Sabato di merda: L’addio a Morosini dall’Italia che sputa su Piazza della Loggia

L’Italia è ammutolita, tifosi e non, per la scomparsa in campo di Piermario Morosini. La morte del centrocampista venticinquenne del Livorno sabato a Pescara ha fatto il giro dei social in fretta e furia e su alcune bacheche di Facebook in molti si chiedevano: “Si può morire alla sua età faccia a faccia con un pallone?”.

Dall’altra parte della barricata era già bella e pronta la ramanzina. La prevenzione ha motivo di esistere quando si tratta di un arresto cardiaco? Mettendo da parte l’intralcio dell’auto dei vigili urbani, è legittimo un dubbio. All’interno di una macchina da guerra, pardon “da business”, come il calcio, quanto impegno spendiamo nel nostro Paese per tutelare la salute dei calciatori? Le malelingue risponderebbero che, con tutti i quattrini in tasca, i giocatori potrebbero permettersi il lusso di avere mezza clinica mobile ad personam.
Ci chiediamo se gli stadi siano davvero attrezzati come dovrebbero – senza distinzione di serie A o B – e quali siano in realtà gli investimenti in tal senso. Purtroppo viviamo in un paese in cui si agisce quando scatta l’allarme e può scapparci il morto. Senza mettere in conto l’adeguata formazione che manca ai soccorritori, in difficoltà al momento dell’insorgenza della criticità.

Tuttavia, nei tanti minuti di silenzio dedicati a Morosini lungo tutto lo stivale, ci siamo dimenticati delle vittime dell’attentato a piazza della Loggia a Brescia, i cui assassini l’hanno fatta franca una volta e per sempre. Quei morti, accartocciati nella memoria sbiadita degli Anni di Piombo, hanno subìto gli sputi dell’Italia assassina, quella ammantata nella stessa nonchalance di chi non avrebbe voluto sospendere il campionato, perchè dopotutto i calciatori devono essere macchine da guerra. E’ stato un sabato di merda, perchè siamo stati incapaci di unire un lutto sportivo a quello della nostra memoria civile.

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