’ultimo decennio lo conosciamo tutti: il personaggio al di sopra dell’interprete perché tanto i tecnicismi lasciano il tempo che trovano. Mi tornano due ricordi di fine anni ’70, forse banali, che contribuirono a staccarmi dal repertorio infantile dello Zecchino d’Oro. Da una parte i travestimenti eccentrici di Renato Zero, dall’altra Anna Oxa a Sanremo. Il maschiaccio che si agitava all’Ariston, intonando un’Emozione da Poco, era stato costruito a tavolino per filo e per segno, ma in compenso aveva una voce che, col tempo, ha permesso alla Oxa di trasformarsi da personaggio in interprete.
Non so se Nevruz sia il capriccio di una stagione, ma gli oltre 16 mila fan su Facebook faranno davvero di tutto per convincerci che il loro beniamino ha il fattore X? Preferisco restare fuori dal coro, beffeggiato dai prevedibili attacchi. A me Nevruz non fa impressione artisticamente, nonostante lui fuori dal palco sia un sognatore ipersensibile. Una canzone si ascolta, non si guarda. E forse sbaglia chi vuole convincerci del contrario.

Stefano di X Factor: “Le parole non contano, ma conta la musica!”

Qualche volta succede che “le parole non contano, ma conta la musica”. E’ una rarità che accada sotto i riflettori di un realty show. Le parole pronunciate da un balbuziente sono come pagine di un quaderno, strappate da suoni prolungati e riscritte da una ciurma di ripetizioni involontarie. Per diamine, lo avremmo avuto almeno una volta nella vita un amichetto affetto da questa “malattia della parola”! Vederlo lì in un angolo, emarginato dalla prepotenza degli altri compagni di giochi, ci stritolava il cuore.
La musica ha riscattato la parola e così l’esibizione di Stefano Filipponi nella seconda puntata di X Factor è stata una delle cose più emozionanti che la tv generalista ci abbia regalato negli ultimi tempi. Nell’interpretazione della dolcissima Quanto t’ho amato di Roberto Benigni, l’aspirante cantante di Macerata ha dimostrato che l’emotività può rimbalzare sui tecnicismi, mettendo a tacere chi come noi fa il difficile e l’arrogante mestiere di valutare un interprete o una canzone. Ha fatto bene il giudice Ruggeri a non pronunciarsi sulle imperfezioni, perché ogni commento sarebbe stato fuori luogo o sindacabile.
Stefano è riuscito a rincollare i pezzi di quel quaderno strappato in un canto che si è innalzato a “cantico”, con il supporto di un sobrio istrionismo che apparteneva ai grandi artisti circensi e da strada, e non di certo a questo equipaggio di buffoni che affolla il piccolo schermo nell’epoca del digitale terrestre. Quanto t’ho amato è una delle dichiarazioni più sincere da donare alla propria donna. Quel cantico non ha libertato Stefano Filipponi dalle sue balbuzie, ma noi, prigionieri di un paroliere che non sa più comunicare emozioni, perchè sottomesso alle dure leggi di un nuovo linguaggio: quello che ha fatto naufragare la semantica dell’anima dietro il rebus dell’apparire a qualunque costo.

[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=w6JZ2cUpRqI]

 

Sanremo 2010 atto I: giù il Principe dall’astronave!

L’edizione numero 60 del Festival di Sanremo meritava un inizio diverso:  siamo nel classico polpettone serale dei palinsesti Rai o sul palco dell’Ariston? Troppo televisivo: nel prolungato siparietto d’apertura di Bonolis e Laurenti (extended version del solito teatrino pubblicitario?), nella goffaggine di Antonella Clerici, che pensa di stare ancora a La Prova del cuoco tra Cassano, che gioca a fare il simpaticone, e il fantasma di Morgan, l’esluso omaggiato con la lettura dei versi del suo pezzo.  La scenografia è salvabile, se non fosse per quell’astronave oscena che ci prepara a “gli incontri ravvicinati del terzo tipo”: chi sono i marziani? Pupo ed Emanuele Filiberto, in coppia per la canzone più brutta di questo primo atto,  la cui squalifica è segno che le coppie fatte a tavolino non funzionano più e i venti nostalgici del Belpaese monarchico soffiano in soffitta. Avrei tenuto Nino D’Angelo e Maria Nazionale per il sound pseudo folk – senza essere filopartneopeo – e mi sarei liberato volentieri dello zucchero filato dei Sonohra e Arisa. Il principe di “Amici”, Valerio Scanu, raggiunge la sufficienza, ma la sua canzone sembra una traduzione in italiano di un mieloso brano napoletano, fatto su misura per un neomelodico. Enrico Ruggeri, Toto Cutugno e Fabrizio Moro si autocitano e fanno autogoal, mentre si inizia a respirare con la satira spigolosa di Simone Cristicchi e l’inno istrionico di Povia, dedicato ad Emanuela Englaro (le polemiche sull’eutanasia lasciamole fuori dall’Ariston, per favore). Funziona Irene Fornaciari con i Nomadi perchè dietro Il mondo piange c’è lo zampino di papà, mentre si avviano in vetta gli energici  Irene Grandi, Marco Mengoni e Noemi. In alto al momento c’è una sola ninfa, la cui voce è sospesa tra cielo e terra con la delicata Ricomincio da qui: Malika Ayane.  E’ ancora troppo presto per parlare, perchè la giuria sanremese ci riserva brutte sorprese. Stiamo a vedere, tanto la vera regina della prima serata è stata Susan Boyle, la migliore invenzione di un talent show!