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Blog e Sito di Rosario Pipolo online dal 2001

L’Italia senza profeti tra il Quirinale mancato e il Festival di Sanremo

Specchio, specchio delle mie brame, chi sarà il più bello del reame? L’Italia senza profeti, dopo tanta baldoria, è stata incapace di eleggere il nuovo Presidente della Repubblica e si è salvata grazie alla generosità di Sergio Mattarella. Dall’altra parte il Festival di Sanremo, che riflette il buono e il cattivo tempo del Belpaese, galleggia sulla nave dell’incertezza con il look in poppa dell’abito rosso cornificato, formato confetto gigante, di Orietta Berti.

I 55 APPLAUSI PER MATTARELLA ANCHE PER DRUSILLA

Finché la barca va lasciala andare, tanto tra le scialuppe di salvataggio ci sono sempre l’umiltà dei Maneskin, il bacio gay con mascherina ffp2 o il trottolino amoroso di Mahmood & Blanco. Lorena Cesarini sul palco dell’Ariston è come i nomi di donne bruciate in Parlamento dopo la conta per il nuovo Presidente della Repubblica. Persino l’Honduras è riuscita a superarci in materia di quota rosa: Xiomara Castro è la prima donna Presidente laggiù e noi siamo ancora qua, trallallero trallalà.
I 55 applausi per Mattarella durante il discorso di insiediamento del Presidente della Repubblica dovrebbero combaciare con quelli per Drusilla Foer il cui speech all’Ariston, invece di andare in onda a notte fonda prima che il gallo del tradimento (della censura) canti tre volte, sarebbe dovuto andare a reti unificate per unicità, convinzioni, (lotta sottovoce alle) convenzioni.

GIU’ LE MANI DALLA COSTITUZIONE

Mentre il Centrodestra e il Centrosinistra raccolgono i cocci dopo le sberle twitterine sotto l’hashtag Vergognatevi per non aver eletto un nuovo Capo dello Stato, il Festival di Sanremo risente della cancellazione della categoria Nuove Proposte: non bastano la Perfetta così di Aka 7even, le effusioni cantautoriali di Truppi, “la strada, tutte curve, tra il cuore e la testa” di Yuman o i teneri succhiotti di Matteo Romano.
Giù le mani dalla Costituzione, gridano dall’oltretomba i padri della Repubblica italiana. Non sacrificate l’agnello del Padre bruciandolo nel falò della vanità, ammonisce San Grillo cantando Farfalle di Sangiovanni e sculacciando il figliol prodigo Luigi e il fratellastro Giuseppe.

L’AMORE E’ LA’ DOVE SEI PRONTO A SOFFRIRE

“Puoi chiamarti dottore, puoi chiamarti scienziato, puoi chiamarti ufficiale, puoi chiamarti soldato, puoi persino morire: comunque l’amore è là dove sei pronto a soffrire.”, ricorda il buon Cremonini a noi che ascoltavamo Squérez? e Luna Pop e oggi ci ritroviamo il peso di ventitre anni in più sul collo tra la Zanicchi che, prima di cantare Voglio amarti, viene messa in castigo da Drusilla, il nostro Gianni Nazionale impacciato in puro stile Jova, la lezione di eleganza musicale di Massimo Ranieri e l’ottusa ripetitività di Achille Lauro, messo a tappeto dall’Osservatore Romano che gli ricorda con stile che non è neanche l’unghia di David Bowie.
Spazio ai nuovi outsider del festivàl, La Rappresentante di Lista e Highsnob & Hu, che avanzano con umiltà e sperimentazione senza fronzoli.

Specchio, specchio delle mie brame, chi sarà il più bello del reame? Tra Quirinale e Teatro Ariston il terzo gode, Palazzo Chigi: “Mario Draghi, in diretta a banche unificate”, per chiuderla alla Fiorello.

Elezioni amministrative 2021: the winner is… l’astensionismo!

In queste elezioni amministrative 2021 il vero vincitore è l’astensionismo, punto. “Se in politica bastassero i numeri, i matematici governerebbero il mondo”. Storcendo una parola in questa citazione dell’attore irlandese Aidan Gillen, pare che la nostra classe politica legga i numeri in soggettiva.

VOTARE SU COSA MANGIARE PER CENA

L’astensionismo al 50% è una sconfitta marcata per la politica italiana. Quando a livello locale, nella realtà in cui viviamo, c’è svogliatezza, mettiamo in subbuglio il nostro senso civico, il nostro sacrosanto potere di scelta.
Votare non è soltanto un dovere perché, come ci ricorda l’editorialista americano James Bovard, “la democrazia deve essere qualcosa in più di due lupi e una pecora che votano su cosa mangiare per cena.”

DALLA CONTA AL PESO DEL VOTO

E qui non è questione soltanto di appeal del candidato Sindaco: legittimo è puntare il dito su quei comuni medi o grandi dove sono stati messi in pole position candidati perdenti già a tavolino.
A far scattare oblio e disinteresse sono i programmi elettorali annegati negli slogan o il teatrino fatto di fango gettato addosso all’avversario, di volgarità straripante lungo le strettoie dei social network che non trasformamo le montagnette di like in concrete preferenze elettorali?
Se cambiassimo l’unità di misura del voto in peso, lasciandoci alle spalle la semplice contatina delle schede elettorali, forse avremmo una prospettiva diversa.

Vinti o vincitori, non saranno di certo soltanto i ballottaggi ad aprirci nuovi orizzonti. Per dirla come uno scrittore d’oltralpe, resta soltanto un’azione peggiore del toglierci il diritto di voto: sottrarci la voglia di votare e lasciarci crepare nel limbo dell’astensionismo.

L’Inghilterra della Brexit battuta ai rigori dall’Italia europeista

Questa di Italia-Inghilterra, finale degli Europei 2020, resterà la partita di calcio “più politica” degli ultimi 39 anni. Non è sicuramente l’11 luglio del 1982 della Nazionale di Bearzot campione del mondo in Spagna, ma è l’11 luglio del visionario Mancini e dei suoi ragazzi che hanno castigato gli inglesi nel tempio di Wembley.

L’Inghilterra, dopo aver alzato la cortina di ferro della Brexit, è stata beffeggiata dall’Europa di Ursula von der Leyens sul campo di calcio dove Freddie Mercury cantò The Show Must Go On.
Per noi anglofoni che tradimmo Dante per convertirci a Shakespeare fino alla morte e, dalla fine degli anni ’80, facemmo dell’Inghilterra la nostra seconda patria per viaggio, studio e non solo, ora è il momento di fare un passo indietro: chi osa riconoscersi più nella terra cafona di Boris Johnson tra rampolli di Tory ammuffiti, visioni antiquate delle economie dei dazi, obblighi di visti e passaporti anche per noi italiani dal sudore emigrante?

Non sarà di certo una partita di calcio a cambiare le regole del gioco, ma glorifichiamo la compostezza “democristiana” del nostro Presidente Mattarella – che non è l’esuberanza del partigiano socialista Pertini alla finale di Italia-Germania dell’11 luglio dell’82 – e spazziamo via la muffa dei nuovi influencer Reali di Buckingham Palace William e Kate, le puzzette di baby George, le racchettate di merda d’oltreoceano del debole Harry e dell’arrivista Meghan.

L’11 luglio ci porta bene e, grazie alla promozione degli Azzurri di Mancini a Campioni d’Europa, ci togliamo il sassolino dalla scarpa mentre torna a suonare un vecchio disco di Bennato e della Nannini tra “il vento che accarezza le bandiere e sciogli in un abbraccio la follia”.
Winston Churchill, sbuffando l’inseparabile sigaro da Primo Ministro del Regno Unito, amava ripetere:

Gli italiani perdono le partite di calcio come se fossero guerre e perdono le guerre come se fossero partite di calcio.

Dopo quasi un secolo smentirlo su un campo di calcio equivale a dare una paccata sulla spalla alla storia, canticchiando con orgoglio nazionalista, spesso sbiadito dalla nostra antipatica esterofilia:

Notti magiche
inseguendo un goal
sotto il cielo
di un’estate italiana

e negli occhi tuoi
voglia di vincere
un’estate
un’avventura in più.

Se Cuba diventasse un villaggio turistico degli Stati Uniti?

cuba

Rosario PipoloL’euforia della pace fatta congela la memoria storica. Stati Uniti e Cuba, amici come prima? Suona bene come titolo di uno show musicale in cui il sound cubano scimmiotta il rock yankee, ma stona un po’ come slogan dello scongelamento graduale tra castristi e obamiani.

Da Miami, lucertola di terra americana che da sempre volge lo sguardo verso Cuba, la nave Adonia è partita verso l’Avana. E’ la prima degli ultimi cinquant’anni a salpare verso l’isola caraibica. Dalla crociera della Carnival, che fa lacrimare i cubani come se avessero visto cadere la cortina di ferro caraibica, bisogna indietreggiare fino alla vigilia della caduta di Batista per ritrovare naviganti cubani e americani condividere lo stesso mare.

Il Turismo – nella buona e nella cattiva sorte – profuma di buoni affari e piega, tra i corsi e ricorsi furibondi della storia, la stazza e l’orgoglio dei guerriglieri veterani, ultimo baluardo del comunismo isolano. La tuta sportiva, indossata dal novantenne Fidel Castro all’ultimo Congresso del Partito Comunista Cubano, è semplicemente l’abbigliamento di una fugace apparizione pubblica?

Potrebbe essere il segnale di quell’occidentalismo che imbianca la vecchiaia in uno stordimento collettivo. Trasformare Cuba in un villaggio turistico degli USA tra chitarre saltellanti, balli clienti, curve in costume, sarebbe la peggiore virata. Il Leader Maxìmo sa bene che “le idee restano”. Non basta però, perché la memoria ha bisogno di rinnovamento senza ripieghi. 

Cari Giovanni e Paolo, i vostri sorrisi cancellano la vergogna degli eredi dei padrini in tv

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Rosario PipoloDa bambino mi hanno insegnato che agli sconosciuti si dà del “lei”. In modo particolare è d’obbligo agli sconosciuti che scalfiscono nella nostra dignità l’offesa di mandare in tv i figli dei padrini.

Ai tempi della Prima Repubblica i padrini si baciavano perché sigillavano il patto di complicità tra politica e mafia, tra istituzioni e mafia. A differenza della concorrenza che si limitava a mandare in onda le vicende di Tony Soprano, il più noto boss della mafia italo-americana di una serie televisiva, oggi il Servizio Televisivo Pubblico apre le porte e fa spazio sui suoi divani alla prole legittima della stessa mafia che venticinque anni fa tentò ti togliervi la parola.

La messa in onda di ieri sera non era una fiction così come non lo è stato il giornalismo che ha subìto un duro colpo, uno schiaffo alla deontologia di un mestiere in cui restano invisibili coloro che si sforzano di farlo nel migliore dei modi.
La banalizzazione della mafia nelle domande del padrone di casa mi ha fatto tornare in mente una sottolineatura, lasciata sulla prima edizione della mia Garzantina sulla Televisione. Così scriveva Aldo Grasso a proposito dell’intervistatore di ieri sera: “Sempre fedele a un modello di giornalismo ossequioso nei confronti del Potere”.

Il dolore non passa mai così come la vergogna. Voglio tenermi appartato dal fetore di questa discarica.  Voglio ricordarmi della mia ultima volta a Palermo, a piedi scalzi sulla sabbia, per mettermi alla ricerca di voi due tra i suoni e i profumi della vostra città. I colori della libertà mi hanno fatto sentire a casa.

Ah, sì, a voi due sto dando del tu. Non mi sento maleducato. Volevo tenere l’ultimo fiato sospeso per voi. Ho imparato sulla mia pelle che alla belle persone si deve dare necessariamente del “tu”.

Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, voi due restate la bellezza che nessuno ci porterà mai via, neanche la televisione che saccheggia la dignità.

Giulio Regeni e il prezzo della verità

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Rosario PipoloQuanto costa la verità? E’ un quesito che ci giochiamo ai dadi quando di mezzo c’è un intrigo internazionale. Nonostante la mobilitazione dei social network, la morte di Giulio Regeni sguazza ancora nel mistero a distanza di un mese.

Il giovane ricercatore friulano, appassionato di studi di Medio Oriente, è scomparso lo scorso 25 gennaio al Cairo ed è stato ritrovato morto una settimana dopo sulla strada tra la capitale dell’Egitto e Alessandria.
Giulio è diventato un altro martire nella lotta contro la libertà di pensiero. Quando andrà avanti ancora questa farsa da luridi commedianti a sostegno dell’alleanza strategica dell’Italia con l’Egitto?

Mentre il Cairo conosce per filo e per segno i punti deboli di Roma, allenata a tapparsi il naso di fronte al lercio fetore, i genitori di Giulio non si rassegnano e chiedono verità. Questa volta non c’è un riscatto da pagare, mettendo del cerone per raschiare il barile in vista della prossima campagna elettorale.
Questa volta c’è un cadavere ammutolito da un regime che fa franare la nostra coscienza civile, al di là di ogni subdola strumentalizzazione politica.

Dalla sera del 3 febbraio, giorno del ritrovamento del cadavere percosso, su Giulio Regeni se ne sono dette tante: c’è chi lo ha rimproverato di essersela andata a cercare o chi gli ha sputato in faccia, trattandolo come una spia che flirtava con i servizi segreti.

Ciascuno di noi potrebbe dare il primo schiaffo per questa giustizia che tarda ad arrivare: nonostante i focolai di politica interna e il clima di insicurezza degli ultimi sei anni, il flusso del turismo italiano verso l’Egitto resta consistente. Quanto costa la verità? Cancellare la prossima vacanza in un villaggio stellato di Sharm?

La protesta silenziosa da viaggiatore o vacanziere potrebbe dare una bella lezione a chi, in queste ore, sta seppellendo la verità.

Terra dei Fuochi e tv di regime

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Rosario PipoloNelle province campane di Napoli e Caserta, cuore della Terra dei Fuochi, il tasso di mortalità è aumentato in maniera spropositata. La maggior parte dei casi sono per tumore o leucemia: 28,9 e 27,5 decessi per diecimila abitanti, sono i dati forniti da Corriere.it.

I dati dell’Istat parlano anche di mancanza di posti letto negli ospedali e, di conseguenza, di un doloroso flusso di migrazione per curarsi altrove. Vi siete accorti che il vostro vicino, per giunta gravemente ammalato, sta ipotecando l’appartamento o sta facendo questua tra i  parenti per finanziare il viaggio della speranza?

Nel frattempo a Porta a Porta, salotto televisivo tutto tarlato da Prima Repubblica, si parla di Terra dei Fuochi, annaquando la terminologia del tumore con malattia grave. Del resto in questa tv pubblica di regime, a cui verseremo dal prossimo luglio in bolletta il canone televisivo, i panni sporchi si lavano in famiglia – come recitava nel suo breviario il divo Giulio – sbiancando la coscienza con qualche fiction tv sul delicato argomento.
Chissà se ne prenderà atto il nuovo direttore di Raiuno Andrea Fabiano che dovrebbe svecchiare la rete ammiraglia di mamma RAI.

Tornando alla Terra dei Fuochi, è raccapricciante come nella città di Napoli, colpita anch’essa da dilaganti casi di mortalità,  tornino a farsi spazio i vicerè dello stantio rinascimento partenopeo. Manca poco al 6 marzo, giorno delle Primarie per scegliere il candidato a Sindaco del capoluogo partenopeo. Non basta più la rabbia esplosiva da rapper, la cantata del neomelodico o la promessa politica.

“Masaniello è cresciuto, Masaniello è turnato” per non farsi beffeggiare, per non farsi derubare il diritto alla salute.

La Russia dei complotti di potere, da Anna Politkovskaja a Boris Nemtsov

Rosario PipoloIeri anche Milano, laggiù nel piccolo angolo dei giardini Politkovskaja, era unita spiritualmente alla Russia indignata per l’uccisione di Boris Nemtsov, vicepremier del governo di Eltsin e instancabile oppositore del governo di Vladimir Putin.
Le fiammelle, i fiori, i canti e i messaggi lasciati dall’Associazione AnnaViva ci hanno aiutati a non essere distratti, a non permettere al vortice della nostra banale routine di schiacciare la riflessione.

Sì, perchè dopo il misterioso assassinio della giornalista Anna Stepanovna Politkovskaja, penna scomoda al Cremlino, il complotto del potere si rianima in quello che in tanti proclamano un omicidio politico.

Nei giorni complicati della crisi ucraina, che ha riportato i venti della Guerra Fredda al centro dell’Europa, l’assassinio di Nemtsov ha convinto migliaia e migliaia di moscoviti ad uscire dal torpore, marciando a viso aperto e sbandierando voglia di libertà e verità, grande illusione al di là degli Urali.

Cosa ci fanno a pochi passi, in un cimitero alle porte di Mosca, Anna e Boris? A quest’ora dovrebbero essere ancora tra noi: la Politkovskaja armata di inchieste giornalistiche affilate alla ricerca della verità; Nemtsov portatore di entusiasmo civile e infaticabile spirito riformatore, cardini della sua politica il fronte di una vita spesa a favore della comunità.

Je suis Nemtsov è stato più di uno slogan per la marcia nel cuore di Mosca, perché quei passi lenti avevano lo stesso rumore delle rivolte del secolo scorso contro il regime zarista. Dallo scettro del sovrano al potere di un ex Kgb ne è passata di acqua sotto i ponti della storia sovietica.

Tuttavia, è arrivato il momento che i russi legalizzino la necessità di pretendere la verità, perché nessuno sia più complice di un destino infame. Gli errori e fallimenti politici non hanno più bisogno di claque. Oggi, dopo la martire Politkovskaja, Boris Nemtsov è un’altra scintilla immensa nell’oscurità che nessun complotto di potere spegnerà.  

Il mio Capodanno 2015 con E.T., l’extraterrestre del futuro

Rosario PipoloNel 1982, qualche mese dopo il trionfo della Nazionale ai Mondiali di Spagna, incontrai E.T., l’extraterrestre che non mi impressionò per la navicella da cui scese, ma per l’aspetto buffo e poetico che lo rese famoso qui sulla terra, al di là della magia del film di Steven Spielberg.
Dopo oltre trent’anni è ritornato per festeggiare il Capodanno insieme a me e a tutti coloro che appartengono alla generazione in cui la fantasia può condizionare in parte le scelte della vita.

Ai tempi E.T. mi propose di aggregarmi alla slitta nostalgica di “Telefono casa” e trasferirmi sul suo pianeta. Ero troppo piccolo allora per fare una scelta così coraggiosa. Oggi sono abbastanza “grande” per rifarmi dell’occasione perduta.

Il mio Capodanno 2015 con E.T. Mi trasferisco sul suo pianeta perché lì non esiste la smania di apparire, che ha fatto della cornice dei social network un grande circo con pagliacci volgari che svendono ogni valore, inclusa l’immagine innocente dei propri figli, per cercare di essere ciò che in realtà non sono.

Il mio Capodanno 2015 con E.T. Mi trasferisco sul suo pianeta perché lì non c’è alcun codice, alimentato dall’ipocrita subcultura, che regolamenta i legami sulla base delle imposizioni della comunità che vorrebbe schiavizzare scelte e i tempi di tutto, dal passo nuziale a quello di un corteo funebre.

Il mio Capodanno 2015 con E.T. Mi trasferisco sul suo pianeta perché lì la bellezza di Dio non è filtrata con tutti quei fronzoli che ci fanno privare dello stupore di chi dovrebbe accostarsi con gli occhi di un bambino.

Il mio Capodanno 2015 con E.T. Mi trasferisco sul suo pianeta perché lì il qualunquismo non ha contagiato la politica, quella che da noi è invasa da predicatori di ogni genere, così ciechi da calpestare i presupposti per essere protagonisti in un paese civile.

Il mio Capodanno 2015 con E.T. Mi trasferisco sul suo pianeta perché lì non ci sono coni d’ombra a seppellire i tanti genocidi che ogni giorno si alimentano miseramente sotto i nostri occhi; la giustizia è uguale per tutti e i clandestini non vengono imbarcati per poi bruciare come topi.

Il mio Capodanno 2015 con E.T., il buffo extraterrestre che mi fa affacciare alla finestra di questo 2015 con la chiave per aprire la memoria del futuro.

Alluvione, i social media tolgono fango a Genova e Parma. I bonus dei manager no!

Rosario PipoloIl Nord Italia è stato travolto dal fango tra Genova e Parma piegate in due dall’alluvione. All’inizio del 2014 scrivevo su questo blog: “L’Italia non è un paese di prevenzione, non lo è mai stato e non riesce ad esserlo al tempo in cui le casse degli enti locali si svuotano per i rimborsi truccati di qualche scellarato che collezione scontrini di carta igienica e albi a fumetti”.

Non è cambiato nulla e, per dimostrarlo,  bastarebbe fare un copia e incolla di vecchie conversazioni disperse tra Facebook e Twitter. Riscriveremo pari pari lo stesso copione. Amarezza e rabbia, basta. Le istituzioni, incapaci di prevedere e tutelarci da catastrofi ambientali di questa portata, dovrebbero prendere lezioni dai social media. In stato di emergenza sanno come far ritrovare uomini e donne di tutte le età, mettendoli di fronte al fatto compiuto.

Mentre a Genova “i manager dei disastri passati”, elencati da Corriere.it, si godono i premi ricevuti tra i 6 mila e i 17 mila euro, i genovesi tolgono il fango con la cantilena della voce da megafono in stile arrotino ambulante: “Non vi lasceremo soli”.
Piuttosto a non lasciare sola la città ligure sono i presidi social efficaci, dalla pagina Facebook Angeli col fango sulle magliette all’account twitter @farmaciaserrage, eccellenza digitale e caso unico in Italia di Farmacia social che fornisce continui aggiornamenti utili alla community in ambito salute.

In questo momento Genova e Parma sono travolte dall’insolito destino, quello di far parte di un Paese come l’Italia in cui il business del cemento prevale sulla politica della sicurezza del territorio e sulle bonifiche che non saranno mai compiute.