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Carmine D’Amora, il capotreno Trenitalia che fa la differenza in Campania

I deficit del trasporto ferroviario regionale passano spesso ai doveri della cronaca, dimenticando il personale che può fare la differenza. Chi percorre come me migliaia e migliaia di chilometri in treno all’anno in Italia sa bene che il viaggiatore dell’Alta Velocità è più tutelato rispetto a quello di “serie B” del trenino regionale. Se poi capita l’inconveniente la forbiciata è ancora più ampia.

La Campania finisce spesso sotto l’occhio del ciclone per i disservizi del trasporto ferroviario locale, ma non si parla mai delle risorse che possono far luccicare Trenitalia in un momento di criticità.
Carmine D’Amora, ingegnere meccanico con lode di 27 anni, è un giovane Capotreno Trenitalia di Pompei, alla periferia di Napoli. Se non ci fosse stato lui sul treno metropolitano 26059 Caserta-Napoli Campi Flegrei, il ritorno nella terra in cui sono cresciuto sarebbe stato associato ad un venerdì nero: quante sono le probabilità di ritrovare un pacco dimenticato con documenti importanti?

La polizia ferroviaria di Napoli Centrale si è messa in contatto con Carmine, spiegando l’accaduto. Nel tratto metropolitano tra piazza Garibaldi e Mergellina, a prima mattina, il treno era zeppo di passeggeri e il giovane capotreno ha attraversato i vagoni, riuscendo a recuperare il pacco e tutto il suo contenuto. Non ho mai conosciuto di persona Carmine, perché in realtà la consegna è avvenuta in altre mani. Attraverso i social network mi sono messo alla ricerca di questo “eroe della ferrovia” per ringraziarlo e lui mi ha risposto con umiltà: “Ho fatto semplicemente il mio dovere, tutto qua”.

Aveva scritto un tempo lo scrittore e rivoluzionario cubano José Julián Martí Pérez “Aiutare chi ha bisogno non è solo parte del dovere, ma anche della felicità.” Carmine D’Amora lo ha messo in pratica con l’umiltà di chi è andato oltre il proprio dovere.
Un paio d’anni fa la mia Freccia da Milano per Napoli ritardò di mezz’ora. Fu avvertito il capotreno del locale corrispondente, per pochi minuti non volle aspettarmi e persi l’ultima coincidenza per Caserta via Cancello. Mi pagarono un taxi per raggiungere la destinazione. Questo per dire che non tutte le risorse di un’azienda sono uguali.

Viaggiando in 48 Paesi del mondo ho imparato che sul tuo cammino incrocerai spesso persone disposte ad aiutarti. Basta saperle intercettare. La routine e la frenesia ce lo fanno spesso omettere.
In Carmine ho ritrovato riflesso ciò che ero alla sua età, un ragazzo del Sud energico e pieno di voglia di realizzare tanti piccoli grandi sogni. Spero che questo gesto aiuti il suo datore di lavoro e tutti coloro accecati dal pregiudizio a confermare che il nostro Meridione può essere orgoglioso della generazione Millennials che il capotreno di Pompei rappresenta egregiamente.

Diario di viaggio: in treno verso il Tibet

In fila alla stazione di X’ian siamo centinaia e centinaia di persone. Ci aspettano 32 ore di treno fino a Lhasa, ma in compenso saliremo sul “tetto del mondo”, il punto più alto della terra riservato ad una linea ferroviara.

VERSO IL TIBET
Il Tibet è ancora lontano e i controlli sono incalzanti. Per chi non è cinese, ci vuole un permesso speciale per mettervi piede, oltre il Visto naturalmente, che si può ottenere soltanto se si fa parte di un gruppo turistico organizzato in loco.
Passo da una carrozza all’altra, mi guardo intorno, sono l’unico europeo, ho gli occhi puntati addosso. Mi aspetta un viaggio faticoso: lo stomaco non ne vuole più saperne di cibo asiatico; le condizioni dei servizi igienici sono davvero pessime; l’odioso rumore dei cinesi che sorseggiano té dal termos; l’odore irritante di quei contenitori di cibo d’asporto.

COMPAGNI DI VIAGGIO
A condividere con me i 2.800 chilometri c’è una famiglia di Xian. Lui è appassionato di foto e, tra uno scatto e l’altro, mi fa da spalla a far la sentinella al finestrino. Insieme alla moglie parla qualche parola d’inglese; la figlia è una graziosa liceale che sembra scappata da un manga giapponese.
Man mano che saliamo di altitudine la stanchezza si fa sentire tanto che a tratti mi attacco a un respiratore per prendere una boccata d’ossigeno.

LA NONNA TIBETANA
La profonda bellezza dei suoi ottant’anni è avvolta dal fascio di luce proveniente dal finestrino. Sulla pelle rugosa dell’anziana tibetana che mi sta di fronte è mappata la storia di un Paese, che a modo suo ha contrastato il regime e i soprusi di Pechino.
I nostri sguardi si incrociano e lei si rende conto che, imbranato come sono con quelle maledette bacchette, il mio pasto non lo comincerò mai. Mi offre un pugno di mandorle e mi sorride. In lei rivedo le vecchie contadine del mio Sud Italia, immobili nei ricordi dell’infanzia con papà che mi portava nelle  masserie a spiluccare memoria e antichità, spalmate sul pane e zucchero offertomi nelle contrade.

LE SPALLE DI DIO ALL’ALBA
Crollo dal sonno. Al risveglio, stropicciando gli occhi, mi accorgo di essere in Tibet. La Cina è lontana. L’alba scontorna l’altopiano, viaggio sul “tetto del mondo”, chi lo avrebbe mai detto. Le riconosco quelle montagne tibetane, sono le spalle del Padreterno. Non sono né in cielo né in terra, sono sospeso a metà nell’unico punto della Terra in cui si può salire sulle spalle di Dio.
Mi torna in mente il film visto con mia madre negli anni dell’infanzia, Orizzonte perduto di Frank Capra, e la promessa che un giorno sarei venuto da queste parti come un esploratore.

Lhasa non è poi così lontana. Mi sembra un sogno. C’era una volta il Tibet, quello che ho vissuto.

 

Se vogliamo costruire la pace nel mondo, costruiamola in primo luogo dentro ciascuno di noi. (Dalai Lama)

Vietato attraversare i binari: Casalnuovo di Napoli perde la sua Raffaella

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Rosario PipoloHo attraversato l’Italia in treno per centinaia di migliaia di chilometri e ho visto di sbieco persone di tutte le età attraversare i binari senza usare il sottopassaggio. Peggio ancora li ho visti a quei maledetti passaggi a livello, che non dovrebbero esserci più nei centri abitati, correre di corsa prima che il treno passasse.

A un mese di distanza dalla modella distratta dalla musica e travolta da un Frecciarossa attraversando i binari a Milano, ecco l’ennesima tragedia. Questa volta è accaduto dall’altra parte dello stivale, sulla linea ferroviaria Napoli-Caserta via Cancello che conosco benissimo. Raffaella, 20 anni, è morta sul colpo dopo aver attraversato i binari, al passaggio a livello del centro abitato di Casalnuovo di Napoli. L’intera comunità è sotto choc ed è legittimo dopo l’ennesimo accadimento che dimostra quanto manchi la cultura della sicurezza in Italia.

Qui, infatti, non è una questione di Sud o Nord Italia, ma di un Paese intero. Nel 2015 sono stati registrati 89 decessi di pedoni sui binari e la regione colpita maggiormente è la Lombardia.  La Campania è in quinta posizione. Quanto fanno le istituzioni locali per sensibilizzare sul tema giovani e meno giovani?

Il miglior modo per riscattare la morte di Raffaella non è lasciare mazzetti di fiori a ridosso del maledetto passaggio a livello, quanto convincere gli amministratori locali a finanziare una campagna di sensibilizzazione sul tema. Il buon esempio potrebbe partire proprio dai primi cittadini delle città con le stazioni sulla linea ferroviaria Napoli-Caserta via Cancello.

E’ vero, siamo noi i responsabili di questi accadimenti quando ci mostriamo irrispettosi delle norme di sicurezza. Tuttavia, diventano complici anche le istituzioni quando non mettono un territorio, distratto dal flagello di tanti disagi sociali, nelle condizioni di affrontare la vita di tutti i giorni con la consapevolezza che la sicurezza è un pilastro della nostra civiltà.

Cartolina d’estate: Gina Mastrangelo, capotreno Trenitalia medaglia al valore

Rosario PipoloUna domenica sera caotica sulla linea ferroviaria Ancona-Bologna a causa di un guasto tra Forlì e Bologna. I passeggeri temono che possa ripetersi il tracollo di una settimana prima: passeggeri in ostaggio in treno per tutta la notte a causa di un nubifragio a Firenze.

Questa volta i treni si limitano ad accumulare ritardi tra i 60 e 90 minuti, facendo perdere a tanti viaggiatori le ultime coincidenze per ritornare a casa. Sul Regionale Veloce 1734 in direzione Milano alla stazione di Bologna sale un capotreno occhialuto.
E’ una donna minuta, sulla trentina. A conti fatti a Milano Centrale arriveranno diversi passeggeri, tra cui anche un minorenne, condannati a trascorrere la notte in stazione: addio treni per attraversare la stessa Lombardia, raggiungere il Piemonte o il Veneto.

Gina Mastrangelo – è il nome del capotreno in questione-  va su e giù per i vagoni, telefonando in Centrale a Milano per risolvere la criticità. Trenord, la società costituita da Trenitalia e Ferrovie Nord che gestisce il trasporto ferroviario in Lombardia, rimbalza la patata bollente a Trenitalia. Due società che dividono l’Italia lungo il Po con una carta dei viaggiatori differente, duellando spesso e facendo a scaricabarile.
E’ passata da un pezzo la mezzanotte, la Mastrangelo tiene duro e con un rimbalzo telefonico che va da Bologna a Milano la spunta, fa la voce grossa, ottiene quattro taxi per far riportare i passaggeri a casa.

A Milano, sotto un diluvio universale, il capotreno bolognese si prende la briga di accompagnare ogni viaggiatore al tanto agognato tassì. Su una di quelle auto ci sono io, mi volto indietro, mentre lei scompare sotto la pioggia.
Mi piace raccontare quest’Italia, fatta anche dalle donne capotreno che di sera e di notte attraversano l’Italia, mettendo a repentaglio la vita su linee ferroviare, poco sicure in alcune tratte.

Siamo diventati così piagnucolosi da raccontare solo il peggio del Belpaese. Il meglio è invisibile all’isterismo collettivo, perchè spesso opera all’ombra. Stamattina a Milano Centrale, poco dopo le 7,  hanno sentito un fischio.
Era la Mastrangelo in divisa, impeccabile come sempre, orgoglio del trasporto ferroviario locale.  E forse su quel treno Regionale con destinazione Bologna qualcuno l’avrà riconosciuta, porgendole un fiore come per dire: “Grazie Gina, perchè la passione che ci metti ogni giorno su questo treno rende a piccole dosi l’Italia migliore”.

Trenord, la sicurezza in treno è un diritto di chi lavora e chi viaggia

Rosario PipoloPercorrendo in treno più di 30.000 chilometri all’anno attraverso la regione Lombardia, per giunta in qualsiasi fascia oraria, mi calza a pennello l’appellativo con cui mi incoronò un capotreno qualche anno fa: “L’instancabile viaggiatore su rotaie”.

L’aggressione ad un capotreno e un macchinista, avvenuta la settimana scorsa su un treno locale nella stazione di Milano Villa Pizzone, merita solidarietà e supporto non solo dei pendolari, i quali giorno puntano il dito contro la mala gestione locale di Trenord e i costi eccessivi dei titoli di viaggio.

Richiede un piano di intervento immediato dell’azienda, che ha il sacrosanto compito di garantire sicurezza ai propri dipendenti, mettendoli in condizione di svolgere al meglio il proprio lavoro, anche durante i turni serali e notturni. Richiede la voce grossa della Regione Lombardia, perché le istituzioni siano convinte che ora ci vuole il pugno di ferro, accartocciando la strumentalizzazione politica che vorrebbe la tolleranza sulla lancetta a Sinistra e l’intolleranza sulla lancetta a Destra.

Ho visto uomini e donne, tra i trenta e i cinquant’anni, nelle vesti di capotreno gestire criticità davanti ai miei occhi, da soli, persino sulle linee ferroviarie che, appena fa buio, si trasformano in un set dell’orrore: provate a viaggiare dopo le 8 di sera su un convoglio locale che da Pavia si spinge verso Genova o tra Lodi e Piacenza dove, a ridosso delle stazioni di Casalpusterlengo o Codogno, sembra di essere finiti nel vecchio West in attesa del momento migliore per l’assalto alla diligenza.

Dei soldi che ci spillano dall’abbonamento mensile o dal biglietto di una corsa semplice quanto viene investito da Trenord e Regione Lombardia per la salvaguardia della sicurezza del viaggio sui treni locali?
L’efficienza nel trasporto locale non si misura solo in manutenzione delle vetture ma nel far sentire chi lavora o chi viaggia al sicuro a qualsiasi ora, anche quando a fine ottobre si spegneranno le luci del luna park di Expo 2015.

Carlo Di Napoli ha rischiato di perdere un braccio e il suo compagno di sventura di morire. Chi sarà il prossimo? Lo slogan di Trenord “Your Way To Expo” con 380 treni al giorno si sbiadisce se viaggiare sui binari ci fa correre chissà quali rischi. Qui non si tratta di sgominare semplicemente una gang di criminali, ma di attivare un piano di intervento per la sicurezza che ci faccia tornare ad essere “instancabili viaggiatori su rotaie”.

8 maggio, Festa della Mamma: lettera di un figlio ad una madre lontana

Mi ero ripromesso di trascorrere questa Festa della Mamma con te, ma poi ho capito che siamo messi così male in Italia da dover fare a meno dell’unica domenica speciale del mese di maggio. Sono passato a fare carburante e ho visto il prezzo della benzina alle stelle: 1,60 euro a litro. Mi sono fatto qualche conto in tasca e me le sono viste svuotate all’improvviso. Del resto, non te l’ho detto, ma la mia auto è ferma da diversi mesi: l’ultimo preventivo dell’assicurazione era così spropositato, che ho dato giustamente priorità ad altro. Eh, già…
Avrei voluto saltare sul treno, farti una sorpresa, anche se per poche ore. Poi mi sono ricordato che attraversare in treno lo stivale italiano è diventata quasi roba da ricchi: durante il giorno ti obbligano a prendere l’Alta Velocità e di notte a rinchiuderti in un vagone letto, zozzo e lurido, che ti costa due giorni di lavoro. Ah sì, il lavoro. Eh, già…
Da bambino quando festeggiavamo tutti assieme, pensavo che la domenica fosse il dì del riposo per tutti. Mamma, eravamo dei privilegiati e me ne rendo conto oggi che lavoro pure nei giorni in rosso sul calendario. Accipicchia, me la darebbero pure una manciata d’ore di ferie, ma poi me la farebbero scontare con i sensi di colpa: “Con la crisi che c’è, potrebbe scattare un’emergenza e lo sai bene che se perdiamo l’appalto, ce ne torniamo tutti a casa”. Eh, già…
Meno male che non sai usare il computer e Internet non ti appartiene, cara mamma, altrimenti avrei avuto la tentazione di inviarti un biglietto d’auguri elettronico. Che tristezza, a te piacevano tanto gli scarabocchi che ti lasciavo in cucina prima di andare a scuola!
Stavo per inviarti una lettera con la mia calligrafia, ma poi mi sono ricordato che il servizio postale ordinario in Italia è una catastrofe: se spedisco oggi, altro che domenica: devo ritenermi fortunato se lo ricevi prima di partire per le vacanze estive. E un mazzo di fiori? Certo non sarebbero imbarazzanti come quelli fregati dal campo dei vicini, ma li gradiresti: mi rifiuto di acquistarli su Internet o sceglierli su un catalogo, perché oggi persino donare un fiore si è trasformato in un atto di routine. Eh, già…
Mamma, sai cosa ti dico: vai in soggiorno, apri il secondo cassetto della credenza, c’è un pacchetto impolverato. Tiralo fuori. Dentro troverai la margherita di polistirolo che ho fatto all’asilo per te trentatre anni fa. E’ stato il primo lavoretto che la maestra ci ha fatto realizzare per la Festa della Mamma. Avevo il cuore in gola, perché lo avevo fatto con le mie mani. E mi emoziona ridartelo adesso, con la consapevolezza di un adulto che ha capito il valore infinito di una madre, nonostante te ne abbia fatte passare di cotte e di crude. Eh, già…

Viareggio, sarai più la stessa dopo quei funerali?

viareggioblog

Rosario PipoloPiù che preoccuparci dei funerali di Michael Jackson e della sceneggiata mediatica a Los Angeles, dovremmo mantenerci nei paraggi: a Viareggio, dove rabbia e dolore non scemano dopo i funerali delle 22 vittime a seguito del deragliamento del treno merci. La città della Versilia non sarà più la stessa, soprattutto in questi giorni in cui il calendario ci dice che è estate. Ma quale estate? Chi ha voglia di aprire sdraio e ombrellone? Quando sarà ripristinata la stazione completamente, proveremo lo stesso smarrimento che ci assale sui binari di Bologna ripensando al nefasto attentato del 2 agosto del 1980. Sì, perché anche Viareggio ha subito il suo “attentato” scatenato dalla negligenza e dall’incompetenza di chi gestisce i treni in Italia. Basteranno questi fiumi di lacrime  a restituire dignità e sicurezza ai viaggatori? O una lapide commemorativa per seppellire la puzza delle coscienze? Ho un bel ricordo che mi lega ai viareggini: durante un carnevale di tanti anni fa, mi sono ritrovato a far festa nei quartieri della città toscana, marinando la solita sfilata dei carri. Tra coriandoli e maschere, la gente in strada mi offriva dolci e bevande. Ed io mi sono detto: mica hanno la puzza sotto il naso? Queste persone sono più “terrone” di me. Soffermandomi sull’immagine straziante di quelle bare, mi sono chiesto se tra le 15 vittime italiane ci fosse qualche volto incrociato in quell’occasione. I corandioli adesso sono lacrime, ma ci auguriamo che tornino ad essere “corandioli” di speranza per tutta la comunità.

Trenitalia, sospeso il diveto ai cani di grossa taglia!

E’ vero che non sono un amante degli amici a quattro zampe. Chi mi conosce sa che non sono tipo da smancerie, né nascondo l’imbarazzo di quanto li trovo al mio fianco nel vagone di un treno. Tuttavia, sono contento che Trenitalia abbia revocato il divieto del 1 ottobre: bandire tutti i cani di peso superiore a 6 chili. L’allarme sarebbe avvenuto perché su un treno a lunga percorrenza un viaggiatore è stato visitato da un esercito di zecche. Al di là delle indignazioni degli animalisti, mi chiedo cosa sia stato a far cambiare idea a Trenitalia.  Si sono fatti un esame di coscienza e hanno ammesso che le condizioni igieniche dei treni notturni sono così indegne da poter causare questo e altro? Il cane sarebbe stato soltanto il capro espiatorio per adombrare la sporcizia degli Espressi come il 1920 Trinacria (Palermo-Milano), su cui ho viaggiato qualche estate fa, vergognandomi di essere italiano. La replica del capotreno? “Non si scaldi. Nei paesi dell’Est sono messi peggio di noi”. Trenitalia dovrebbe inviare le sue ditte di pulizia a fare un giro nei treni locali di nazioni come Polonia o Bulgaria. In realtà quelli messi male siamo noi. I nostri amici a quattro zampe tornano a viaggiare al sicuro, ma l’allarme igiene sui treni resta e non può passare inosservato.