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Cartolina dai Campi Flegrei: Franco e i Pooh, 50 anni di vita e musica

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Rosario PipoloA Napoli porta bene se il tuo cinquantesimo compleanno coincide con quello della band musicale seguita da una vita. Mentre Roby Facchinetti, Dodi Battaglia, Red Canzian, Stefano D’Orazio e Riccardo Fogli si preparano ai festeggiamenti di mezzo secolo di Pooh, io ritrovo il fan napoletano che proprio oggi spegne cinquanta candeline.

Avevo conosciuto Franco ai tempi dell’università, si era trasferito dal Vomero nel condominio dei Campi Flegrei dove abitavano i miei nonni. Attraversando il cortile dello stabile del ’59, sentivo spesso sottovoce quelle poesie in musica composte dal compianto Valerio Negrini, al tempo in cui le canzoni in Italia non venivano prese troppo sul serio se non erano “politicamente” impegnate.

Ho imparato a conoscere le piccole storie della vita di Franco attraverso la passione per i Pooh. Quante volte ci siamo fermati nel cortile del palazzo a condividere aneddoti: un amore musicale nato nel 1978 da un juke box al lido Bikini di Minturno e poi da allora tante fughe per i concerti dei moschettieri della musica italiana.
A quindici anni Franco scappò a Roma per il primo live della band, mentre la mamma dormiva sonni tranquilli, sapendolo a casa di un amico. Si cresce con ricordi musicali come Eleonora mia madre, senza sapere che, anni dopo, avrebbe conosciuto di persona Red Canzian, voce di quella canzone.

Toccò proprio al fan partenopeo togliere una curiosità al polistrumentista trevigiano, spiegando il significato della parola napoletana cazzimma. Quando Red gli chiese cosa fosse, Franco replicò alla maniera di Alessandro Siani: “Nun t’o voglio dicere. Chest’è ‘a cazzimma.”

Le canzoni hanno il merito di avere appese al collo le pagine del diario del quotidiano, circoscrivendo gli imbarazzi della memoria nel ricordare gli amori della nostra vita. Franco ne ha avuto uno, Rosa, fidanzata di ieri, moglie per sempre, mamma di Umberto, Marco e Sara.
Oggi, nel giorno del suo cinquantesimo compleanno, posso fare una confessione a colui che è rimasto l’unico amico di quel condominio ai Campi Flegrei, custode di una parte meravigliosa della mia vita: negli anni in cui affannavo entrando in quella casa, vuota, buia, senza la luce dei nonni Pasquale e Lucia, le chiacchierate e le canzoni condivise con Franco hanno reso meno faticosa la scalinata verso il sesto piano.

E’ proprio vero, 50 anni di vita e musica quelli tra Franco e i Pooh. In mezzo è diluita anche qualche goccia della mia memoria.

L’ultima notte assieme ai Pooh

I Pooh

Rosario PipoloNel 1981 ero sul tetto di un palazzo storico del corso Garibaldi di Acerra. Eravamo a casa di un’amica di famiglia. Mentre io e mia sorella giocavamo a nascondino tra i panni  stesi, da una radio in soffitta volavano le note di Chi fermerà la musica dei Pooh. Continuo ad associare il ritmo di quella canzone a questo ricordo d’infanzia, ancora in volo sul panorama che vedevo da lì. Quando i Pooh hanno festeggiato 25 anni di carriera, ho dovuto mettere da parte tutti i miei risparmi (40.000 delle vecchie lire) per acquistare il biglietto dello splendido ed intimo concerto al Politeama di Napoli. E certamente ieri non mi aspettavo di finire per lavoro all’ ultima data del tour assieme a Stefano D’Orazio: 30 settembre al Forum di Milano. Non discuto la scelta del batterista di lasciare i compagni di lavoro di una vita, piuttosto l’idea che gli altri tre possano continuare con un’alternativa. Credo che la buona musica di queso longevo gruppo italiano sia finita tanti anni fa, poco prima dell’LP Uomini Soli. C’è chi li accusa di aver triturato i soliti temi melodrammatici all’italiana tra amori finiti e tradimenti. C’è chi come me li apprezza per essere stati i primi a diventare “manager di loro stessi” ed aver resistito alla tipica diffidenza degli anni ’70 in Italia: o facevi musica impegnata politicamente o eri uno sfigato raccontaballe! Scrivere una bella canzone “popolare” è il desiderio di molti, ma l’arte di pochi. Trascrivere sentimenti o vita quotidiana in maniera trasversale è stato il loro punto di forza. I primi accordi imparati alla chitarra sono stati quelli di Tanta voglia di lei. Ho dedicato quei versi stonati alla ragazza di cui mi ero invaghito negli anni del liceo. Non ha funzionato. Mi sa che non avevo capito il significato di quella canzone!