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Pioggia di ricordi nel 19 marzo: i papà per l’eternità

Negli anni dall’infanzia mi ricordavo della Festa del Papà perché a scuola avevo già imparato a memoria la poesia che gli avrei dato il 19 marzo. Oggi mi basta aprire la finestra dei social network per sentirmi bagnato da una pioggia di ricordi condivisi tra migliaia di foto e messaggi dedicati al proprio papà.

In realtà oggi ad aver catturato la mia attenzione sono stati i pensieri dedicati ai papà che non ci sono più, una valanga rispetto all’altra sponda di chi invece ha la fortuna di averlo ancora. Riflettevo su quanto l’estensione di questa ricorrenza al di là della vita facesse della paternità un cardine in qualsiasi angolo temporale perché, come scriveva Elis Râpeanu, “per tenere un bambino in braccio ti basta solo l’amore, per allevarlo ti serve molto di più, per essere suo padre, ti deve dare qualcosa anche Dio.”

In realtà non ho mai chiesto a mio padre in quale istante dedicasse un pensiero al suo il 19 marzo, negli anni successivi alla sua perdita, e né lui mai me ne parlava. Tuttavia, i ricordi si sbadigliano all’improvviso e si ricongiungono a noi al di là della festa.
C’è un 19 marzo che germoglia in noi tutte le volte che ancheggiamo nell’hula hoop della vita: prima di essere papà, siamo stati figli. Nessuno potrà scipparci il privilegio di essere stati figli finché avremo un papà da ricordare, il nostro.

I was once like you are now, and I know that it’s not easy,
To be calm when you’ve found something going on
But take your time, think a lot,
Why, think of everything you’ve got
For you will still be here tomorrow, but your dreams may not…

19 marzo: Tale padre, tale figlio

Foto di Jorge Brian Di Monte

Foto di Jorge Brian Di Monte

Rosario PipoloLa pizza fritta è l’orgoglio della cucina popolare napoletana ed è una pietanza che può tessere un filo tra padre e figlio, soprattutto quando si tratta della condivisione del mestiere di pizzaiolo. Assaggiarla in un posto lontano da Napoli mi lascia sovrappensiero, per giunta a ridosso della Festa del Papà.

Distante da chi vive l’impolverata sindrome dell’emigrante alla Massimo Troisi, sono convinto che la reginetta dello street food parteneopeo sia ancora più saporita se, oltre la ricotta, cigoli, provola e pomodoro ci mischi ricordi e ritagli di una vita, per giunta in una città non tua come Milano.

Nell’impasto della pizza fritta di Luigi Capuano ho ritrovato la tenacia di chi si è fatto portatore sano altrove della napoletanità laboriosa, che riscatta il luogo comune dello sfaticato e lavativo all’ombra del Vesuvio.
Ricordo quella pizza fritta, premio di nonna Lucia, preceduta da un monito: “Tu non devi riportare i fatti di noi grandi, altrimenti ti diranno che tiene ‘na vocca comme Porta Capuana. Ora consolati con questa pizza”. Io ridevo a crepapelle per questo slang colorito.

Luigi ha imparato l’arte di un mestiere popolare da mastri dalla portata di Magno e Di Napoli, trasmettendola al figlio Enzo, in questi giorni in trasferta a Las Vegas insieme a tanti altri pizzaioli napoletani, per tenere alta la bandiera del Vesuvio oltre oceano.
Ci sono figli che mai farebbero il mesterie del papà; ci sono papà che, invece di sognare figli astronati sulla luna, lasciano in eredità la passione di una professione. Questa volta è il caso di dire: Tale padre, tale figlio. E forse un giorno anche i figli più piccoli, Maurizio e Thomas, seguiranno le sue orme.

Tutta colpa di una pizza fritta? No, dell’amore che ci sta intorno, che ci aiuta a fare meglio, come  quello di Alessia, la moglie innamorata del suo pizzaiolo. Nel frattempo, finisco la mia pizza e ripenso a donna Anna, la mamma novantenne di Luigi Capuano, che non smetterà mai di ripetere: “Giggì, ti ricordi quando ti accompagnavo da Pizzicato a piazza Municipio perché da bambino volevi imparare a fare la pizza? Non te lo dicevo, ai tempi ero già fiera di te”.

La vita unta di ricordi come una pizza fritta? Perché no, ha un buon sapore. Stasera voglio  essere il garzone di questo pizzaiolo, tornare indietro nel tempo e fare assaggiare la pizza fritta di Luigi Capuano alla regina che diede il nome alla famosa pizza Margherita: “Maestà, le ho portato questa pizza dal futuro. La assaggi, sotto il palato sentirà anche una punta di sentimentalismo, quello che nel mio tempo è stato offuscato dalla volgarità”.

Buona Festa del Papà a tutti i pizzaioli napoletani come Luigi Capuano che, in giro per il mondo, infornano e sfornano pizze ogni santo giorno senza dimenticare di essere prima di tutto papà.

19 marzo: Lettera di un figlio dal futuro per la festa del suo Papà

Caro Papà,
con l’aiuto della mamma ho scritto questa letterina per te. Oggi è la Festa del Papà. Voglio solo dirti che, anche se ogni tanto faccio il birbante, ti ringrazio tanto perché assieme alla mamma mi avete dato la vita con il vostro amore.
Come regalo ti ho incorniciato il biglietto aereo che ha riportato la mamma da te dopo tantissimo tempo. La maestra ci ripete sempre che, in ogni favola d’amore, il destino sa metterci il suo aiuto. Quando la mattina la mamma mi accompagna a scuola, mi piace ascoltarla mentre mi racconta la vostra storia, come vi siete conosciuti, quanto vi siete amati e come vi siete ritrovati dopo tanto tempo.

Mi ha detto che quando è ritornata tu, distratto come al solito, neanche l’avevi riconosciuta. Aveva cambiato la montatura degli occhiali e tu l’avevi scambiata per la signora del terzo piano. Mi scappa una risata, posso?
Tu hai compreso che era lei dal profumo fragolino che avvolgeva la sua pelle. Mi ha raccontato che, appena hai capito chi era, l’hai abbracciata così forte e hai cantato un motivetto buffo, come quello inventato per lei in riva al mare.
Mi ha detto pure che trasferirsi qui è stato difficile all’inizio. Come la capisco, se penso alla separazione dai nonni e dagli zii: ogni volta che andiamo in vacanza a Napoli, la nonna mi cucina gli gnocchi, il nonno mi fa vedere il mare dalle impalcature dei palazzi che costruiva, e gli zii mi portano sempre a spasso con quella bella macchina lunga. E poi, mica sono imbranati come te al volante?

Senti, papà. Ho scoperto che hanno scritto anche una favola per te e la mamma. Stasera quando torni, me la racconti? Se tu sei un delfino e la mamma una stella, io voglio essere il cielo e il mare.
Sai sei l’unico papà ad avere i capelli brizzolati. Io non avevo capito che non bastassero le mie 10 dita per contare gli anni che ti separano dalla mamma. Cosa importa. I papà dei miei compagni sono più giovani, ma nessuno saprebbe farmi divertire come te.
Papà come sei buffo quando inventi le favole per me, mi rimbocchi le coperte e cerchi di insegnarmi a giocare a palla. No, no, lo sport non fa per te. Tu sai solo scrivere, lo dice sempre pure la mamma.

Stasera non fare tardi a lavoro. Io e la mamma ti abbiamo preparato una cenetta che ti farà leccare i baffi brizzolati. Da Napoli sono arrivate pure le zeppole di San Giuseppe che ti piacciono tanto. Per la tua festa non ascolterai le canzoni di Biagio Antonacci che piacciono tanto alla mamma e quelle dei Beatles che tu adori. Ti farò ascoltare una bella canzoncina dedicata ai nostri papà, scritta assieme alla maestra e ai miei compagni di classe. Ti piacerà, ne sono sicuro.

Auguri, Papà.
Ti voglio bene.
Antonio,
Il tuo bimbo monello

Milano, 19 marzo 2022

PS: Stasera toccherebbe a te il turno per portar via la spazzatura. Non preoccuparti, ci penseremo io e la mamma.

19 marzo, di papà ce n’è uno!

Non mi ricordo più di chi sono figlio, nel marasma delle famiglie allargate, dei papà che vanno e vengono, nel boom di divorzi e separazioni. Oggi potrebbe essere il legittimo dubbio di un figlio, sì o no? La Festa del Papà se l’è inventata una ragazza americana più di un secolo fa per omaggiare il proprio genitore e così anche l’Italia ha pensato bene di importarla con qualche adattamento in “cattolico style”. La data? il 19 marzo, scomodando dal calendario dei santi il falegname Giuseppe! Penso quanto sia dolorosa questa ricorrenza per chi non ne abbia mai avuto uno. All’asilo avevo un compagno orfano e ricordo il suo viso quando preparavamo il lavoretto da portare al nostro papà il 19 marzo. Lui sorrideva appena la maestra Rosilde gli ribadiva che l’impegno non era inutile, perchè il suo papà lo avrebbe visto dal cielo assieme agli altri angeli. Affittare o noleggiare un papà, anche solo per la festa del papà, è un atteggiamento da evitare. Ho visto mariti e fidanzati che il 19 marzo si sono trasformati in damerini ossequiosi, aderendo al sacrilegio più grande: pronunciare questo nome sacro per il padre della propria compagna. Al Sud Italia accade spesso ed è quasi un obbligo sottinteso. Fa parte delle regole buone per sopravvivere schiavizzato nel clan della famiglia. C’è una minoranza di noi che si sottrae a questo rito, anche perchè un papà può essere associato a ideali, rivoluzioni,utopie e spesso ti ritrovi dinanzi a miserabili muri di gomma. Di papà ce n’è uno – il mio si chiama Antonio – ed io ho iniziato a chiamarlo papà quel dì che l’ho visto difendere i più deboli e i propri ideali e non di certo da posizioni comode. E’ stato un caso che in radio passavano Father and Son di Cat Stevens?