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48, Riina il padrino morto che parla dei favori degli uomini di Stato

Quanti rotoli di carta igenica abbiamo sprecato per scrivere della morte di Totò Riina, senza riflettere abbastanza sugli uomini di Stato che subdolamente o sfacciatemente gli fecero concessioni o favori.
Il più grande glielo fecero quando non evitarono le stragi di Capaci e via D’Amelio, che congelarono la guerra alla Mafia a viso scoperto dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

La mia prima volta a Palermo fu nel 2003, proprio nei giorni in cui nelle strade lampeggiavano le fiaccole per commemorare Giovanni Falcone nell’anniversario della scomparsa. Tenni un corso di comunicazione e terminai la lezione raccontando l’emozionante anteprima del film “I cento passi” al Festival del Cinema di Venezia di qualche anno prima.

Un allievo mi accompagnò a fare quattro passi nel centro storico. Mi indicò una bottega alimentare e fece segno di entrare. Sull’uscio c’era una coccarda azzurra. Il titolare, un uomo tozzo sulla quarantina, notò il mio interesse per la coccardina ed eslamò: “Ieri sono diventato papà di Totò”.
Gli feci gli auguri e mi complimetai per la scelta del nome che, a mio modesto parere, si sposava con la tradizione artistica partenopea del nostro grande Antonio De Curtis, in arte Totò.
Il bottegaio mi rise in faccia e replicò: “Dottò, che cosa avete capito, noi in Sicilia di Totò ne abbiamo solo uno e a lui dobbiamo mostrare riconoscenza”.

Andammo via e il mio allievo nel salutarmi si congedò così: “Questa è la Mafia. I padrini di Corleone come li immaginiamo noi sono roba da film. Buon rientro a Milano.”
Al primo incrocio su via Libertà finii in mezzo al corteo della fiaccolata dedicata a Giovanni Falcone e mi tornarono in mente come un boato le sue sagge parole:

La mafia, lo ripeto ancora una volta, non è un cancro proliferato per caso su un tessuto sano. Vive in perfetta simbiosi con la miriade di protettori, complici, informatori, debitori di ogni tipo, grandi e piccoli maestri cantori, gente intimidita o ricattata che appartiene a tutti gli strati della società.
Questo è il terreno di coltura di Cosa Nostra con tutto quello che comporta di implicazioni dirette o indirette, consapevoli o no, volontarie o obbligate, che spesso godono del consenso della popolazione.

Ustica e lo Stato che non vuol pagare: I panni sporchi si sciacquano

Non basta rivedere il film “Il muro di gomma” di Marco Risi o cazzeggiare in rete per capire quanto pesino le frottole ambulanti intorno al mistero di Ustica. Bisognerebbe farsi fare un abito su misura con tutti i ritagli di giornale di una trentina d’anni fa, quando quell’aereo in volo da Bologna a Palermo scomparve in cielo come in un film di fantascienza. Avremmo dovuto chiedere in prestito agli americani i Fantastici 4 per andare giù a fondo a quest’altro mistero italiano che, assieme alle stragi di piazza Fontana, di piazza della Loggia, della stazione di Bologna e il rapimento di Aldo Moro, chiude il girotondo intorno alle “incompiutezze” della Prima Repubblica.
Il Tribunale di Palermo fa tornare a parlare della strage di Ustica e di 81 vittime innocenti: punisce i Ministeri della Difesa e dei Trasporti per “negligenza e omissioni della verità” con una multa da 100 milioni di euro. Una cifra sciocca e di scarso valore morale visto che in questo lungo tempo la verità non è mai saltata fuori. No, anzi si è solo sciolta come un ghiacciolo al sole, mentre la roulette gira tra Libia, Francia e Stati Uniti.
E lo Stato che fa? Lo aveva predetto Faber tra i versi della sua Don Raffaè: “Prima pagina venti notizie ventuno ingiustizie e lo Stato che fa si costerna, s’indigna, s’impegna, poi getta la spugna con gran dignità”. Nessuno vorrebbe essere nei panni dei parenti delle vittime, costernate da un dolore straziante. Peggio ancora è vestire i panni di chi rappresenta lo Stato italiano e si prepara a “far ricorso contro la sentenza” perché la ritiene “inaccettabile”.
Pur di non indossare i panni sporchi, è più dignitoso andarsene in giro “in mutande” e finire sulla prima pagina di un giornaletto parrocchiale per “oltraggio al comune senso del pudore”.

  Ustica, sentenza choc: nessuna bomba sul DC9…

  Associazione parenti delle vittime

  Quella maledetta estate di Giovanni Minoli