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Stop alla violenza: “donna come l’acqua di mare, c’è chi invece la prende a botte!”

Tina Turner

Rosario Pipolo“Donna come l’acqua di mare, chi si bagna vuole anche il sole, chi la vuole per una notte, c’è chi invece la prende a botte”, cantava Mia Martini. Oggi 25 novembre, Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne, ci ricordiamo che una donna può finire al macello, con o senza il benestare del maschilismo vigliacco. Ci sono modi e modi per ferire e spesso gli schiaffi vanno oltre le ferite fisiche.

In Italia le riflessioni hanno bisogno delle ricorrenze per far rumore. Stamattina, prima di uscire a lavoro, sono sbucate dal mio archivio delle fotografie che mi hanno riportato a due incontri significativi degli anni ’90: Tina Turner e Franca Rame. Tina glissò in conferenza stampa, ma il film autobiografico What’s Love Got to Do with It accennava alla figura del marito “cattivo” Ike. Franca invece avrebbe condiviso il dolore della deplorevole violenza nell’intenso monologo Lo stupro.

A distanza di tempo ho ancora impresso lo sguardo di quei due temperamenti diversi, due donne così distanti che si saranno incrociate nel grembo della sofferenza. Quanto facciamo in Italia per la prevenzione? La scuola investe poche risorse per affrontare questo argomento a più livelli, senza un fattivo contributo per eliminare l’ignoranza in cui sono affogate le generazioni precedenti: le stesse che misero “il burka sociale e culturale” alle donne, che dovevano subìre senza fiatare. Ne ho sentite di storie, appartenenti alla generazione dei miei nonni, che con il passare del tempo hanno preso la piega dell’indifferenza infame.

“Donna come l’acqua di mare, c’è chi invece la prende a botte”. Qualcuno lo sta facendo in quest’istante, mentre sopravviviamo nella ricorrenza. Il 25 novembre non scade a mezzanotte.

Bella ciao: L’elogio funebre a Franca Rame che oggi non leggerò allo Strehler

Rosario PipoloUna mattina mi son svegliato, o bella ciao, bella ciao, bella ciao ciao ciao, una mattina mi sono svegliato ed ho trovato i violentatori. Pensavo tu fossi a teatro, immersa tra copioni e maschere, nella lunga notte che non vede mai il giorno arrivar. Invece eri lì sotto il branco, o bella ciao, bella ciao, bella ciao ciao ciao, ma io quella mattina non mi ero svegliato per venirti a salvar.

O partigiana del teatro portami via che mi sento morir quando picchiano una donna, quando la schiaffeggiano, quando la sottomettono, quando il maschilismo arrapato ne mercifica il corpo, quando non ne riconoscono l’intelligenza, quando una carezza dell’alba diventa il pugno di ferro della sera.

E se io muoio da partigiano del teatro, o bella ciao, bella ciao, bella ciao ciao ciao, tu nella Palazzina Liberty mi devi seppellir: tra quelle mura in cui l’urlo col megafono ti ha trasformata da dea della bellezza a dea dei diritti civili, portandoti tra le piazze dietro gli striscioni, perché solo gli imbecilli pensano che il palcoscenico sia fatto di sterili clown.

Mi seppellirai lassù dove resterà acceso l’ultimo riflettore, o bella ciao, bella ciao, bella ciao ciao ciao e a tutte le genti che passeranno gli racconterai che sono figlio legittimo di una casalinga appassionata che mi svezzò con il teatro e mi raccontò di te fin da quando ero in fasce.

È questo il fiore della partigiana del teatro, bella ciao, bella ciao, bella ciao, ciao, ciao, che con Enzo (Jannacci) e Giorgio (Gaber) ha già scatenato in uno spettacolo lassù la gioia di tutti gli angeli, alla faccia del clero benpensante convinto che finisse diritta all’inferno. E’ questo il fiore della partigiana della libertà, che adesso dorme tra le braccia di Dio.

Grazie, Franca.