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Mahmood, Blanco, il nudo di Vanity Fair e la censura di Facebook

In copertina: Sanremoji di Radio Kiss Kiss

Il nudo d’autore di Mahmood e Blanco sulla copertina di Vanity Fair Italia si è guadagnato la prima censura, quella degli algoritmi di Facebook. Chiunque abbia tentato di condividerlo su uno dei social di Zuckerberg, incluso Instagram naturalmente, ha dovuto fare marcia indietro come il sottoscritto. Sanzione minacciosa: limitazione o blocco dell’account.

FORBICI E CESOIE SUL NUDO D’AUTORE

Luigi Murenu e Iango Henzi, i due fotografi dello scatto “compromettente” che ha violato le linee guide di Facebook e Instagram, non sono mica gli ultimi arrivati? Sono l’occhio fotografico di Vogue e i loro ritratti hanno fatto il giro del pianeta. Ahimé, tanta roba tecnologica tra le mani progressiste e gli algoritmi del social network più famoso del mondo non sanno riconoscere un nudo d’autore dopo più di mezzo secolo di battaglie civili portate avanti anche dall’arte?

DEJA VU, DA JOHN & YOKO A LADY GAGA

Il nudo di Mahmood e Blanco, vincitori di Sanremo 2022, profuma di déjà vu se vogliamo dirla proprio tutta. Ho tirato fuori dal mio archivio la copertina del vinile del 1968 di John Lennon e Yoko Ono, Two Virgins, con un nudo integrale da far rizzare i capelli a quelli di Facebook. E poi quale sarebbe lo sgarbo di questa o tante altre copertine? Insidiose zozzerie.
Su Facebook o Instagram sono mai circolate copertine di dischi come questi? Vi invito a cercarli: Roxy Music (1974) di Brian Ferry e compagni, Honey (1975) degli Ohio Players, Lovesexy (1988) di Prince, Mother’s Milk (1989) dei Red Hot Chili Peppers o Artpop (2013) di Lady Gaga.

IL PUDORE DI BOMBE E CARRI ARMATI

Questa è davvero una grande beffa. Da una parte Mahmood e Blanco bannati, dall’altra fiumi di “violenza” e offese gratuite, sparse in tanti angoli di questi social network, convivono tranquillamente. Sembra un vecchia balbuzia americana in cui le immagini di bombe, carri armati e corpi sanguinanti hanno più pudore di due corpi svestiti e innocenti.

Elezioni 2013: The winner is Beppe Grillo, il comico “censurato” da Socialisti e Democristiani

Rosario PipoloGli italiani hanno memoria corta. Me lo ricordo quel sabato sera del 1986 davanti al nostro televisore a colori Voxon ad otto canali. Erano i tempi del gran varietà, erano i tempi di Fantastico. Beppe Grillo fece lo sgarro e Bettino Craxi non gliela fece passare liscia dopo l’insidiosa battutaccia. Da quando i Socialisti erano passati al timone del Pentapartito avevano ereditato la lezione dei Democristiani: meglio la “censura” da leoni che passare per una ciurma di coglioni.

Il comico genovese fu sbattuto fuori dalla RAI – ai tempi i trilli telefonici di Montecitorio e Palazzo Madama facevano tremare viale Mazzini – e il cane bastonato cominciò ad usare il teatro per abbaiare contro la Prima Repubblica. A quasi trent’anni da quel sabato sera, le vecchie glorie del Pentapartito sono roba da libri di storia, il gran varietà televisivo è morto, le zozzerie di Tangentopoli continuano a tentarci, soffia il vento del populismo, ma Beppe Grillo si è preso il tempo necessario per trasformare la rivolta di un comico in una rivoluzione civile: è lui il vero vincitore di queste Politiche del 2013.

Gli istant poll hanno preso una cantonata a parlare di “Terza Repubblica” e il sentiment dei social network per certi versi è stato come la profezia dei Maya. Il “centrismo” tecnico di Mario Monti ha fatto un buco nell’acqua, il “vendolismo” rincasa in Puglia, Silvio Berlusconi è resuscitato e la partita alla Camera, se non fosse per “il contentino da maggioranza”, sarebbe finita in un pareggio netto con Pierluigi Bersani.
Il Senato è completamente paralizzato e la voglia di rottamazione del guascon fiorentino Matteo Renzi (Su Twitter circola la preghiera “Matteo, torna e salvaci tu!”) ha portato iella a qualche “santino” del Paese per vecchi che ci ritroviamo ad essere. Tra i grandi esclusi ci sono Di Pietro, Fini, Bonino e Storace, mentre Casini è salvo per un pelo.

In tutto questo caos, c’è una sola certezza. Il Movimento 5 stelle di Beppe Grillo è il primo partito in Italia ed ha i numeri necessari per tirare “scappellotti” a destra e sinistra. Gli umori di piazza Affari sono così volubili che mi sembra di essere tornati ai tempi dell’autogestione a scuola. Oggi è così, siamo un paese autogestito, abbiamo mandato a casa i professori, abbiamo le aule tutte per noi, con la verve studentesca di poter mettere nel registro i voti che vogliamo. Tuttavia, l’utopia dell’autogestione scolastica rischia sempre di consumarsi in una bevuta di vino in compagnia o in una partitella a carte. Può succedere anche ad un governo traballante dalle larghe intese, non sempre destinato a fare con coerenza gli interessi degli elettori. Persisterà il tirare a campare del vecchio Belpaese? Oggi è così, domani si vedrà.

  Italy tumbles into ‘chaotic uncertainty

Quelli che il calcio: Voglio la Minetti “finta” tutta per me!

I gusti sono gusti ed io voglio la Minetti, quella “finta”, tutta per me. Una ventata di freschezza, visto che le previsioni del prossimo palinsesto autunnale ci porteranno verso la noia e ripetitività. L’imitazione di Virginia Raffaele, nei panni della consigliera regionale nella puntata di domenica di Quelli che il calcio, ha già bucato lo schermo e tutti i social. Da Facebook a Twitter non si fa che prolungare uno sfottò che è stato messo in piedi a regola d’arte.

Per quale motivo la Nicole Minetti della Raffaele, così perfetta nel modo di muoversi, di parlare, di stemperare il teatrino della politica del Belpaese, dovrebbe meritarsi delle sculacciate? Ci siamo lasciati alle spalle da vent’anni la censura televisiva della Balena bianca, ma c’è ancora chi affossa il pensiero sotto il tappeto della Prima Repubblica: un siparietto di satira sgargiante usato per fare campagna elettorale.

Macché, con tutto quello che stanno passando, gli italiani sarebbero così fessi da farsi infinocchiare da un siparietto televisivo? Anzi, se avessero dato retta alla satira “preventiva” della tv degli ultimi trent’anni, anni luce dietro dal tormentone del bunga-bunga, forse la nostra storia repubblicana avrebbe preso tutt’altra direzione. Ahimé, ridiamo per non piangere, perchè il teatrino purtroppo è fuori lo schermo. Ed è quello che dovremmo “censurare”, per non apparire agli occhi dei nostri figli i bamboccioni che alle urne ci cascano sempre.

Il siparietto di Virginia Raffaele a “Quelli che il calcio”

A Saviano e Benigni: Vengo via con voi!

Quando mi vergogno di essere italiano per le tarantelle che si ballano nel nostro Paese, ho sempre l’alternativa a porta di mano: “Prego, sono napoletano”.E’ bastata un’inquadratura televisiva, stranamente del Servizio Pubblico, a farmi tornare orgoglioso di essere napoletano e italiano al tempo stesso. Si tratta di quella che riprendeva assieme “i due Roberto”, Benigni & Saviano. Quando occorre aspettare affinché diventi una polaroid emblematica della storia televisiva del nuovo millennio? Con l’assenso o dissenso del potere, il telespettatore ha ancora l’ultima parola, perché l’arma del telecomando è dalla parte nostra e non da chi vuole censurare.
La prima puntata di Vieni via con me, l’osteggiato programma televisivo di Fabio Fazio e dello scrittore di “Gomorra”, è stata una delle oasi più travolgenti ed emozionanti che la Rai abbia mai proposto. Roberto Saviano, surriscaldando i motori delle coscienze dentro la metafora della “macchina di fango”, si è servito del monologo teatrale per far sì che la riflessione della formula del Teatro-Canzone di Gaber e Luporini si rivestisse di teatro-televisione. Il giullare Benigni, svolazzando tra sussulti danteschi e filosofici, ha guardato diritto negli occhi un “boss”, ricordandogli che l’amore e una biro posso resistere ad ogni mostruosità.
Mentre il web si mette a caccia delle pillole in video della prima puntata e il successo è a furor di popolo, perché rischia di saltare lo speciale dantesco di Roberto Benigni nei giorni Natalizi? La Rai dice che non ha soldi, ma continua a strapagare quei quattro gatti della casta prediletta. Ieri sera, al concerto di Paolo Conte a Milano, ho ritrovato la canzone Via con me e Roberto Benigni, seduto in platea a pochi passa di me. Firmandomi una dedica, non si è accorto che oggi sono io a gridare : Caro Saviano, caro Benigni, vengo via con voi, perché il Belpaese fa finta di niente, si ottura il naso, pure quando c’è chi si batte affinchè la nostra tv ritrovi la genesi della sua missione sociale. Ah, dimenticavo la missone sociale è un’altra, quella di stordire col fango populista sotto l’egemonia di tette, volgarità e stupidità.

Santoro il Re-Rai per una notte nell’Italia della censura

Meno male che è finita la campagna elettorale e da stasera in tv tutto torna alla normalità. Ahimè, dobbiamo rivedere Bruno Vespa e il suo salottino per commentare i risultati elettorali, ma facciamocene una ragione. Del resto l’Italia è tornata a censurare come negli anni cinquanta del secolo scorso, sotto il regime democristiano, dove se non eri allineato erano davvero “cacchi” amari. Michele Santoro ha alzato il polverone dopo la contestata decisione di oscurare i talk show nel periodo della campagna elettorale. La Rai accetta le regole, ma Santoro e pochi altri non ci stanno. Così è spuntato l’evento mediatico anti-censura. Raiperunanotte, in poche parole Annozero show dal Paladozza di Bologna, ha fatto boom di ascolti, tra web, emittenti locali e Sky Tg 24. Michele Santoro buca lo schermo, mentre i duetti tappabuchi da palinsesto non funzionano – Dalla & De Gregori revival – perchè non è vero che la jeunesse italiana è disinteressata alla politica e al futuro del Paese. L’uragano Santoro-Luttazzi ha avuto il suo effetto, mentre i risultati elettorali potrebbero essere scapigliati da un voto di protesta. Quello che molti giovani e i blogger di frontiera potrebbero dare a Beppe Grillo, un’altra vittima della censura. Esiste o no ancora il diritto di manifestare in Italia? Mi pare di no: la settimana scorsa dinanzi al Vaticano, la polizia ha bloccato la protesta dell’Associazione delle vittime americane dei preti pedofili. Pardon, dimenticavo che quello è “un altro Stato”!

Aggressione Berlusconi: Internet è in pericolo?

A sentire i chioschi attorno a piazza del Duomo a Milano, pare che la vendita delle cattedrale in miniatura abbia subìto un’impennata. Dopo la disgustosa aggressione al Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi di domenica scorsa, c’è chi si porta a casa come souvenir una riproduzione dell’ “arma dell’assalto”, quella che ha trasformato l’anonimo Massimo Tartaglia in un personaggio del web. Augurandoci che la triste vicenda non diventi il soggetto di una lunga soap opera mediatica, va fatta una riflessione sul pericolo che corre Internet in Italia. Il Governo sta lavorando ad un ddl sulla rete, per evitare che prendano il sopravvento istigazioni contro la violenza. Si mette un freno così all’ascesa di blog e social network? Apprezziamo lo staff di Facebook per aver oscurato quei gruppi e quelle pagine di cattivo gusto, chiunque fosse stato il soggetto del bersaglio! Tuttavia, questi giorni di tensione – che non sono minimamente paragonabili a quelli degli Anni di Piombo –  non possono ricadere su l’ultima spiaggia di “democrazia” e “libertà” di una comunità globale: Internet. Perché dovremmo pagare tutti  per  le offese di qualche testa calda? Per fortuna sul web ci sono ancora blogger e utenti che manifestano dissenso con decoro, senza infangare o demonizzare nessuno.  L’appello di Pierferdinando Casini è lucido: “Mettere le mani su Internet è pericolosissimo”. In Italia, Internet non ha bisogno né di filtri né di censure, ma siamo noi a dover essere meno arroganti, tutti, senza distinzione.  Un pensiero è volgare o offensivo in qualsiasi modalità:  strillato attraverso un megafono, per mano di un graffitaro sul muro dietro casa nostra, in grassetto nel sottotitolo di un quotidiano  o sceneggiato in un salotto televisivo. E Internet non può essere il capro espiatorio! 

Terremoto in Abruzzo, tutta colpa di una vignetta di Vauro?

vauro150La scomunica del vignettista Vauro Senesi dalla trasmissione Annozero non servirà né a lenire ferite né ad aiutare chi è rimasto senza tetto. Sono deluso dal questo teatrino televisivo all’italiana, da un professionista come Michele Santoro che continua a fare la vittima di una “dittatura persistente”. La libertà di satira è un sacrosanto diritto, ma per me quella caricatura sull’aumento delle cubature dei cimiteri si poteva evitare. Il terremoto dell’Abruzzo ha riunito l’Italia per pochi giorni, ma adesso ognuno è tornato al suo destino: o sei di Destra o sei di Sinistra, e non c’è via di scampo. Appena esprimi un’opinione finisci nel calderone. Che lo spettatore torni ad avere il diritto di contestare perché c’è anche chi quella vignetta non l’ha mandata giù. Il problema è un altro: è necessaro trasformare tutto in un caso politico? Vauro è comunque un artista e un creativo che merita rispetto per il suo lavoro. A me sono piaciute due caricature: “Gli sciaccalli si aggirano tra le macerie, i lupi invece aspettano gli appalti delle ricostruzioni!” e “Si poteva prevenire? Pare fossero troppo impegnati a prevenire quello della Borsa”.  Censurare non è una soluzione spicciola e approssimata? Al di là della “vignetta offensiva”, qui quello da censurare è Bruno Vespa con il suo piagnucolio da chierichetto: il patron di Porta a Porta dovrebbe rileggere la sua scheda nella Garzantina della Televisione curata da Aldo Grasso!