Cosa faremo senza Emilio Fede dopo vent’anni di TG4?

Non sarà più la stessa cosa senza Emilio Fede. Ci ha abituati a vent’anni di spudorata e onesta faziosità. Non meravigliamoci se il TG4 perderà audience. Chi bersaglieremo adesso con gli immancabili sfottò? Finisce un’epoca, battezzata dal racconto dei primi bombardamenti su Bagdadh nel ’91, quando ancora le reti del Biscione si stavano preparando ad oltranza per entrare nell’olimpo dell’informazione.

Se fosse vivo Jim Henson, autore dei mitici Muppets, gli chiederemmo di realizzare un pupazzo e chiamarlo Emilio. Lo finanzieremmo con una questua tra le casalinghe tele guardone che, negli ultimi decenni, si sono intrattenute con le telenovele di Grecia Colmenares e informate con il tiggì del Fede(le). Perché non mandare in onda una striscia, prima del TG4, sulla falsa riga degli “Sgommati”, con tutti i siparietti e le gaffe che il giornalista ci ha regalato in tutto questo tempo?

Non si capisce bene cosa sia stata la molla che ha trasformato “la domus” di Cologno Monzese nello spietato buttafuori che non guarda più in faccia nessuno: l’età anagrafica, difficile da nascondere tra colpi bassi di lifting e l’arem delle letterine del telegiornalismo patinato; le bravate dei compagni di merenda Emilio e Lele; le malelingue sulle rubacuori o il malloppo seppellito in Svizzera.

Ad Emilio Fede va riconosciuto un merito, quello di aver navigato il vascello della tv privata allo stesso modo di quella Pubblica, ai tempi in cui in Rai si capiva a colpo d’occhio da che parte stavi. E forse da oggi non lo incroceremo più con gli occhi sbarrati al tavolo da gioco di un casinò, ma nel baretto paesano sottocasa, il posto trash che univa intorno ad un bicchiere di vino i vecchi democristiani nostalgici. Gli stessi che, nella belle epoque radio-televisiva del secolo scorso, se ne andavano su e giù per i corridoi di viale Mazzini a cercare il padrino con cui imparentarsi.

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