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La mia Giornata della Memoria al Rifugio antiaereo n.87 di Milano

Rosario PipoloIn una gelida e grigia mattina di metà gennaio ero in viale Bodio a Milano, davanti al cancello della scuola primaria Giacomo Leopardi. Attraversai il cortile, i bimbi avevano iniziato le lezioni già da un pezzo. Scendendo una ventina di gradini, mi ritrovai nel sottosuolo. Simona Di Rocco, la mia guida, aprì la porta, non ero in uno scantinato.
Nel Rifugio antiaereo n.87, che aveva salvato dalle bombe centinaia e centinaia di uomini, donne, bambini, mi sentii improvvisamente un cavernicolo della memoria, come quando avevo camminato a carponi lungo il Tunnel di Sarajevo, luogo simbolo di sopravvivenza della guerra serbo-bosniaca.

Le mura, le scritte, lo spazio dove le ombre erano trafitte dal buio: qui inghiottii pensieri proprio come avevo fatto ad Auschwitz e Birkenau, dopo il lungo tragitto che mi aveva condotto con un autobus locale da Cracovia. Tuttavia, il sottosuolo di viale Bodio non era luogo di morte, ma un enorme spazio seppellito , casa per tanti durante la Seconda Guerra Mondiale.
Mi venne in mente il suono delle sirene, sentito tra i racconti di nonno Pasquale e nonna Lucia, che correvano ai ripari dalle bombe sotto il tunnel al confine napoletano tra Mergellina e Fuorigrotta.

Mi distrassi facendo scivolare il palmo della mano sinistra sul legno tarlato di una cattedra di allora, come se fossi finito in una pellicola di Rossellini. Per contrasto mi rividi nell’aula delle mie elementari, alla periferia di Napoli, da dove si sentiva il rumore lontano delle bombe, lanciate dalla Nuova Camorra Organizzata, nella faida fratricida dei clan. In paese vigeva l’omertà, perché i “brutti ceffi” portavano valanghe di voti ai papponi politici del territorio.
Ogni generazione ha le sue bombe, ogni generazione ha guerre vissute e taciute.

I cartelloni colorati degli alunni della Leopardi, su una parete del Rifugio 87,  recitavano a caratteri cubitali “Sopralluogo”, in poche parole il motivo per cui ero venuto. Mi ero ritrovato invece a fare l’ennesimo viaggio dell’altro giorno della memoria, per cui vale la pena ricordare ai nostri bambini che un rifugio antiaereo non è purtroppo un luogo dismesso del passato, perché in tante parti del mondo, non molto distanti da noi, proteggono in questo momento tanti rifugiati.

Oggi, nella Giornata della Memoria, il risveglio è guardingo e fa da sentinella ai genocidi intorno a noi che non vediamo. Che il Rifugio 87 di Milano, grazie all’impegno di scuole, associazioni, volontari, diventi sempre più meta di tutti. Non è mai abbastanza il tempo per riflettere.

Oggi ritorno qui, perchè anche una profonda riflessione può prendere la forma di una preghiera.

Auschwitz, i binari del treno finiscono lì

Da bambino mi incantavo al passaggio di un treno. Nonno Pasquale mi portava un paio di volte a settimana in una piccola stazione della provincia di Napoli, per ripetermi puntualmente che i binari di un treno si prolungavano all’infinito. Tutto ciò mi stupiva e mi incuriosiva: avrei voluto percorrerli a piedi, senza tornare più indietro. Quei binari li ho percorsi, rendendomi conto che mio nonno mi aveva detto una bugia.

I binari del treno finiscono ad Auschwitz, nel cuore della Polonia, nel campo di concentramento costruito dai Nazisti per sterminare milioni di persone e decimare la razza ebraica. Le quattro ore trascorse lì mi lasciano un paio di riflessioni. Da una parte apprezzo la discrezione dei polacchi nella gestione del luogo, dall’altra penso che Auschwitz non possa essere soltanto un viaggio spirituale nelle viscere della memoria.

Una memoria senza futuro che radici ha? Fosse almeno il tentativo di evitare altri genocidi, come quelli che adesso feriscono Asia ed Africa.  Chi come me è andato lì, non può tornare normalmente a fingere di essere “l’uomo inserito” nello squallore della quotidianità.

In alcuni punti del campo ho avvertito una forte energia, una presenza in bilico tra mistero e suggestione, come se il vocio di alcune persone fosse ancora lì. Forse alcuni angeli di Oświęcim (questo è il nome del luogo in polacco) non hanno mai lasciato quel posto orribile. Non lasciamo che quelle voci sopravvivano come semplice “rimorso delle nostre coscienze”.