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10 foto di Mikhail Gorbaciov da conservare

Quelli della mia generazione sono cresciuti sentendo in lontananza il ruggito di Mikhail Gorbaciov, il visionario della Perestrojka a cui i russi non diedero ascolto in tempi non sospetti. Ho scelto 10 foto dall’album della sua vita e voglio ricordarlo così.Prima o poi troverò qualcuno di buona volontà che vorrà musicare le parole sagge di un antico proverbio arabo: “Sui cadaveri dei leoni festeggiano i cani credendo di aver vinto. Ma i leoni rimangono leoni e i cani rimangono cani”.

Le radici, i nonni, la Russia contadina.
Misha e il suo grande amore Raissa, sposi per 46 anni
Misha e Fidel
I sorrisi di Misha e Reagan, la distensione URSS-USA
L’appassionato bacio tra Misha e Heckner della Germania dell’Est
Misha e Sua Maestà Lillibet
Misha e il Papa polacco Wojtyla
Misha fotogenico nello spot pubblicitario di Pizza Hut
Misha, la musica, Bono e il sassofono macato di Clinton
L’amore oltre la morte. L’ultimo saluto straziante alla sua Raissa.

La morte di David Sassoli non è un concerto. Parola di Taffo!

Totò recitava nei suoi famosi versi che “la morte è una livella”, o meglio ci rende tutti uguali. Taffo, l’agenzia di pompe funebri acclamata in Rete per il suo “black humor marketing”, punta il dito contro i VIP Politici che hanno spalmato sui social il loro addio a David Sassoli con tanto di foto ricordo.

RAGA, NO. NON E’ UN CONCERTO

Chissà se la scelta di cattivo gusto – e poi vedremo che daranno la colpa al fantomatico social media manager di turno – finisse tra le mani di un regista alla Tim Burton, fosse il soggetto per una sceneggiatura horror di alto profilo istituzionale. L’umorismo black dello stregone social Riccardo Pirrone questa volta ha fatto davvero centro, a pochi giorni dall’elezione del nuovo Presidente della Repubblica: proprio alcuni nomi noti, in balia tra accordi e disaccordi sul prossimo Capo dello Stato, sono finiti nell’occhio del ciclone.
Altro che tiratina d’orecchio, non basterebbero neanche le sculacciate vecchio stampo. Qui non siamo a un concerto – come urla Taffo sulla pagina Facebook – ve ne siete accorti?

SOCIAL, APPARENZA E CASCAMORTI

Stringendoci nel dolore per la dipartita prematura dell’ex giornalista del TG1 e Presidente del Parlamento Europeo, balza all’occhio il commento di Laura: “Si è perso ogni senso della dignità, del rispetto ed empatia verso i familiari e pure anche del buon gusto. Le apparenze. Per certe persone ormai valgono solo quelle e purtroppo i social hanno aiutato molto questa deriva morale.”
I cascamorti che si sono fatti “immortalare” con il defunto dovrebbero per penitenza imparare a memoria ‘A livella di Antonio De Curtis perché “‘Nu rre,’nu maggistrato,’nu grand’ommo, trasenno stu canciello ha fatt’o punto c’ha perzo tutto,’a vita e pure ‘o nomme: tu nu t’hè fatto ancora chistu cunto?“.

Il dubbio nasce dall’orrore: nessuna foto ricordo se in quella bara ci fosse stato l’ennesimo operaio morto sul lavoro? Amen.

Diario di viaggio: Andrea, ci vediamo domani!

Rosario PipoloAdoro gli album di famiglia, non quelli digitali che affollano i nostri pc. Quelle foto di carta finite nei cassetti dei nostri comò, sparpagliate, lontane dalla luce del sole. Scatti intimi, privati, discreti. Me ne porto sempre via uno dopo i miei viaggi.

A Pasqua dell’anno scorso sono finito nel lodigiano. Ero rammaricato perché non ero riuscito a raggiungere i miei. Da qualche parte c’era scritto “Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi”. Ho condiviso quella domenica con Andrea, stessa età del mio papà più o meno, storie e provenienze diverse però. Lo avevo già visto in diverse occasioni, ma quella fu la volta buona in cui condividemmo storie di famiglia che unirono il mio Sud al suo Nord. Improvvisamente la pelle della nostra memoria cambiò colore e diventò meticcia.

Andrea mi mise di buon umore, mi piaceva la sua saggezza spicciola, a portata di mano. Mi piaceva come a modo tutto suo filava i ricordi, proprio come mia nonna faceva con la lana. Mi piaceva come guardava la moglie Daniela, di sbieco, come per dire “da quando mi sono innamorato di te, non hai perso un’acca del tuo entusiasmo”.

Quella domenica nel lodigiano osservai Andrea con attenzione. In ogni suo gesto – da come si serviva l’insalata a come si guardava intorno – mi resi conto che era stato un uomo che aveva vissuto per la famiglia, vigile ai dettagli che sono il solvente dei legami intensi. Nel tardo pomeriggio ce la svignammo e finimmo a casa sua sul divano.
Accese la smart tv e mi mostrò un paio di righe che avevo scritto. Scoprii che Andrea era un mio lettore. Borbottò qualcosa guardando una vecchia foto e poi concluse rielaborando un pensiero di Martin Luther King: “Io ho davanti a me un sogno, che le mie figlie e nipoti invecchino in una zolla di terra in cui non saranno giudicati per l’apparire, ma per le qualità del loro carattere”.

Non dobbiamo mai smettere di contarli i sogni, proprio come faceva Andrea. Perciò alla fine di ogni viaggio non mi piace ripetere “addio”, ma “ci vediamo domani”.

Il voltafaccia ai tempi di Facebook

Rosario PipoloIl voltafaccia su Facebook è una ricorrenza di questi tempi. Una volta accadeva in strada, oggi nei vicoli dei social network. Quello più subdolo non riguarda la persona con cui abbiamo tagliato i ponti, ma il contorno. Si tratta di coloro che si intrattenevano a parlare con noi, sull’amaca dei sorrisi compiaciuti, delle pacche sulla spalla, della battuta facile, del “vediamoci più spesso”.

Poi ecco che arriva il primo taglio. Una volta lo notavamo per strada, perché il voltafaccia avveniva con gradualità: prima facevano finta di non vederci, poi fingevano di parlare al cellullare guardando avanti e, infine, passavano alla scelta più drastica, come a dire “chi ti hai mai visto prima”. Con l’avvento dei social network, Facebook ha dettato le nuove regole del voltafaccia, che corrispondono all’ eliminazione dagli amici.
Quelli più “quaquaraquà” però ci arrivano gradualmente con delle fasi intermedie. Basta giocherellare con i tasti della privacy e oscurare la bacheca a pezzetti. La maggior parte anticipa la censura di status e foto con un’altra azione: rendere invisibile la lista degli amici. Insomma, al massimo ci sarà concesso di capire quali siano quelli rimasti in comune.

Quale miglior pretesto per dare una bella sforbiciata alla nostra lista di contatti facebookiani? A parte il gusto di far numero, è inutile avere tanti nomi appesi, di cui magari non ricordiamo neanche il viso. Del resto, come accade in ambito culinario”, il “contorno” non è un piatto indispensabile e se ne può fare a meno, a qualsiasi pietanza appartengano le verdure grigliate.
Le azioni sui social network non fanno rumore, perchè abitano nello spazio invisibile della nullità. Ha valore il rumore dei passi che sentiamo dietro la porta, prima che si riapra, restituendo ad ogni legame il proprio ruolo e significato.

sos privacy: bambini in pericolo con il nuovo facebook

Mentre il popolo social è curioso per lo sbarco del nuovo profilo Facebook, c’è chi si interroga sul grosso pericolo che corrono i bambini frequentatori di bacheche e diavolerie varie. Nonostante Zuckeberg e compagnia bella abbiano fissato come età di accesso i 13 anni, il numero dei baby navigatori aumenta in modo spropositato.

Puntualizziamo tenendo in disparte i bla bla bla degli strizzacervelli o degli esperti: un bambino non ha bisogno di un social network. Ci sono mille altri modi per farlo socializzare ed escluderei subito il cazzeggio su una piattaforma virtuale. Ai tempi ho visto i miei coetanei svezzati dalla televisione-centrifuga, adesso ne vedo una quantità allevati dai social o da una console di videogame. Questo è il modo più spicciolo per toglierseli dai piedi?

La nuove versione di Facebook disorienta e confonde, perciò può diventare molto pericolosa per i più piccoli, senza tener conto di quanto diventi più complicato tenere sotto controllo i livelli di privacy. E se sguazzare nel social significa piegarsi alle regole del reality e al vizietto del protagonismo, ecco la tendenza assurda degli ultimi tempi: appena nasci, non sai neanche parlare e ti ritrovi già un account Facebook.

Ho visto alcuni genitori farlo e la reputo una scelta davvero disgustosa. Si tira fuori la scontata giustificazione: è un modo easy per condividere immagini e notizie con amici e parenti. Più che preoccuparci di costruire un avatar ai nostri figli, aiutamoli a crescere come persone vere, senza sprecare un attimo di una irrinunciabile opportunità: vivere la realtà tenendo in pugno l’immaginazione

Decalogo pediatri per web sicuro

Gli adolescenti su facebook cercano se stessi

Facebook non è adatto ai bambini!

Il piccolo Martin come John Kennedy jr. in quella foto…

L'ultimo saluto di John Kennedy jr. al padre

Rosario PipoloCi sono scatti fotografici che entrano nella storia e ci restano per sempre. Te ne dimentichi, ma poi ti tornano in mente e ti convinci che certi accostamenti vanno oltre l’emotività collettiva. Il 25 novembre 1963, ai funerali di John Kennedy, il piccolo John John salutò il padre sugli attenti e quell’immagine fece in poco tempo il giro del mondo. Non si è mai saputo  se quel gesto-icona fosse stato frutto di un protocollo, oppure la presa di posizione instintiva ed emotiva di un bambino che percepiva il dolore privato e collettivo per la perdita del Presidente degli Stati Uniti d’America. Il 21 settembre 2009, ai funerali di Stato dei sei parà caduti in Afghanistan, il piccolo Martin ripete quel gesto: indossa il basco, si mette sugli attenti e saluta il capitano Fortunato, fino all’altro ieri suo padre, da oggi eroe riconsciuto a furor di popolo . Tra John John e Martin ci sono distanze ultraoceaniche: il primo era figlio di un presidente “martire”, generato paradossalmente dalla mostruosità delle lobby americane; il secondo è orfano di un caduto a Kabul che gli ha lasciato il peso di una riflessione. Indossare “una divisa” non è come salire sulla passerella di una sfilata di moda, ma assumersi le responsabilità del proprio ruolo e dei suoi pericoli.  Forse questa considerazione non ha toccato per niente lo scellerato che ha scritto con spirito goliardico “meno sei”, riferendosi ai sei soldati morti dopo l’attentato sponsorizzato dai Talebani. Il saluto del piccolo Martin ci depura da quell’oltraggio offensivo. Adesso anche l’Italia ha una foto da conservare. Non è in bianco e nero, ma a colori per cicatrizzare meglio le ferite ideologiche che dividono stupidamente il nostro Paese.