Pipolo.it

Blog e Sito di Rosario Pipolo online dal 2001

La cucina del Molin Vecio e la geografia della memoria di Vicenza

Trattoria al Molin Vecio

Rosario PipoloHo iniziato il mese di agosto rinunciando allo scontato weekend al mare. Invece di litigare con il vicino maleducato in spiaggia, ho bisticciato con le tabelle di orario degli autobus di Vicenza. Dovevo spostarmi dal centro della città veneta a Caldogno, a pochi passi da lì, per quello che doveva essere un normale pranzo d’estate. Così non è stato. Da sempre sono convinto che un libro, una canzone, un film così come un buon piatto possano tracciare la geografia dei luoghi e della memoria. Mi annoiano sempre più le recensioni musicali o gastronomiche fine a se stesse, quasi fossero insopportabili ritagli di narcisismo e autocompiacimento di chi le scrive. Alla trattoria Molin Vecio, all’interno di un vecchio mulino del ‘500, non ho incontrato uno chef  “stellato”, ma un signore sulla cinquantina appassionato di gastronomia. Sergio Boschetto ha l’aspetto di un romantico folksinger di Nashville, ma altro non è che un “etnologo del gusto”, uno che ad un piatto di cucina vi aggiunge un pizzico di antropologia culturale e sociale. Fare un’incursione storica nella Vicenza rinascimentale attraverso il menu palladiano proposto dal Molin Vecio, mi stuzzica una considerazione: persone come Boschetto sono un bene prezioso per la comunità e le autorità locali dovrebbero ampliare il loro spazio d’azione. Non è un grande privilegio oggigiorno uscire da un ristorante, aver mangiato bene ed avere in mano come souvenir la cartina storica e geografica di una realtà che non conosci? Il vicentino va riscoperto. Cominciamo a farlo da settembre con le scolaresche perché le uscite fuoriporta dei nostri ragazzi non si riducano soltanto a banali scampagnate. E il Molin Vecio sarebbe una bella sorpresa per loro, anche in materia di educazione alimentare per riscoprire i prodotti locali del Belpaese.

Viareggio, sarai più la stessa dopo quei funerali?

viareggioblog

Rosario PipoloPiù che preoccuparci dei funerali di Michael Jackson e della sceneggiata mediatica a Los Angeles, dovremmo mantenerci nei paraggi: a Viareggio, dove rabbia e dolore non scemano dopo i funerali delle 22 vittime a seguito del deragliamento del treno merci. La città della Versilia non sarà più la stessa, soprattutto in questi giorni in cui il calendario ci dice che è estate. Ma quale estate? Chi ha voglia di aprire sdraio e ombrellone? Quando sarà ripristinata la stazione completamente, proveremo lo stesso smarrimento che ci assale sui binari di Bologna ripensando al nefasto attentato del 2 agosto del 1980. Sì, perché anche Viareggio ha subito il suo “attentato” scatenato dalla negligenza e dall’incompetenza di chi gestisce i treni in Italia. Basteranno questi fiumi di lacrime  a restituire dignità e sicurezza ai viaggatori? O una lapide commemorativa per seppellire la puzza delle coscienze? Ho un bel ricordo che mi lega ai viareggini: durante un carnevale di tanti anni fa, mi sono ritrovato a far festa nei quartieri della città toscana, marinando la solita sfilata dei carri. Tra coriandoli e maschere, la gente in strada mi offriva dolci e bevande. Ed io mi sono detto: mica hanno la puzza sotto il naso? Queste persone sono più “terrone” di me. Soffermandomi sull’immagine straziante di quelle bare, mi sono chiesto se tra le 15 vittime italiane ci fosse qualche volto incrociato in quell’occasione. I corandioli adesso sono lacrime, ma ci auguriamo che tornino ad essere “corandioli” di speranza per tutta la comunità.

Villeggiatura o vacanza da catalogo?

E’ arrivata l’estate. Il caldo afoso anticipato ci fa presagire che anche le stagioni non ne possono più dei nostri scempi ecologici ai danni di madre natura. Nell’epoca della globalizzazione, dove vige il culto della “vacanza breve di alta qualità”, si fa a gara a chi va immergersi nei mari più lontani. Adesso con Internet è ancora più semplice. Pochi clic, acquistiamo un pacchetto turistico su misura e siamo tutti felici e contenti. Atmosfera vacanziera o stress da vacanza?
Eppure c’è un termine, gettato nel dimenticatoio, che caratterizzava le nostre estati di tanti anni fa: la villeggiatura, ovvero “la permanenza a scopo di riposo e svago in località adatta”. Sfogliando il dizionario della lingua italiana, il significato di questa parola è molto chiaro. C’era una ritualità nelle partenze e negli arrivi che andava dall’affitto della casa a quello dell’equipaggiamento per l’auto con accortezza e meticolosità. Dove sono finite quelle piccole spiagge di provincia, affollate e rumorose, i nostri castelli di sabbia, le lunghe corse in riva al mare, gli sguardi sdolcinati pomeridiani degli innamorati, quelle brevi escursioni in canotto, le schizzate d’acqua salata, quei tuffi ridicoli a pochi metri da riva, i ghiaccioli sciolti al sole o i canti notturni delle cicale che accompagnavano i nostri sogni beati? Dove sono finite le voci campanulate delle nostre mamme e delle nostre nonne che ci invitavano a rincasare perché il pranzo era pronto? Tavole imbandite, profumi indimenticabili e una folla di amici e parenti. Niente albergo, niente pensione o mezza pensione, ma soltanto villeggiatura. E se fosse soltanto un capriccio nostalgico? Tuttavia, con la consapevolezza che la nostalgia di un trentacinquenne è più patetica di quella di un sessantenne, una riflessione trova sempre la sua buona giustificazione nel passato o nel presente. Buona villeggiatura, anzi pardon, buone vacanze con la speranza che le vostre non siano “da catalogo”.

Vacanza da viaggiatore

Una volta le mie vacanze erano legate alla “villeggiatura”: l’auto di mio padre carica di bagagli che ci portava via per un mese, tra mare, castelli di sabbia e relax. Oggi le mie vacanze sono leggermente diverse ed hanno preso la direzione ostinata e contraria del viaggio. Soprattutto questa estate è stata molto movimentata con periodi brevi e lunghi. Dalla scoperta delle Cinque terre della Liguria, con il rammarico per aver trovato certi scorci trascurati e mal tenuti. E’ ritornato il lago, quello selvaggio e poco turistico di Iseo, con Max che mi ha portato scorazzando qui e lì con Paolo Conte che dalla radio cantava “Aguaplano”.

Che bello sentirmi planare e poi ritrovarmi a spegnere le candeline del mio compleanno a Barcellona assieme a Faby, la mia metà, che mi ha fatto spegnere le candeline a piazza della Catalunya. Una città incantevole e incantata che non dialoga con il viaggiatore nella Rambla, bensì nei vicoletti del quartiere gotico o dinanzi all’arte scrosciante di Gaudì. Ho ripescato la passione dinanzi ad un breve spettacolo di tango, ma mi è venuto il magone in gola alla Corrida, vedendo questi tori ammazzati davanti agli occhi degli spettatori. Mi hanno colpito delle studentesse americane, che sono uscite a metà show con le lacrime agli occhi. Barcellona sa sempre come farsi perdonare… Dopo lago e mare, ci voleva un po’ di montagna e trekking. E così sono finito sulle montagne della Valle d’Aosta, “senza fiato” e stupefatto dinanzi allo splendore del Monte Bianco. Accipicchia, sembra ieri che mia madre me lo indicò sul mappamondo. Volevo scalarlo, ma imbranato come sono… lasciamo stare!

Ho attraversato l’Italia in treno e ho rivisto dal finestrino una miriade di ricordi, tanti, accovacciati un po’ qui e un po lì. Dicono che la linea ferroviaria Milano- Palermo sia “la transiberiana d’Italia”… Sarà pure un incubo – perché si sa certi treni come sono – ma rotolarsi lungo la nostra penisola è davvero una sensazione piacevole, quasi distensiva. Palermo era lì che mi aspettava e quando sono andato a distendermi sotto un albero in campagna, nel giorno di ferragosto, ho visto una vallata. Ho pensato a Peppino Impastato, vittima della mafia e raccontato da Marco Tullio Giorndana nello splendido film “I cento passi”. Ehi, Peppino, te l’ho detto mai che mi piacerebbe condurla con te una trasmissione radiofonica? A Capo d’Orlando avevo una casetta con una finestra sul mare e a pochi passi da lì, a Brolo, guardando uno spettacolo di danza del ventre del gruppo delle Treis Akrai ho pensato: c’è tanta gente energica qui, che ama e vive questa isola con intensità. La voce di Liza Minnelli mi ha accarezzato nello splendido teatro antico di Taormina e poi mi sono svegliato: Vacanze finite?

C’è sempre da recuperare qualche briciola settembrina. Come ieri, a Varzi, nel cuore dell’Oltrepo Pavese, dove mi sono accorto di avere accanto Dario, “amico ritrovato”, per chiacchierare e mettere due generazioni a confronto sulla scia della musica. E’ riuscito a farmi sentire amico di Fabrizio (De André), Ivano (Fossati) ed Enzo (Jannacci), raccontandomi tanti aneddoti con la stessa sincerità che avrebbe riservato soltanto a suo figlio ventenne. E’ stato un bel privilegio… Tornado a casa, per inaugurare il mio blog, mi sono convinto ancora di più che non voglio essere “un pigro vacanziere da catalogo da viaggi”, ma io stesso un viaggiatore. E questa vacanza mi ha fatto capire ancora qualcosa di più di me e adesso mi sento un po’ più libero…