Pipolo.it

Blog e Sito di Rosario Pipolo online dal 2001

I 50 anni di Goldrake e tanto rumore per nulla in tv sulla RAI

Goldrake, il famoso robottone che ha incantato la mia generazione e non solo, spegne 50 candeline. Il 5 ottobre 1975, infatti, la televisione giapponese trasmetteva il primo episodio dell’anime fortunato creato da Go Nagai e trasformato dalla Toei Animation in un piccolo gioiello dell’animazione nipponica.
Perché tutto questo rumore per la rimessa in onda di tutti gli episodi da parte della Rai?

TANTO RUMORE PER NULLA IL RITORNO SU RAI 2

Goldrake ritorna in televisione su Rai 2 e questo “giavellotto nostalgico” testimonia la devozione della mia generazione a Atlas Ufo Robot, che ha avuto il merito indiscusso di farci sfidare le sorti dell’infanzia con riflessioni da adulti.
La messa in onda? Tanto rumore per nulla, perché è dal 2018 che godiamo di tutti gli episodi televisivi, inclusi gli inediti, magnificamente restaurati con il doppiaggio originale e custoditi in tre preziosi cofanetti in blu-ray pubblicati da Yamato Video. Insomma, per noi apostoli di Duke Fleed non c’è ciccia, niente di nuovo. Resta il rewind sul tasto di infanzia e adolescenza di rivedere i primi due episodi sul piccolo schermo, ops “grande schermo” visto che ormai nei soggiorni di casa nostra ne campeggiano di versatili e giganti.

LA LEZIONE DI GOLDRAKE 50 ANNI DOPO

Go Nagai, fumettista e animatore del Sol Levante, papà di Grendizer (questo il nome in giapponese), ha anticipato temi del mondo contemporaneo, dal nuovo rapporto dell’uomo con le macchine alle ossessive invasioni della tecnologia dei giorni nostri, dalla desolazione e traumi del Giappone post-atomica alla ricerca poetica di un legame tra esseri umani e extraterrestri come Spielberg avrebbe fatto magnificamente  qualche anno dopo al cinema in “Incontri ravvicinati del terzo tipo.”
Durante il mio viaggio della memoria a Hiroshima, per onorare il ricordo delle vittime dell’olocausto dell’atomica, ripensai a Goldrake e ai suoi personaggi. La statuina dipinta del protagonista, Actarus, da una mensola del soggiorno di casa mi ricorda una piccola verità. Ciascuno di noi da piccolo è stato Duke Fleed, come me che fregavo a mia madre lo stendibiancheria su un balcone alla periferia di Napoli e immaginavo di guidare Goldrake in viaggio nello spazio.

GOLDRAKE ESISTENZIALISTA E IL DOLORE DELLA SEPARAZIONE

Il 5 ottobre, specchiandomi nel primo episodio di Ufo Robot trasmesso da Rai 2, aspetterò che la porta di casa si apra come allora e papà rincasi da lavoro indossando la sua tuta blu da supereroe. Del resto, esattamente cinquant’anni fa, nella sofferta decisione del protagonista Duke Fleed di ritornare sul suo pianeta, abbiamo intravisto lo stratosferico dolore della separazione dalle persone che abbiamo amato.
Il Goldrake esistenzialista di Nagai ci lascia una speranza: ritrovare le persone amate un giorno, in groppa a Atlas Ufo Robot tra le stelle luminose dell’universo, nell’ultimo viaggio che noi ostinati sentimentali, fuori dal branco, continueremo a chiamare eternità, senza darci mai per vinti.

3 poesie contro l’indifferenza al genocidio in Palestina

Il mio cuore da viaggiatore continua a battere forte per la Palestina, in ricordo della mia esprienza di viaggio lì nel 2022, dove ho creato un un legame speciale con i palestinesi.
In questi giorni di atrocità furibonda a Gaza tra morte e dolore, mi tornano in mente 3 poesie da leggere come una preghiera, per mortificare l’indifferenza al genocidio in Palestina.

CARTA D’IDENTITA’ DI MAHMUD DARWISH (1964)

Prendi nota
sono arabo
carta di identità numero 50.000
bambini otto
un altro nascerà l’estate prossima.
Ti secca?
Prendi nota
sono arabo
taglio pietre alla cava
spacco pietre per i miei figli
per il pane, i vestiti, i libri
solo per loro
non verrò mai a mendicare alla tua porta.
Ti secca?
Prendi nota
sono arabo
mi chiamo arabo non ho altro nome
sto fermo dove ogni altra cosa
trema di rabbia
ho messo radici qui
prima ancora degli ulivi e dei cedri
discendo da quelli che spingevano l’aratro
mio padre era povero contadino
senza terra né titoli
la mia casa una capanna di sterco.
Ti fa invidia?
Prendi nota
sono arabo
capelli neri
occhi scuri
segni particolari
fame atavica
il mio cibo
olio e origano
quando c’è
ma ho imparato a cucinarmi
anche i serpenti del deserto
il mio indirizzo
un villaggio non segnato sulla mappa
con strade senza nome, senza luce
ma gli uomini della cava amano il comunismo.
Prendi nota
sono arabo e comunista
Ti dà fastidio?
Hai rubato le mie vigne
e la terra che avevo da dissodare
non hai lasciato nulla per i miei figli
soltanto i sassi
e ho sentito che il tuo governo
esproprierà anche i sassi
ebbene allora prendi nota che prima di tutto
non odio nessuno e neppure rubo
ma quando mi affamano
mangio la carne del mio oppressore
attento alla mia fame,
attento alla mia rabbia.

SE IO DOVRO’ MORIRE DI RIFAT AL-AREER (2023)

Se io dovrò morire,
tu dovrai vivere

per raccontare la mia storia
vendere le mie cose
comprare un pezzo di stoffa
e qualche filo
(magari bianco con una lunga coda)
così che un bimbo, da qualche parte a Gaza
mentre fissa il cielo
in attesa di suo padre
– morto all’improvviso senza dire addio
a nessuno
né alla sua pelle
né a se stesso –
veda il mio aquilone
quello che tu hai costruito
volare alto
e pensare, per un attimo, che sia un angelo
a riportare amore.
Se io dovrò morire,
che porti allora una speranza
che la mia fine sia un racconto.

RAMADAM DI MOSAM ABU TOHA (2024)

Seduti attorno a quel tavolo, mancano le sedie
dove il venerdì si accomodavano mia madre, mio padre,
e la mia sorellina,
dove i miei fratelli e i loro figli
bevevano tè al tramonto quando venivano a farci visita.
Non è rimasto più nessuno. Nemmeno il tramonto.
Nella cucina, manca il tavolo.
Nella casa, manca la cucina.
Nella casa, manca la casa.
Rimangono solo macerie, in attesa di un’aurora.

Cartolina dal Sud: buone vacanze, zia Teresina!

Cosa succede se la tua zia anziana non ne vuole sapere di andare in vacanza? Non la lasci sola, anzi ti prendi cura di lei. Stamattina il postino mi ha recapitato una bella cartolina dal mio Sud Italia: un selfie spontaneo che ritrae Francesco insieme a zia Teresina.
Dopo aver lasciato bruciare nell’insulso falò della vanità centinaia e centinaia di selfie che popolano i social, ho scelto questo scatto per augurarvi buone vacanze.

FRANCESCO E TERESINA IN UNA STORIA DI ALTRI TEMPI

Questa foto racconta una storia: quella di un nipote del nostro Mezzogiorno che, per il quarto anno consecutivo, rinuncia alla spiaggia, a una bella vacanza al mare, per prendersi cura della zia. Da quando ha perso la mamma, Francesco non se la sente di partire e lasciare sola questa anziana signora.
In un tempo in cui siamo arrivati al punto di mollare nostro figlio in aeroporto con il passaporto scaduto, pur di non perdere il volo per la vacanza, quella di Francesco e Teresina sembra una storia di altri tempi da mettere in soffitta.

STORIE DI VITA LONTANO DAL BADANTISMO

No, piuttosto in soffitta lasciamo ammuffire pinne, fucili e occhiali, perchè prendersi cura di un anziano di questi tempi balordi merita una medaglia al valore. Ormai deleghiamo tutto e il badantismo è diventato l’ancora di salvezza.
Eppure nelle estati dell’infanzia ho imparato che gli anziani sono una risorsa immensa e trascorrere tempo prezioso con loro è una grande ricchezza. Quante storie di vita potrebbe donarci zia Teresina, attraversando la sua Italia in bianco e nero, fatta di pudore e dignità, povera ma bella, lontana dalle speculazioni di questa estate infame: c’è chi vorrebbe farti pagare un lettino e un ombrellone 50 euro, c’è chi specula su un caffè e un gelato per un bimbo, c’è chi ci ha rubato la nostra villeggiatura per stressanti mini vacanze mordi e fuggi inghiottite dalla ridicola smania di apparire che ci rende, più o meno tutti, ridicoli “selfie-megalomani”.

Buone vacanze, zia Teresina, con quel pizzico di sentimentalismo che non è nostalgia canaglia. Si tratta piuttosto di avere carattere, proprio come tuo nipote Francesco, che non si imbarazza ad essere sé stesso. Le radici affondano nell’anima e ci sollevano dall’immondezzaio dei nostri tempi che vorrebbero condannarci a vivere come fotocopie, anche nella bella stagione estiva.

Buone vacanze, zia Teresina.

5 canzoni d’estate da ricantare in spiaggia

La musica rende briosa la nostra estate, comunque vada. Ci sono canzoni italiane che appartengono a più generazioni e noi non smetteremo di cantare mai sotto l’ombrellone o guardando le stelle della Notte di San Lorenzo. Ecco 5 tormentoni italiani per la “bella stagione”.

1. Sapore di mare

Dal 1963 ne è passata di acqua salata sulla pelle di più generazioni. Gino Paoli ha lasciato un classico ha tutte le generazioni. Stonata con la chitarra insieme agli amici davanti a un falò o ascolta in cuffia sotto l’ombrellone, Sapore di mare non ha bisogno di menzioni speciali. Gli evergreen sfidano il tempo.

2. Acqua azzurra, acqua chiara

Vi rendete conto che questo gioiello firmato da Lucio Battisti e Mogol ha più di mezzo secolo? Accipicchia direte voi, ma Acqua azzurra, acqua chiara resta un tormentone estivo per tutte le età. Questo brano è stato scritto in Salento e chissà se allora si immaginava che nello stesso luogo, decenni e decenni dopo, l’affitto di un ombrellone e sdraio sarebbe costato anche 50 euro al giorno!

3. Un’estate al mare

Inno delle estati degli anni del riflusso resta Un’estate al mare, cantata da una delle voci italiane più intense: la compianta Giuni Russo. Mentre questo tormentone, scritta da grande Franco Battiato, spopolava nei juke box dell’estate 1982, la nostra Nazionale italiana guidata da Bearzot vinceva i Mondiali di Calcio in Spagna.

4. Tre parole

Valeria Rossi, ormai dimenticata da tutti o quasi, ha lasciato un segno tra i tormentoni estivi del nuovo millennio. Tre Parole, uscita nel 2001, ci rinfocillava nelle sere d’estate ballerine con la ricetta della felicità racchiusa in tre parole: sole, cuore e amore. E a voi quella ricettina ha portato bene?

5. Mille

Non bisogna andare così lontano per ricantare un tormentone che, in 24 ore dalla pubblicazione, si è guadagnato un milione di visualizzazioni in streaming. Cosa ci faceva nell’estate del 2021 la vintage Orietta Berti sotto il braccio di Achille Lauro e Fedez?
Mille è stato un gioco da ragazzi che ha funzionato benissimo, dando vita alla nuova stagione dei tormentoni estivi. Non tutte le ciambelle riescono con il buco e chi ci ha provato dopo non ha raggiunto lo stesso successo!

Pink Floyd at Pompeii, l’atteso disco sospeso nel futuro

Pink Floyd at Pompeii è il disco atteso da una vita. Per la prima volta dopo quasi cinquant’anni la puntina del nostro giradischi solca il doppio vinile dell’audio completo dell’esibizione senza pubblico di Gilmour e compagnia bella nella nostra Pompei archeologica.

IN VETTA ALLE CLASSIFICHE TRA VINILI, CD E BLU RAY

L’album, con il nuovo mix di Steven Wilson, è in vetta alle classifiche italiane con la vendita dei supporti tradizionali – vinile, cd e blu ray – che qualcuno vorrebbe lasciare in soffitta. Proliferano ancora gli affari d’oro per la premiata ditta londinese, orfana di Barrett e Wright, in preda agli eterni litiganti Gilmour e Waters.
In parte con questo disco l’audio, in piena autonomia, si libera dalle grinfie della colonna sonora del film concerto del 1972 diretto da Adrian Mabenn, il cui restauro in alta definizione è stato il cavallo di Troia del marketing discografico per riportare i Floydiani incalliti, inclusi i meno giovani e gli sbarbatelli, nelle ormai semivuote sale cinematografiche.

PROFEZIA VISIONARIA IN UN GIAVELLOTTO LANCIATO NEL TEMPO

Perchè dopo tutti questi decenni è ancora un successo? Pink Floyd at Pompeii MCMLXXII rimane profezia visionaria, installazione multimediale tra musica e arte contemporanea del ‘900. Oggi è un giavellotto nel tempo, arrivato dai lontani anni ’70 fino ai giorni nostri con un restauro che fa brillare ogni suono.
E’ come il monolite kubrickiano di 2001 Odissea nello spazio che, sospeso nel tempo, guida il cammino dell’umanità contemporanea tra paure, fragilità, disillusioni.

PINK FLOYD AT POMPEII, PREMONIZIONE DELL’ORRORE PANDEMICO

Il mix incisivo di Steven Wilson è la ciliegina sulla torta: i suoni ritrovano la loro profondità e soprattutto quella spiritualità dei musicisti in solitudine nel flirt remoto con l’archeologia, che sancisce l’unicità della esibizione nell’anfiteatro pompeiano.
Dopo uno sciame di bootleg e tracce a spizzichi e bocconi, abbiamo dovuto aspettare più di cinquant’anni per avere, in uno splendido disco restaurato e ufficiale, l’happening del ’71 dei Pink Floyd nella zolla archeologica più potente della storia, suonato in solitudine, senza pubblico, quasi una premonizione dell’orrore pandemico a cui nessuno è stato sostratto su tutto il pianeta, inclusi gli artisti.
Pink Floyd at Pompeii è una sfera di cristallo e ogni generazione può trovarvi scritto il destino comune: provare ad alleviare gli affanni dell’esistenza con la grande musica del ‘900.

Lucio Corsi sfida all’Eurovision gli stereotipi dell’italianità di Tommy Cash e Gabry Ponte

Lucio Corsi dal podio di Sanremo 2025 è pronto per rappresentare l’Italia all’Eurovision Song Contest di Basilea. Il vincitore Olly aveva rinunciato passando il testimone al cantautore rivelazione dell’Ariston, che ora dovrà vedersela con il protocollo ristretto della manifestazione: rinuncerà alla sua inseparabile armonica?
Dalla provinciale Maremma il menestrello toscano, con la faccia truccata a metà tra Bowie e il Dylan del Rolling Thunder Review, canterà la sua Volevo essere un duro, title track dell’omonimo album uscito lo scorso marzo.

IL CANTAUTORATO ITALIANO DUELLA CON GLI STEREOTIPI DI TOMMY CASH

Lucio Corsi, dopo il duetto con Topogigio che ha spopolato in rete, ha tutte le carte in regole per fare breccia nel cuore del pubblico dell’Eurovision e mandare di traverso all’estone Tommy Cash il suo Espresso macchiato.
Sì, perché il principino dell’hip hop ed elettronica dell’Europa baltica tirerà un colpo basso all’Italia, presentando una canzone inzuppata di luoghi comuni a danno del Belpaese:

Mi like to fly privati with twenty-four carati
Also mi casa very grandioso
Mi money numeroso, I work around the clocko
That’s why I’m sweating like a mafioso

Mischiando inglese e un italiano imbecillemente maccheronico, il rapper dell’Estonia schernisce l’Italia con l’abusato stereotipo di “pizza, mafia e mandolino”. Il Belpaese si indigna, dimenticando che Tommy Cash non è né il primo né l’ultimo.

TUTTA L’ITALIA E IL TORMENTONE DEI LUOGHI COMUNI

Non da meno è il tormentone sanremese Tutta l’Italia di Gabry Ponte che sbarca sul palco dell’Eurovision Song Contest con l’escamotage di rappresentare “lo staterello” di San Marino. Una mischia di luoghi comuni su quattro accordi che funzionano bene, facendo ballare tutti senza badare al significato del testo:

Tutta l’Italia, Tutta l’Italia, Tutta l’Italia

Il calcio lo prendono a calci
La Mole che fa degli stracci
Cucina stellata di avanzi beati
Santissimo Craxi

E così tornano a galla i fantasmi della Prima Repubblica, come se poi noi fossimo condannati ad essere soltanto corruzione, scandali da rotocalchi, fottutissima décadence. Ci teniamo stretti al ricordo orgoglioso di avere avuto un Presidente della Repubblica “partigiano” e piuttosto mastichiamo i cliché della mia generazione tra il “buongiorno Italia col caffè ristretto” di Toto Cutugno e “il bicchiere di vino e il panino” di Felicità di Albano e Romina.

A difenderci da questa balorda smania di stritolare l’Italia nello stereotipo odioso ci penserà Lucio Corsi, paladino dei cantautori emergenti senza troppi grilli per la testa: “Vivere la vita è un gioco da ragazzi Io, io volevo essere un duro Però non sono nessuno Non sono altro che Lucio” è l’encomio di tornare a essere noi stessi, vincenti nella vita, perdenti sul palco dell’Eurovision Song Contest. E anche se fosse, chissenefrega!

10 cartoline dal Fuorisalone 2025

Il Fuorisalone 2025 ha trasformato Milano nella capitale indiscussa del design con oltre mille eventi sparsi nel capoluogo lombardo.
“Mondi connessi” è stato il filo conduttore che ci ha tenuto per mano per in questo vagabondaggio OFF. Ecco 10 belle cartoline dalla Milano Design Week 2025:

1. LA BIBLIOTECA ROTANTE ALLA PINACOTECA BRERA

2. LE INSTALLAZIONI ALL’UNIVERSITA’ STATALE

3. UNA GIOCONDA IN TORTONA

4. DESIGN BRASILIANO ALLA STATALE

5. BACI DA BRERA

6. SUPERSTUDIO PIU’

7. SWISS DESIGN IN TORTONA

8. INFIORATE IN BRERA

9. MAZINGA RICICLATO IN TORTONA

10. TOILETTE IN TORTONA

Ninna nanna per nonna Angelina, altra vittima della pessima Sanità in Campania

Mi vergogno della mia regione d’origine, la Campania, quando mi capitano sotto gli occhi ritagli di notizie sulla cattiva sanità come questa: nonna Angelina di Sant’Antonio Abate, in provincia di Napoli, è morta all’ospedale Maresca di Torre del Greco per incuria secondo le accuse, come riportato in un articolo dal quotidiano IL Mattino.
Ricoverata per occlusione intestinale, la donna ottantenne è deceduta poche ore dopo. La Procura di Torre Annuziata ha aperto un’indagine per omicidio colposo mentre l’ASL Napoli 3 Sud ha avviato degli accertamenti per valutare eventuali responsabilità.
Per dovere di cronaca, rinfreschiamo la memoria con il report del Ministero della Salute dell’estate 2024 secondo cui la regione Campania, per alcuni indicatori della Sanità Pubblica, risultava fanalino di coda.

LA SANITA’ IN CAMPANIA NELL’OCCHIO DEL CICLONE

La settimana precedente all’increscioso episodio di incuria subito da nonna Angelina, la Sanità in Campania era finita nell’occhio del ciclone attraverso la denuncia del programma televisivo “Fuori dal Coro” di Rete 4. L’inchiesta “Ladri di salute: gli ospedali dello scandalo” aveva puntato il dito contro il Ruggi d’Aragona di Salerno e il San Giuseppe Moscati di Avellino, affossati senza sconti per incuria cronica, strafottenza nei confronti dei pazienti abbandonati al proprio destino, tanti dei quali dimenticati sulla barelle nelle corsie del Pronto Soccorso.
Oggi tocca al Maresca di Torre del Greco, tra l’altro finito nel salotto televisivo Rai di UnoMattina nell’autunno del 2024 per la fantomatica “infermiera cartomante”: chi non ricorda la tragicommedia surreale che ha indignato i pazienti del Maresca e la cateogoria degli infermieri campani? L’operatrice sanitaria tiktoker se ne andava dispensando profezie ai malati oncologici e non solo.

DIGNITA’ PER ONORARE LA MEMORIA DI NONNA ANGELINA

Nonna Angelina apparteneva alla stessa generazione di mio padre ed era cresciuta negli anni ’40 del secolo scorso tra le bombe della Seconda Guerra Mondiale e i lapilli delle ceneri dell’ultima eruzione del Vesuvio. In quella zolla di pianura campana dominata dai monti Lattari aveva sposato Gerardo, un commerciante negli anni del Boom del Belpaese in bianco e nero.
Rimasta vedova giovanissima con tre figli da crescere, guardò diritta negli occhi i suoi cuccioli e disse trattenendo le lacrime: “Non resterete mai soli, mai. Nessuno mi fermerà. Vi farò da mamma e da padre.” Così nel Sud Italia maschilista e patriarcale Angelina appese al chiodo la gonna da casalinga e si infilò i pantaloni della commerciante, attraversando impavida gli anni Settanta ingrigiti dal piombo, il riflusso degli anni Ottanta, la coda del secolo dei Novanta, l’alba del nuovo millennio con i nipotini che la incoronarono nonna per sempre.

UN MILIONE DI PAZIENTI VITTIME DI ERRORI SANITARI

Questa sembra una pagina strappata a un racconto del nostro Mezzogiorno, ma in realtà è la storia di una donna del Novecento. Questa donna di Sant’Antonio Abate, in silenzio e nell’intimità lontana dai clamori e dalle buffonerie dei social, ha pagato tasse e contributi per una vita intera a sostegno del sistema della Sanità Pubblica e, nel momento del bisogno, si è trovata le spalle voltate in faccia.
Tra dolore e rabbia quanto tempo dobbiamo attendere affinché nonna Angelina sia annoverata nel milione di pazienti vittime di errori sanitari?
I dati diffusi dall’ARIS (Associazione Religiosa Istituti Socio-Sanitari) nel 2024 confermavano proprio questo, oltre la crescita dei casi sbattuti in tribunale.

FAREWELL, ANGELINA

Mentre la giustizia farà il suo corso, oggi tutti noi “indignati” ci sentiamo un pochino nipoti legittimi di nonna Angelina, a cui dedichiamo una ninna nanna: i versi di Farewell, Angelina, donati da Bob Dylan a Joan Baez per il suo album del ’65, li vogliamo incidere sul bianco e nero del finale poetico del film Tempi Moderni di Charlie Chaplin.
E così ci piace pensare a Charlot mano nella mano della sua amata verso un domani migliore come Gerardo e la sua adorata moglie Angelina, finalmente di nuovo insieme, in direzione di quella luce accecante che cancella improvvisamente la squallida barella di un ospedale.
A quest’ora Angelina e Gerardo hanno cominiciato un nuovo viaggio, quello che noi romantici e sognatori non smetteremo mai di chiamare eternità.

Eleonora Giorgi cara, a te leggera nell’eternità

Eleonora Giorgi cara, a te leggera nell’eternità, dedichiamo questo inizio di marzo primaverile che profuma d’inverno. Noi di quella generazione innamorata di te sulla spiaggia cinematografica di Sapore di Mare rivendichiamo il romanticismo testardo: ti abbiamo voluta bene come la ragazza dell’ombrellone accanto che, nonostante il cambio dei lidi e litorali della vita, ti porti nel cuore nella cornice di una vacanza memorabile.

LACRIME E BOROTALCO

Eleonora Giorgi cara, per te leggera nell’eternità, ci inebriamo di Borotalco per provare ad asciugare le lacrime nel mezzo di uno dei siparietti mitologici tra Nadia e Sergio:
– Ma al Louvre ci sei stato?
– Sì, caro arrabbiato pure quello!
– Ma ci si mangia bene?
– Senza infamia e senza lode…così.

LEGGEREZZA NON E’ SUPERFICIALITA’

Eleonora Giorgi cara, leggera nell’eternità, ad applaudire e a sostenere i tuoi personaggi, che ti hanno incoronata icona del Romanzo Popolare all’italiana, c’eravamo noi degli anni ’80 bullizzati dagli intellettuali, pronti a massacrarti se non guardavi soltanto “il cinema impegnato”.
Sei arrivata al cuore di tutti, incluse le casalinghe come mia madre che leggevano fotoromanzi. Hai insegnato a chiunque ti sia venuto incontro, dentro e fuori lo schermo cinematografico e televisivo, che leggerezza non è superficalità, bellezza non è essere svampiti, femminilità non è questione di impegno o disempegno civile. Piuttosto la verità della tua essenza femminile si è nascosta dietro il vivere la vita tenendo stretto ogni istante per poi mollare la presa e lasciarlo andare al largo senza rinnegare mai nulla, senza perdere di vista il lungo attimo dell’esistenza.

ATTACCATA ALLA VITA FINO ALL’ULTIMO RESPIRO

Eleonora Giorgi cara, a te leggera nell’eternità, il nostro pianto sincero in cui affoghiamo come quando, dal finestrino del treno, vedevamo scomparire la spiaggia delle nostra estate più bella e in un puntino la ragazza minuta sotto l’ombrellone che guardava ancora il mare, anche per noi.
Chi vive la vita con passione accettando le proprie fragilità e resta attaccato a lei fino all’ultimo respiro è destinato a rinascere un milione di volte, nell’eternità.