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Ognissanti: I morti non mi fanno paura, le streghe non le digerisco, i vivi mi lasciano indifferente

Da piccolo la vigilia di Ognissanti significava prepararmi ai due giorni che in famiglia avremmo dedicato alla visita dei nonni al cimitero. Non ricordo maschere, dolcetti o scherzetti, ma un’insolita compostezza che noi piccoli percepivamo: la morte è una cosa seria. Lo ribadiva pure Antonio De Curtis – in arte Totò – nella splendida poesia ‘A livella.

Mano a mano che crescevo, vivevo il doloroso distacco da alcune persone che avevano attraversato o sfiorato la mia vita. Il 1 e il 2 novembre me ne andavo da solo a visitare le loro tombe e condividevo i miei pensieri con ciascuno, sperando che non si riducesse tutto ad una lapide, ma che altrove ci fosse uno spazio che accogliesse lo spirito dei miei cari.

Mi importava poco di ciò che dicevano ai miei genitori: “Un ragazzetto non dovrebbe andarsene a zonzo in un cimitero”. Qualcuno sospettò che mi mettessi a caccia di fantasmi. Una volta, il 2 novembre  ritardai l’uscita, perché capitai in un lato del camposanto a me ignoto. Non c’era più luce del sole, neanche le lapidi si distinguevano. Per un attimo ebbi paura. Lo sguardo si posò sull’immagine di un mio coetano, scomparso prematuramente.
La paura scemò appena notai che non vedevo più gli ornamenti sfarzosi dei sepolcri o le cappelle bunker, che evocavano stupidamente l’atteggiamento classista dinanzi alla morte.

Ad illuminare la strada verso l’uscita furono tutti quei lumini, che mi restituirono la sobrietà della morte, calpestando la volgarità e il folclore umano. Da allora i morti non mi fanno più paura e mi lasciano indifferente i vivi che strascicano l’arte dell’apparire oltre la soglia del camposanto.

 Totò recita ‘A livella

Io sto bene senza Halloween!

La notte di Halloween

Rosario PipoloAl di là delle tendenze o dei capricci modaioli, non mi sono mai affezionato ad Halloween. A dire il vero quella volta che papà mi regalò una zucca con occhi, naso e bocca, non pensavo fosse il simbolo di questa festività, che continua a fare impazzire gli americani.  E ora che gli italiani ci vanno dietro, dalle prime settimane di ottobre dobbiamo sorbirci le vetrine allestite per accogliere nel migliore dei modi la notte delle streghe. Dolcetto, scherzetto o business folcloristico?

A casa mia, appena sbucava la vigilia di Ognissanti, ci preparavamo a condividire i giorni successivi con i nostri defunti: il 1 e il 2 novembre dalle mie parti si andava al camposanto. Le streghe e gli zombi mi fanno ancora paura  – e tanti anni fa ne ho dibattuto simpaticamente con il regista George Romero – ma i morti no.

Loro sono da tutt’altra parte, lontani dalla viltà e dalla fragilità umana. Quest’anno volevo andare controtendenza e far baldoria la notte di Halloween. Ho cambiato idea perchè in fondo non me ne frega niente. Non voglio rinunciare a fare un po’ di silenzio attorno a me e trovare il tempo di raccogliere un crisantemo.

Non voglio privarmi della speranza che il profumo di quel fiore raggiunga tutti coloro che oggi mi mancano profondamente. E loro non sono “zombi”, ma “vivi più che mai” sulla giostra della memoria. E pensare che il ricordo dei momenti speciali condivisi con i miei defunti trasforma ancora le mie notti buie in giorni soleggiati!